Premio Racconti nella Rete 2023 “L’ultima guerra di Dolasilla” di Antonella Bertoli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2023Adesso non più, e il perché lo scoprirete alla fine della lettura, fino a poco tempo fa, quando passavo, la gente si scostava o faceva gli scongiuri. La “fama”, se così possiamo chiamarla, dei miei progenitori e dei miei avi, arrivava prima o poi, in qualunque posto andassi a stare.
Non so cosa ci fosse, se qualche colore particolare assumessero le mie sembianze o se mi accompagnasse un odore, un’aura o un sentore di cosa diversa dagli umani. Quando arrivavo in un paese con la mia carrozzella scassata e cominciavo a scaricare le poche carabattole che mi portavo appresso e di cui non potevo fare a meno, i ragazzini mi prendevano in giro e le donne mi guardavano con espressioni diverse, a mezzo tra lo stupore, la curiosità e il disprezzo. Fatto sta che, anche se prendevo alloggio in qualche casolare isolato, fuori dal centro abitato, la gente veniva a curiosare e appena mettevo il naso fuori, si nascondeva per spiarmi e cercava di starmi lontana. Come potete immaginare, la mia era una vita piuttosto solitaria all’apparenza, mentre in realtà era di notte che risorgevo con le mie vere sembianze. Dovete sapere infatti che sono l’ultima discendente del popolo dei Fanes, il leggendario regno della Ladinia, che anticamente – parliamo di migliaia di anni or sono – era appoggiato da forze potenti e dimorava nella regione che voi ora chiamate Alto Adige. Mia madre era una marmotta guerriera, si chiamava Dolasilla, come tutte coloro che erano nate prima di lei e ne tramandavano le usanze, e, quando il sole scendeva dietro la Croda del Becco, lei e le altre guerriere si raccontavano le vicende della guerra che era scoppiata con gli Stregoni, e la malasorte che ne aveva decretato la fine. Ma il sole che tramontava aveva anche un altro potere: quando l’ultimo raggio di sole colpiva Dolasilla questa perdeva sembianze umane e si trasformava in marmotta: un’aquila scendeva e la prendeva tra gli artigli per portarla in salvo dentro il Lago di Braies. Quella era, nella nostra antica lingua la “Sas dla Porta”,“Torberg”, cioè la porta (Tor) del nostro regno sotterraneo. Anche oggi il Lago è il nostro regno, e se riusciamo ad arrivarci senza essere disturbate da turisti e viandanti che ne imbrattano le acque e le rive, acquisiamo di nuovo il nostro antico potere e, se il raggio di sole ci colpisce, ritorniamo finalmente a casa. Per questo io, l’ultima discendente di quella antica regale stirpe, vago di paese in paese, cambiando dimora ogni tanto, cercando di percorrere l’antica strada che dai Monti Pallidi mi porterà, forse, un giorno a recuperare le frecce bianche della nostra capostipite regina Dolasilla, sconfitta dallo stregone Spina de Mul, una figura oscura metà mulo e metà scheletro, che era riuscito a rubare le sue frecce tanto che la sua armatura diventò nera e lei fu costretta a restare per sempre una marmotta. Il nostro Re fu trasformato in roccia, e lo potete vedere ancora oggi a Passo Falzarego, conosciuto come “falza rego” o “Falso Re”. Sono riuscita ad arrivare a Mondeval, vicino a San Vito di Cadore, ma tanta strada e tanti raggi di sole mi separano dalla dimora dove vivono, spero, le mie sorelle marmotte.
Quando il sole scende dietro il Monte Sentinella e vedo la valle del Boite, la conca di Cortina e l’Antelao comprendo che la guerra dei Fanes non si è mai fermata perché scorgo le tracce delle antiche trincee scavate dove veniva avvistato e segnalato il transito di soldati di vari eserciti sulla strada di Alemagna. Percorro la strada quando il cielo si fa buio, quando l’ultimo raggio mi colpisce e con le zampette corte di marmotta corro lungo l’erba del Sentiero delle Streghe, nella speranza di incontrare Lidsanel, il magico stregone bianco che ha la possibilità di esprimere tre desideri, compreso quello di recuperare le frecce di Dolasilla, cosa di cui si è sempre dimenticato fino ad ora. Io sono l’ultima speranza per i miei avi e per tenere in vita questa storia che sta diventando una leggenda dimenticata dai più. Io so che ancora oggi, i membri della mia corte vivono nei sotterranei del lago insieme alle marmotte, in attesa del mio ritorno. Ma devo ancora correre. Correre, correre. Ecco, è il giorno del solstizio d’estate: sono uscita guardinga di casa, nascosta dietro i cespugli che circondano la Locanda Montana, aggirando gli ultimi curiosi che si attardano a guardare il tramonto. Ho raggiunto la Malga Stolla, proprio sopra il Lago di Braies. Ho il cuore in gola, mi manca il fiato, la luce si attenua, le mie gambe si accorciano, il mio corpo rattrappisce, si copre di peli, il mio viso si allunga e il mio naso appuntito cerca l’odore dei miei simili: l’ultimo raggio di sole mi tramortisce. Ma uno dei ragazzini che mi hanno spiato durante le mie uscite di casa vestita da umana, mi intrappola in una rete e insieme ai suoi amici mi porta nella piazza di Villabassa, vicina al lago ma troppo lontano per le mie gambette corte. Mi intrappolano in una gabbietta. Troppo piccola, troppo stretta. Mentre il sole se ne va dietro i monti e i suoi raggi non più potranno raggiungermi, la gente beve birra e mangia canederli con lo speck, gnocchetti, crauti, mortandela e ciuiga ballando e cantando lo Schuhplattln; saltano, battano le mani, pestano i piedi, si danno schiaffi e fanno lo jodel. Mentre i miei occhi si chiudono sotto la luce lunare che per noi marmotte è fonte di terrore e morte, penso che con me la stirpe dei Fanes svanisce nell’oblio. Addio acque cristalline, addio Lago, addio Tor, addio amiche aquile, addio: l’ultima Dolasilla ha perso la guerra.
Sono Antonella Bertoli
mi piacerebbe sapere cosa ne pensano del racconto gli altri Autopri ai quali faccio i miei complimenti.
Grazie
Antonella
Hai una fantasia notevole e la lettura scorre bene. Quel mondo è magico e pieno di simboli, vorrei capire se c’è un fondo che si rapporta ai nostri giorni…cari saluti.
Antonella, sinceramente si fa molta fatica a comprendere cosa vuoi dire. Più che un racconto è una traccia da cui potrebbe scaturire un valido scritto in stile fantasy ma quello che si legge è soprattutto una lunga serie di nomi di luoghi, personaggi, cibo, balli ecc… La trama quindi ne esce fiacca, inquinata da troppe nozioni date tutte insieme che si affastellano, sciupando quello che invece potrebbe essere una bella storia. Prova una stesura più calma, magari scegliendo tra tutte le cose che hai scritto quelle che più si adattano al racconto che volevi scrivere e sviluppa la storia con situazioni invece che con nomi ed oggetti. Sono sicura che dopo qualche riscrittura (lo so è faticoso) il tuo lavoro sarà più chiaro e più bello, le potenzialità ci sono. Spero che per quello che ti ho detto non te ne avrai a male, a volte le critiche costruttive sono meglio di elogi dati a vuoto.
Ti invito comunque a fare lo stesso con me se ti va. Ciao e continua a scrivere.
Le leggende popolari hanno un fascino irresistibile riescono a fondere le tradizioni con la saggezza e regalano atmosfere ricche di magia. Trovo molti di questi aspetti nel tuo bel racconto che, secondo me, puoi sviluppare ancora in qualcosa di più ampio dove trovino posto tutte gli aspetti affascinanti che hai condensato in queste righe.
Grazie a tutti x i commenti e soprattutto per aver letto il racconto. Ho scritto esattamente ciò che sentivo. Magari lo svilupperà in romanzo.