Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2023 “Cinque minuti” di Damiano Battistoni

Categoria: Premio Racconti per Corti 2023

  • (Il personaggio principale non si vedrà, né udrà mai; lo schermo altro non sarà che gli occhi del personaggio principale. Il portone esiste, ed è sito al numero civico 2, della piazza che sarà citata nella storia. Unico inconveniente: non ha citofono, solo un campanello. Ovviamente non ha importanza che sia proprio quella piazza, qualsiasi altro luogo della città può andare bene)
  • Prima scena: tutto nero. Poi appare, schiarendo e focalizzando lentamente, una breve galleria, di cui si vedrà brillare l’uscita.
  • L’inquadratura esce lentamente dalla galleria, e si porta in una piazza rotonda, ovale per l’esattezza: piazza dell’Anfiteatro (sita in Lucca).
  • Inquadratura di un portone. Zoom lento verso un citofono.
  • Si vede un dito premere il campanello del citofono.
  • Voce (femminile) che risponde: “Oscar, finalmente! Ti stavo aspettando. Dammi cinque minuti che scendo”
  • L’inquadratura prende a muoversi come persona che passeggia in cerchio e si guarda distrattamente intorno.
  • Intanto passano, prima uno, poi un secondo amico che lo salutano con un cenno della mano.
  • Inquadratura si blocca su di una ragazza che lo sta fissando. Si vede poi la ragazza venirgli incontro.
  • “Ciao Oscar. Come stai? Cioè scusami, non dire niente: che domanda scema faccio. Spero tu non me ne voglia ancora, d’altronde abbiamo fatto bene. Sì sì, scusami, fai dire a me: lo so che sono stata io a lasciarti, ma tanto se non lo facevo io tu non avresti mai trovato il coraggio. Ma ora non ne parliamone più. Piuttosto cosa fai, aspetti qualcuno? (detto ciò si vede la ragazza guardare Oscar da capo a piedi, poi verso il portone) Non mi dire. Ho capito! Alla fine vi siete messi insieme. Fantastico! Hai fatto benissimo. È tanto una brava ragazza. Quella che ti ci voleva. No no, non dire niente. Sono davvero tanto felice per te, e per lei, credimi. Ma abbiamo parlato anche troppo. Ora devo proprio scappare”
  • Vediamo la ragazza prima dare un’occhiata al cellulare, e poi andarsene a passo deciso, e infine rigirarsi e tutta contenta salutare con la mano.
  • Si sente un sospiro. L’inquadratura riprende a muoversi. Ora scorto un rifiuto a terra (una lattina per esempio) subito viene colpito con un calcio a sfogare un impeto d’ira.
  • L’inquadratura va al polso, all’orologio.
  • L’inquadratura torna al citofono.
  • Zoom al citofono.
  • Dito che preme nuovamente il campanello.
  • Voce che risponde ancora: “Oscar per piacere non mettermi furia. Ti ho detto dammi cinque che scendo!”
  • Voce maschile che giunge alle spalle del personaggio: “Oscar. Quanto tempo”
  • L’inquadratura si gira e vede davanti a sé un uomo sui venticinque, trent’anni.
  • “Come stai carissimo. Accidenti quanti ricordi. Ma giochi ancora? No aspetta, che ti chiedo? So tutto. Certo che sfortuna. Rompersi il ginocchio in quella maniera: un caso su di un milione. Sai ricordo ancora quella partita, quella in cui parasti tre rigori. Certo certo, fai dire a me: per essere precisi lo stesso rigore ripetuto tre volte, e che parasti per tre volte di seguito. L’arbitro diceva che ti eri mosso prima del tempo. Ma non era vero, accidenti a lui! Alla fine alla terza parata si dovette arrendere. Eri davvero forte. Avevi tutti i numeri per sfondare: prestanza, classe da vendere! E sei sempre stato uno di poche parole ma fatti tanti. Saresti stato il futuro portiere della nazionale, ne sono certo. Vabbe’, ora devo proprio andare. Mi ha fatto tanto piacere incontrarti; scambiare ancora assieme quattro chiacchiere come ai vecchi tempi. Stammi bene”
  • Inquadratura riprende due mani che si stringono.
  • L’inquadratura ritorna al polso. All’orologio. Al citofono. Infine riprende a muoversi, quando inquadrata a una certa distanza una figura femminile si blocca (per un attimo zoom in avanti poi velocemente zoom al rovescio). L’inquadratura ora di colpo si volta, diventa frenetica, come di chi cerca una via di fuga; finché una voce squillante lo blocca:
  • “Oscar!”
  • L’inquadratura, lentamente si volta, di nuovo inquadra quella figura femminile ancora a una certa distanza, si abbassa, e sempre lentamente si rialza. La donna è ora di colpo in primo piano.
  • “Oscar. Che bello. Cosa fai qua? Ma perché non chiami mai? Non dico di venirci a trovare, sarebbe troppo incomodo lo capisco. Con tutto quello che hai da fare, vero? Ma almeno un colpo di telefono lo potresti dare. Possibile che da quando sei andato a vivere per conto tuo non ti fai più vedere? No, fammi continuare, anche tuo padre ne è dispiaciuto, tantissimo. E questo non è bello. Ma stai aspettando qualcuno? Magari qualcuna? (Si vede ora la madre guardare Oscar da capo a piedi, poi dire ancora) Come sei elegante! Ma sì! Che bello: hai una nuova ragazza! Davvero che bello. Allora domenica prossima venite a pranzo da noi. No, non dire niente, non se ne discute. Poi lo sai: tuo padre se ne offenderebbe. Vedrai come sarà contento. Davvero che bello. Ciao Oscar, baci baci. Allora d’accordo: vi aspettiamo per domenica prossima”
  • L’inquadratura ora prende a muoversi vertiginosamente guardando a terra, di certo alla ricerca di qualcosa su cui sfogare ancora l’ira del momento, alla fine dà un calcio a vuoto. Si blocca: ha inquadrato un cane. L’inquadratura prende a muoversi verso destra, verso sinistra, in più parti. Alla fine ritorna al cane. Va verso di lui, e poi si vede una mano che inizia a carezzarlo, amorevolmente. L’inquadratura ritorna a muoversi fino a bloccarsi verso un negozio. Vi si vede dirigersi, portasi dentro. Infine uscirne con davanti un cartoccio tra le mani. Ritorna al punto dove stava il cane. Ma il cane non c’è più. L’inquadratura esasperata guarda ovunque. Ma del cane più niente. Infine si vede il cartoccio gettato nervosamente dentro un cestino dell’immondizia.
  • L’inquadratura torna al polso, all’orologio. Fa cenno di portarsi al citofono ma una voce alle sue spalle ancora lo ferma:
  • “Michele!”
  • L’inquadratura si volta, e inquadra una signora di una certa età, con sé ha un carrello portaspesa (di quelli con le rotelle per capirci), che con voce mortificata gli dice:
  • “No, non sei il mio Michele, mi sono sbagliata. Ma quanto somigli a mio nipote! Di spalle intendiamoci. Di fronte non molto. Lui è decisamente molto più carino! Senti giovane, devi farmi una cortesia. Abito qui vicino, e a portare la borsa della spesa su per le scale mi risulta difficile, mi devi aiutare. Ma quanto somigli a mio nipote Michele. Ma di spalle intendiamoci!”
  • L’inquadratura per un attimo va al portone, poi sfuma.
  • Infine si vede l’inquadratura ritornare a fuoco, e riportarsi di corsa al portone (si sentirà un respiro affannoso).
  • L’inquadratura rapida torna al polso, all’orologio. Di corsa al citofono. Tutte e due le mani si vedono premere frenetiche sul campanello più volte.
  • Voce che risponde: “Uffa, Oscar! Ora basta! Ti ho detto che tra cinque minuti scendo. Non puoi suonare ogni mezzora per chiedermi quand’è che sono pronta!”
  • Inquadratura che sfuma lentamente fino a divenire tutto nero.
  • FINE.

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10 commenti »

  1. A prima lettura, mi ha ricordato Bunuel; a seconda, mi è parso un suo tentativo di emulazione amatoriale.

  2. Quindi, tutti quelli che scrivessero una storia d’amore, mettiamo con finale tragico: non andrebbe bene, l’ha già fatto Shakespeare!
    Personalmente credo che con omero (o chi per lui) e le sue due Opere, Iliade e Odissea, sia già stato scritto e detto tutto. Solo, tentiamo, nei limiti strettamente individuali, di rappresentare una nostra idea in maniera forse diversa (poveri illusi: io per primo!).
    È la prima volta che mi cimento con una sceneggiatura, ho tentato solo di fare del mio “meno peggio possibile”, non mi sono ispirato a niente e nessuno, ho solo cercato, in primis, di divertire la mia persona, da vero “amatore” (appunto) della penna, e della lettura… Va da sé che non si può sempre piacere a tutti, sarebbe da arroganti, però se mi trovo a leggere qualcosa che a me non mi ispira, chi sono io per giudicare?, non me ne curo e tiro innanzi, rispettosamente …
    Comunque GRAZIE: mi hai pur sempre letto, e fino in fondo. In più, non conoscevo Bunuel, ed ora so chi è; più o meno…

  3. Mi è piaciuto molto, è scritto bene. Sarebbe carino “spiegare” come hai fatto per le altre scene perché proprio quel luogo sia il punto di tutti gli incontri, è venuto in mente a me, come collegamento possibile. Potrebbe essere anche un sogno, alla fine.

  4. Ottimo, brava. Mi fa piacere che hai capito il fatto, che non è un caso la mia scelta sulla location; infatti come si vede, il personaggio principale si trova in un ex anfiteatro romano, in pratica, bene o male, è una “vittima” in pasto delle “belve”, “belve” viste come eventi che non gli danno mai il modo di poter dire semplicemente la sua. Questa è stata la mia idea che ha creato tutta la storia. Va da sé, però, che questa è cosa mia, qualcun’altro può vederci tutt’altro, e va più che bene così…
    Ho sempre pensato che un opera letteraria è comunque un’opera a metà, vede la sua completezza, di volta in volta, solo dopo essere stata letta…
    Grazie di cuore per avere scritto. Un caro saluto.

  5. Per Sonia Bizzarro:
    Se ti va ho partecipato anche con un racconto, VIVI E LASCIA VIVERE.

  6. Volentieri, lo recupero. Sto cercando di leggerne diversi, quando riesco.

  7. Mi piace davvero il tuo trattamento del punto di vista soggettivo, come pure il rivelarsi del personaggio attraverso le parole degli altri che lui subisce.
    Ricordiamoci che siamo qui proprio perché non siamo professionisti: mi pare un ottimo risultato per essere la tua prima sceneggiatura!
    Leggendo sono riuscita ad immaginarmi la storia bene!
    Mi domando solo se il tuo protagonista non dovrebbe almeno dire qualche parola spezzata, un semplice saluto, avere un raschiamento di voce… secondo me non striderebbe. Vedi tu.
    Grazie per la condivisione!

  8. Grazie davvero Paola per l’ottima recensione, e lieto di non esserti dispiaciuto. Quello che hai scritto a riguardo di poter dire anche qualche parola, da parte del personaggio principale, seppure spezzata, in effetti lo trovo pertinente e giusto. Ai posteri l’eventuale chance…

  9. Per Damiano e Paola. Io invece ho trovato giusto che il poveretto non parlasse mai: mi dà l’impressione di uno che è un po’ preso in mezzo dagli eventi: tutti vogliono dire la loro, e a lui non resta che cercare di restare calmo e aspettare. Non conoscendo molto la città, non avevo colto il riferimento all’Anfiteatro prima della spiegazione dell’autore; l’ho trovato però interessante.

  10. Riccardo, ti ringrazio per il commento
    , e per aver compreso e condiviso quanto da me, tentato, d’esprimere, soprattutto tra le righe.
    Saluti.

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