Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2022 “La panchina di Raymond” di Dylan Moriarty

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Raymond se ne stava tutto solo sulla sua panchina preferita ad ascoltare il frinire delle cicale. Amava gli ultimi caldi estivi… ed amava quella panchina. L’ultima in fondo al viale d’accesso alla casa per anziani Sholom Boston. Nella città di Boston, per l’appunto.

Ogni volta che vedeva qualche altro anziano che gli rubava il posto, lui arrivava lì con il suo bastone da passeggio, mulinandolo minaccioso nell’aria, e spaventava chiunque osasse occupare il suo posto.

Gli altri anziani ormai avevano imparato a conoscerlo e stavano alla larga dalla sua panchina, ma capitava sempre qualche nuovo arrivo che ignorava la legge di Raymond. Lui però era sempre lì pronto a riservare a tutti il suo caloroso benvenuto. Raymond sarebbe potuto stare ore ed ore su quella panchina, e non esisteva nessuno al mondo che avrebbe potuto anche solo condividerla con lui. Nemmeno per un solo minuto.

D’un tratto un taxi oltrepassò il cancello e percorse il viale che portava allo stabile.

Gli pneumatici stridettero sul ghiaino e distrassero Raymond dal suo riposo.

Lui alzò leggermente lo sguardo oltre la tesa del suo panama e tentò di spiare all’interno dell’auto, ma i vetri oscurati non gli permettevano di andare oltre il suo stesso riflesso.

Il taxi si fermò in una piccola piazzola che stava giusto qualche metro oltre Raymond, ma lui già sembrava non  esserne  più interessato.

E così Raymond tornò a fantasticare sulla sua amata panchina.

Poco dopo i suoi pensieri vennero di nuovo interrotti dall’insolente ghiaino che strideva sofferente sotto le suole di un’anziana donna che si avvicinava verso di lui.

– Mi perdoni, Signore… è questa la casa di riposo Sholom Boston? Mi hanno detto di venire a chiedere cortesemente a lei. –

– Sì. È questa qui. Mi domando perché ogni volta veniate tutti a chiedere a me. Non sono mica il custode qui. –

– Come ha detto, prego? –

– Ho detto che è questa. E adesso mi lasci in pace, che sto riposando. –

– Ma lo sa che lei è proprio un maleducato? Io le ho fatto solo una domanda in maniera educata. Le sembra questo il modo di rispondere? Se questa è l’accoglienza che riservano qui in questa casa di riposo, credo proprio che andrò a cercare altrove. –

– Ah, quindi lei è un’altra cliente? È davvero molto fortunata, sa? La mensa fa schifo, i letti sono scomodi e per quanto riguarda l’aria condizionata, be’… fa più fresco qui su questa panchina che in camera mia. Dicono che il troppo freddo fa male alle ossa dei vecchietti. Però il pollo non è male. Dia retta a me, si scelga un’altra prigione dove andare a morire in santa pace. Qui non è davvero il posto giusto per lei. –

– Ah, quindi lei me lo sconsiglia insomma? Però ha appena detto che su quella panchina si sta freschi. –

– E allora? La panchina è mia. È già occupata. –

– Ma ci si potrebbe star comodi anche in due. Mi sembra molto spaziosa. –

– Ma insomma, che diavolo vuole da me? Le ho dato l’informazione che cercava, no? Ora se ne può anche andare, non crede? –

L’anziana donna aggrottò la fronte e si rivolse a Raymond in tono di sfida.

– E invece credo proprio che mi fermerò qui a prendere il fresco. Ma guardi un po’… Cosa crede, che quella panchina sia sua? Siamo in un parco pubblico e io posso sedere dove mi pare. –

– E invece no. Non siamo affatto in un parco pubblico, perché questo è il giardino dello Sholom e le panchine sono riservate a coloro che ci abitano. –

La donna si avvicinò sempre di più. 

– E allora io le dico che da oggi ho proprio deciso che verrò a vivere qui, quindi ho diritto di sedermi quanto lei. Avanti, mi faccia posto. –

Raymond si sdraiò sulla panchina e cercò di occuparla per intero.

– Mi faccia posto, le ho detto. –

– Ho detto di no! Questa è la mia panchina. Si levi di torno. Vada a cercarsene un’altra più in là. Ce ne sono tante altre. Perché deve rompere proprio con questa? – 

– Perché è diventata una questione di principio. Adesso la voglio proprio per puntiglio. E le dirò di più… Appena arriverò alla reception mi lamenterò subito di lei. –

Durante tutto il diverbio, l’anziana signora passava da una parte all’altra della panchina e tentava di sedere senza successo, mentre Raymond le sbarrava la strada ogni volta. Alla fine trovò un varco e si sedette.

Raymond perse le staffe, la spintonò e la fece finire a terra. Un secondo dopo, con uno scatto insospettabile, le fu davanti e le agitò il bastone davanti alla faccia.

– Allora che fai? Te ne vai da sola o ti devo prendere a bastonate? –

– Heyyy… che cosa succede lààà? –

Dal taxi scese un uomo grande e grosso e gridò contro i due vecchietti. 

– Mamma, forza… sali in macchina. Per oggi abbiamo finito con questo posto di merda. Andiamo a casa. –

L’anziana donna si alzò, si spolverò un po’ e tornò mestamente verso la macchina, mentre Raymond, forse un po’ dispiaciuto per aver riservato un tale trattamento verso una signora o forse intimorito dal figlio della donna, tenne lo sguardo basso verso terra, ma da dietro i buchini del suo cappello riuscì a intravedere la donna che, giusto un istante prima di salire in macchina, gli fece il dito medio.

Raymond serrò i pugni fino ad arrossarli.

Il taxi ripartì facendo ancora quel fastidioso rumore sul selciato, giunse fino alla porte girevoli dello Sholom Boston per fare manovra e riprese il viale per uscire.

– Mamma, mi spieghi perché ti sei intestardita a voler sedere per forza su quella panchina? –

La donna, quasi in lacrime, rispose:

– Perché mi sono ricordata che è la stessa dove un milione di anni fa conobbi tuo padre. –

All’improvviso, giunti all’altezza del cancello d’uscita, dei pugni sbatterono con forza sui vetri oscurati e i due si spaventarono a morte.

– Aprite… tirate giù questi fottuti vetri. –

L’autista del taxi inchiodò ed obbedì al comando di Raymond.

Raymond, ancora in un tono un po’ adirato a dire il vero, parlò per primo.

– Scendi, ti ho fatto posto. Vieni a sedere con me. –

– Oh, ma certo… Scendo subito. Hey, autista, faccia presto… Sblocchi la portiera. –

L’autista del taxi spinse il pulsante di sblocco e la donna scese dal taxi mentre Raymond le offriva il braccio per aiutarla. I due si avviarono sotto braccio, si sedettero sulla panchina ed amoreggiarono un po’.

– Signore, potrei sapere anch’io cosa sta succedendo? Perché sta piangendo? –

– Oh, mi scusi… Ha ragione. È che mi sono emozionato. Quelli lì sono mia madre e mio padre. Soffrono tutti e due di Alzheimer. Io sono l’unico pensionato tra tutti i miei fratelli, e così è toccato a me accudirli. Sono andato ad abitare con loro, ma col passare del tempo hanno cominciato a non riconoscersi più. Bisticciavano tutti i giorni e alla fine hanno cominciato anche a mettersi le mani addosso. La situazione è degenerata a tal punto che non potevo più lasciarli soli. Così sono stato costretto a separarli. Ho deciso di portare mio padre qui allo Sholom Boston e di tenere mia madre con me. Ironia della sorte ha voluto che quella panchina lì fosse la stessa panchina dove loro due si sono conosciuti. Una volta c’era soltanto il parco e solo qualche decennio dopo hanno costruito la casa di riposo, che ha rilevato a sé anche il parco davanti allo stabile. Ogni settimana vengo qua per cercare di far ritrovare loro almeno un barlume di memoria che li possa far riabbracciare per una volta. Tutti e due si sono sempre ricordati di quella panchina, ma mai l’uno dell’altro. Ma adesso li guardi. Guardi come sono felici e come si abbracciano. No… ma che fa, comincia a piangere anche lei? Suvvia, non faccia così. Prenda pure il mio fazzoletto. Tenga… –

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11 commenti »

  1. Molto toccante e drammaticamente attuale.
    Sembra la scena di un film.

  2. Bellissimo finale, personalmente mi ha coinvolto parecchio, perché anche mia nonna ha sofferto della stessa malattia e avrei tanto voluto che vivesse una scena così.

  3. Molto bello. Complimenti.

  4. Dylan Moriarty complimenti. Veramente toccante e scritto molto bene.

  5. Bellissimo e toccante racconto basato su un agomento molto delicato e affrontato in maniera superba

  6. Ho visto attraverso le parole… Emozionante. Un dolce-amaro toccante.

  7. racconto bellissimo ed emozionante.
    un argomento doloroso trattato con delicatezza
    bravo

  8. Sorprendente. Struggente. Bello.

  9. Che racconto bellissimo, finalmente leggo qualcosa di interessante.
    Spero di poterti leggere ancora. In bocca al lupo

  10. Molto emozionante e attuale

  11. Bel finale a sorpresa. Molto commovente!

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