Premio Racconti nella Rete 2022 “Il cecchino” di Joe
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Alzo la testa.
Ho un ronzio nei miei pensieri, un pericolo, qualcosa che mi devo ricordare a cui fare attenzione.
In un lampo me ne ricordo.
Il cecchino.
Solo a pronunciarlo mentalmente mi crea un’apprensione fuori dal comune che mi fa spalancare gli occhi.
Sono in questa strada di campagna, vuota, sotto un sole che mi sfianca.
Non so nemmeno che ore sono, credo le 13 a giudicare dalla posizione del sole.
Comincio a correre al pensiero del cecchino.
All’inizio forte, ma sono troppo scoordinato per colpa di quel pensiero.
Il cecchino.
Il cecchino.
Il cecchino.
Risuona nella testa.
Il ritmo rallenta, corro affaticato a un ritmo lento, una corsetta, il cecchino potrebbe centrarmi in pieno.
Intanto sono arrivato nel centro abitato, vuoto, devastato, con i palazzi che sono rovine, e la chiesa del paese, lontana, sto andando in quella direzione, mi sto avvicinando, anche se non è quella la mia meta, anzi non ho una meta.
Ho solo un obiettivo: sfuggire al cecchino.
Il cecchino mi tormenta, mi assilla, totalizza i miei pensieri, corro affannato anche se sto andando molto piano, e mi guardo intorno, in alto, perchè lì me lo aspetto.
Me lo immagino, è come se lo vedessi, appostato su uno di quei tetti, oppure in uno di quegli appartamenti distrutti, si nasconde dietro il muro e poi si affaccia dal foro che una volta conteneva la finestra, prende la mira rapidamente e con una freddezza animale mi uccide.
NO!
Non posso nemmeno pensarci.
Sono ancora più affannato di prima e continuo a correre in questa strada dritta, troppo dritta, l’ideale per il mio nemico, il cecchino.
Il cecchino.
Il cecchino.
Il cecchino.
Risuona nella testa, questa volta anche fuori, un’eco sull’asfalto e nei palazzi, sciolti dal caldo torrido che mi fa sentire come un disperso nel deserto che corre senza una meta.
Me lo immagino vagare disperato tra le dune, percepisco la pesantezza della corsa nella sabbia, a pensarci pure io sento i piedi di piombo, li sollevo poco, con fatica, sprofondano subito e quando toccano l’asfalto li sento fondersi col catrame.
Sono al limite delle mie possibilità fisiche e mentali.
Mi accorgo che ho rallentato troppo, veramente troppo, lento come se stessi camminando.
Sono una preda troppo facile in questo momento per lui, per il cecchino, già lo vedo con il sorriso beffardo di chi sa che vincerà fin troppo facilmente, già lo vedo imbracciare il fucile, freddarmi e subito dopo, metterlo giù.
Il sorriso beffardo sparisce dal suo volto e la sua espressione facciale diventa istantaneamente vuota, priva di emozioni; la faccia da sfinge e quell’impressione di avere davanti una statua dal rivestimento massiccio e vuota all’interno.
Quella faccia assente testimonia la fine del suo scopo, il raggiungimento del suo obiettivo, avermi ucciso ha ucciso pure il sentimento che lo faceva sentire vivo, è come se avesse ucciso pure sè stesso.
Sto sognando.
Sto pensando, immaginando troppo.
Devo solo salvarmi dal cecchino, non pensare il cecchino.
Allora continuo a correre, sfiancato ma trovo comunque le energie per aumentare bruscamente il ritmo, ma la fatica è tanta e l’energia che spendo per questo scatto è troppa, pochi secondi di scatto mi hanno definitivamente esaurito.
Sono talmente scoordinato nella mia azione che inciampo e cado a terra, e una volta a terra non ho più la forza di alzarmi.
Ma quel che è peggio è che non ho nemmeno la volontà di alzarmi, mi sono adagiato alla comodità del restare sdraiato a terra nella sconfittta, rassegnato a questa condizione.
Nell’apice della mia paranoia, mi chiedo “C’è il cecchino?” mi rispondo “Non c’è il cecchino” e allora mi chiedo “Non c’è il cecchino?” e mi rispondo “C’è il cecchino”.
I miei pensieri continuano ossessivi.
Dev’esserci il cecchino.
C’è il cecchino.
E se non c’è il cecchino?
Non c’è il cecchino.
O forse c’è il cecchino.
E se è qui il cecchino?
C’è il cecchino.
Il cecchino.
Il cecchino.
Il cecchino.
Nel mio delirio mi porto le mani in faccia a coprire il volto, ancora steso a terra.
Niente mi macera più di questo dubbio assurdo.
C’è il cecchino?