Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2022 “Il cortile” di Antonella Zanca

Categoria: Premio Racconti per Corti 2022

Il cortile era lunghissimo. O meglio, il cortile era normale, lungo il giusto, era a lei che pareva lunghissimo.

I pensieri correvano e tornavano in un lampo, loro sì riuscivano a muoversi con velocità.

Lei, invece, avanzava passo dopo passo cercando di diminuire le distanze, tagliando piccole curve che mai aveva notato. Abitava lì dal 1964 e ora le sembrava tutto così grande, lungo, largo, distante. Aveva voglia di orizzonti piccoli ma i doveri ampliavano lo sguardo, c’era da fare, c’era da uscire, si doveva arrivare al cancello.

Già i sette scalini più altri dodici per scendere fino al piano terra erano stati consumati con fatica, ma quella prima tappa la poteva accantonare e ne era orgogliosa.

Ora doveva affrontare i duecentotrentadue metri del cortile, che era riuscita ad accorciare fino a duecentoventi quattro, mai di meno (misure riscontrate con l’applicazione del telefono che le consentiva di mostrare orgogliosa il cammino di ogni giorno).

I primi trenta, trentadue metri, li faceva concentrandosi sui suoi piedi e seguendo la cronologia dei numeri come fosse un rosario. Sentiva pure la santità della cosa, quasi ci fosse davvero un Angelo a mostrarle la strada.

Arrivata a cinquanta passi si fermava e faceva finta di ammirare le margherite nel prato o la gattina che si aggirava per il condominio. Dentro aveva pensieri in tumulto: questa volta rischiava di non farcela, ad arrivare al cancello. Questa volta si sarebbe accasciata prima. Il dolore alle ginocchia stava occupando tutto lo spazio del cervello e anche degli occhi annebbiati, delle orecchie che fischiavano, dello stomaco in subbuglio e della pancia che sperava proprio di tenere sotto controllo.

Faceva un gran respiro e aspettava il miracolo: il respiro si portava via i pensieri e la lasciava a concentrarsi sulla ripresa del cammino, fissa su piedi e asfalto.

Eccola, a metà strada, a controllare il cancello che pareva proprio il traguardo da oro olimpico, sempre troppo lontano.

Quella mattina pareva pure ricco di striscioni: erano le bandiere della pace che Tiziano, il nuovo portinaio, aveva issato proprio sopra le ringhiere verdi.

Le bandiere le mettevano allegria e aveva imparato a distinguere quelle multicolori della pace come un proclama: qui non combattiamo nessuno. Avrebbe voluto metterne una sul balcone, doveva ricordarsi di chiedere dove poterla comprare. Immaginò che il negozio dei cinesi ne fosse provvisto, i suoi cinesini avevano proprio tutto.

Le avevano detto che non si diceva “cinesini” ma a lei sembrava un vezzeggiativo carino, le stavano simpatici. 

Intanto pensava a tutta quella strada da fare a piedi mentre Tiziano veniva verso di lei col carrellino delle scope.

Sorrideva e provò a prenderla in giro: “Ci vorrebbe un carrellino anche per lei.”

“Magari!”

Fu rapido, Tiziano.

Tolse le scope e la prese per mano.

“Metta i piedi lì e si attacchi al tubo blu.”

Lei non ci credeva, pareva un gioco.

A poco a poco la distanza fino al cancello si dimezzava e poi via, fino al traguardo e le bandiere erano vicinissime e lei sorrideva e quasi saltellò giù dal carrello e le partì una carezza verso Tiziano che per la fretta rischiò di essere una piccola sberla. Lui rideva, lei rideva, e nei metri fino alla macchina che l’attendeva le pareva di volare come volavano il suo cuore e quello di Tiziano e anche quello dell’autista della Panda dell’Assistenza che capì di aver assistito a un momento di gloria, irripetibile.

Ridevano e ridevano tutti e tre, e il cortile fu chiassoso come quando ci giocavano i bambini.

E ora via, era giovedì, il giorno della messa in piega.

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