Premio Racconti nella Rete 2022 “Aspetto solo un sorriso” di Adelaide Gioci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Fino a stamattina , non mi ero accorta che i suoi “ ia, ia, o “ non sono stereotipie vocali ma
il ritornello della canzoncina “ Nella vecchia fattoria “.
A suo modo canta, lo guardo emozionata, non solo gli ridono gli occhi ma quel sorriso si allarga sulle labbra.
Quante volte, decine , no centinaia di volte, gliela avevo cantata, era stata l’accompagnamento dell’infanzia ed anche oltre , dato che per me ,Anto è sempre il mio bambino, anche ora che ne ha trenta di anni. Gliela avevo insegnata per fargli ripetere i nomi e i versi degli animali.
Più il tempo passava e Anto, meno nomi e versi ripeteva , fino al giorno che non riuscì a ripetere più nulla.
A pensarci meglio, la sera, a volte, dalla sua camera , sento un altra litania, che ricorda una delle ninna nanne che gli cantavo fino allo stremo, nel tentativo di farlo addormentare, ma senza successo alcuno.
Tra le tante , riconosco quella che gli cantavano anche le nonne, forse così facendo, gli tornano alla mente i loro sorrisi, le carezze e il “ Quanto sei bello a nonna tua ! “.
Quel “ ia ia o “ ha riacceso ricordi assopiti, le notti infinite senza dormire, i pianti di Anto, i miei occhi stanchi, le mie urla, dopo una settimana insonne, in cui il mio cervello, andava in fumo perdendo quella pazienza, fatta solo d’amore.
Il sorriso di Anto , mi ridesta da quei ricordi, me lo gusto, come un dolce desiderato per settimane
è quello che aspetto ogni giorno ,che lui sorrida.
Lo aiuto a vestirsi e come ogni mattina ci avviamo all’auto , dove, come ogni mattina, prima di entrarvi Anto toglie giaccone e cappello.
Come ogni mattina , l’accompagno al centro diurno, che frequenta ormai da 12 anni .
Durante il tragitto, mi chiede, tramite le sue pecs ,( fatte di foto) di ascoltare la radio, come ogni mattina cerca di alzarmi i capelli, che non sopporta vedermi cadere sul giubbotto e come ogni mattina, per evitare la sua tortura di spostarmeli in continuazione, li raccolgo in un mollettone.
Ogni mattina, eseguo gli stessi movimenti, dico le stesse parole, pronunciate persino, nello stesso ordine, perché quando si ha a che fare con l’autismo si entra, senza nemmeno accorgersene, in meccanismi da cui è difficile venirne fuori. Infatti ,un giorno ad una psicologa, che mi chiese,come mi sentissi, io risposi “ Mi sento autistica !”.
Oggi è una bella giornata di marzo, una volta accompagnato Anto, decido di recarmi alla spiaggia. Mi concedo una lunga passeggiata, mi aiuta ad allontanare i pensieri tristi.
Cerco conchiglie strane, perché la vita, mi ha insegnato che nella diversità si cela unicità e bellezza.
Osservo le onde del mare, sembrano danzare con dolci movenze.
Guardo il tratto di spiaggia percorso ,che volentieri non farei a ritroso, fingo allora, di essere su un isola sconosciuta, pronta ad esplorarla , per assaporarne i frutti e ogni ricchezza.
Porto i passi avanti e lo sguardo al cielo, pensando ,solo alle cose belle che mi sono capitate nella vita, perché , in questo modo , tutte le emozioni positive mi abbracciano facendomi sentire viva .
Il problema, dei miei stati d’ansia saltuari,non è Anto, ma la sua malattia, fatta di rituali sempre uguali, infiniti, di piccole ossessioni che se non gestite adeguatamente , sfociano in crisi comportamentali autolesioniste.
Il suo futuro è incerto e le paure che balenano nella mia testa, mi creano angoscia.
Mi chiedo , ora che è un uomo e che le mie forze con gli anni ,diminuiranno, cosa ne sarà di Anto. Troverà, anime belle che si prenderanno cura di lui, con amore e gentilezza, oppure, troverà crudeli aguzzini, come a volte capita di sentire in alcuni telegiornali ?
Scaccio, questi pensieri camminando, le impronte che lascio sulla battigia creano un senso di speranza, se il mio esile corpo, riesce a lasciare tali impronte, la mia esile anima , cosi tormentata, riuscirà a lasciare una impronta nella vita di Anto, costruendogli un futuro prima che io vada
via per sempre?
Così , mi lascio accarezzare dal vento, ne sento la forza, divengo un tutt’uno con madre terra, ne faccio parte, sono mare, sabbia, nuvole, scogli, io sono tutto questo immenso, di cui percepisco
la forza , il coraggio, il mistero.
Mi abbandono ai tiepidi raggi del sole, gli dono le mie pallide guance, socchiudo gli occhi e penso che i dolori, che la vita mi ha posto lungo il cammino , mi hanno insegnato a conoscermi meglio, a trovare il bello in tutte le cose, a volermi bene , a fortificarmi.
Il sole é scomparso dietro una nuvola, cosi i miei pensieri.
Un cane si avvicina, annusandomi , penso subito che se fossi stata con Anto, saremmo dovuti fuggire via e già mi vedo corrergli dietro per tranquillizzarlo.
Raffigurandomi mentalmente questa scena, Anto inseguito dal cane , io ad inseguire il cane ed Anto, può sembrare strano, ma mi scappa da ridere. Immagino questa folle corsa a tre , che per chi la osserva da lontano, può sembrare un gioco ma che invece è una vera e propria fuga disperata .
Anto è terrorizzato dai cani, per la precisione è terrorizzato da tutto ciò che si muove, da tutto quello che è imprevedibile, e che non può controllare.
Alla vista di un cane, gli si accende una lampadina d’allarme, che gli fa scattare subito un meccanismo ancestrale, quello di otturarsi le orecchie e di scappare via.
Ritorno in auto, tra una commissione e l’altra è ora di riprendere Anto, esce dal centro diurno stanco, come se avesse combattuto contro giganti.
Inutile chiedere se ha mangiato, Anto divora il cibo in modo velocissimo.
Ricordo , che all’età di dodici anni , avevo riposto, otto cotolette nel forno, Anto approfittò di un mio attimo di distrazione per mangiarle tutte ,così, la cena destinata all’intera famiglia, finì tutta nella sua pancia.
Da allora , sono costretta a mettere sotto chiave il cibo e a cambiarne i posti , che Anto, purtroppo abilmente trova.
Il sole è tornato a splendere all’improvviso, decido di portarlo ai giardinetti, la stanchezza di Anto scompare alla vista dell’altalena, dove si fionda di corsa.
La sua grossa stazza,1.80 cm, i suoi trentanni, fanno a pugni con il suo viso ancora adolescenziale.
Il suo sorriso e i suoi occhi ,di un azzurro intenso, sono innocenti come quelli di un bimbo di quattro anni. Le sue urla di felicità, squarciano il silenzio di un pomeriggio di marzo.
La sua allegria, mi contagia, dimentico le sue crisi autolesioniste, le notti insonni, le sue manie che a volte gli fanno spostare tutto ciò che si trova nella sua camera, in un altra.
Mi corre incontro, si appoggia alla panchina dove sono seduta a guardarlo, alza un piede e mi fa capire che gli si è slacciata una stringa delle scarpe, devo riannodarla, perché lui non riesce a farlo
intanto con la coda dell’occhio, controlla che nessuno occupi la “sua” altalena, infatti allacciata la scarpa, gli si rifionda sopra a dondolarsi.
Osservo, altre mamme arrivare con i loro bimbi, di quattro o sei anni.
Io guardo il mio bimbo-gigante, buono come il pane, indifeso e dolce, che guarda la sua mamma dall’altalena con gli occhi che sorridono e mi dicono quanto è felice.
Anche le altre mamme , mi sorridono, avverto una complicità d’amore che accomuna tutte noi considerare i figli, qualsiasi età essi abbiano, sempre i nostri eterni bambini.
Oggi, Anto, è un uomo autistico di trenta anni, e abita ancora con me.
A volte, capita che abbia delle crisi comportamentali, quando non si sente bene o quando la sua routine quotidiana viene sconvolta.
Spesso usciamo insieme, gli piace passeggiare lungo il mare, gli piace sentire il vento sulla faccia e strappare foglie dai cespugli se andiamo al parco.
Quando gli rado la barba, fa un palloncino con le guance e ci scappa da ridere, perché per fargli vedere come farlo , lo faccio anch’io e credo di essere buffa ,dato che ride a crepapelle.
Io lo aiuto a vestirsi e lavarsi, lui mi aiuta ad apparecchiare la tavola, io ad allacciargli le scarpe, lui a riporre piatti e posate in credenza, io a tagliargli le unghie, lui a rifarsi il letto.
Io sono la sua piccola mamma, perché ,quando camminiamo l’uno affianco all’altra sembriamo l’articolo il, ma Anto si affida ancora al mio passo e se mi precede, si gira per guardare se ci sono. Mi prende per mano, quando attraversiamo la strada, e se passiamo davanti un bar, si ferma e solo con gli occhi , mi chiede di comprargli un dolce e se glielo compro mi sorride , come se mi dicesse “ Ti voglio bene un po’ di più mamma, perché mi comprendi , anche se non parlo” .
Ecco , a me basta il suo sorriso, lo aspetto ogni giorno, tra un dolore e l’altro, tra un arrabbiatura e una notte insonne, tra una crisi comportamentale e una fissazione a cui non puoi porre rimedio, io aspetto un suo sorriso, che mi fa capire che in quel momento è felice, che c’è , che siamo quell’istante, e in quell’istante anche il cuore sorride.
Racconto colmo di tenerezza che mostra attraverso piccole scene di vita quotidiana come l’amore si riversi su chi lo dà, indipendentemente dal sacrificio che ciò comporta. Complimenti
Grazie! Il mio intento è far conoscere una realtà ,quella dell’autismo, spesso vista solo esternamente, dando risalto ad emozioni e sentimenti che non hanno voce, ma che si rivelano attraverso sguardi e sorrisi.
Racconto semplice il tuo Adelaide, probabilmente volutamente lineare e senza fronzoli perché assolutamente inutili di fronte alla grandezza e all’intensità del raccontato. I tuoi giorni e le tue notti sono un’universo parallelo che ci hai mostrato fino a poterlo toccare e a farmi sentire il tuo “bambino” mio. Sono entrata nella fatica, nel dolore, nella preoccupazione ma anche nella tenerezza, nella gioia, nell’affetto del mondo che hai descritto, sono entrata davvero in tutto questo mentre ti leggevo, ma confesso che in una cosa non sono riuscita ad entrare: la tua straordinaria serenità, pacatezza, accettazione, mi sono arrivate nitidamente e e ti ammiro perché in quelle io non sono riuscita ad entrarci (forse sono troppo grandi per me o meglio, non sono ancora “cresciuta” abbastanza per arrivare a conoscerle).
Chiudo ringraziandoti per questo dono Adelaide! Mi auguro che in tanti sappiano apprezzarlo.
Grazie Francesca, sei stupenda!