Premio Racconti nella Rete 2022 “La scommessa” di Andrea Polini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Franco parcheggiò lungo il viale delle Cascine, a poche decine di metri dall’ingresso dell’ippodromo del galoppo. Scese dall’auto, poi guardò il cielo plumbeo, che come una cappa di malinconia avvolgeva Firenze in quel pomeriggio di ottobre inoltrato. Chiuse lo sportello della fiammante BMW coupé, e a passo svelto si avviò verso la biglietteria. Gli venne incontro una brunetta sulla trentina che indossava una lunga giacca nera sopra la minigonna. <Ciao. Andiamo?> gli disse, negli occhi un languore che sapeva di malinconia e di dolce peccato. Come le altre ragazze che facevano la vita in quella zona era in questo modo che abbordava i clienti.
<Dopo, Lena. Alle sei andiamo a casa mia.>
Lena lo guardò incerta, sollevando le sopracciglia.
<A casa mia non c’è più nessuno, lo sai…> la rassicurò lui. Una volta, infatti, al tempo che stava divorziando, aveva portato Lena a casa per fare l’amore, ma quella sera era tornata sua moglie per consegnargli una lettera dell’avvocato, e successe un finimondo.
<Ti aspetto qui, allora. Alle sei,> rispose Lena con un sorriso malizioso, gli accarezzò una guancia, poi si allontanò tra gli alberi del viale, come in un sogno. Da quando sua moglie lo aveva lasciato per colpa del vizio del gioco, Lena era diventata sotto molti aspetti la sua compagna. Era diventato persino un po’ geloso di lei, anche se si ripeteva spesso che aveva poco senso essere gelosi di una donna che faceva la prostituta. Alla biglietteria tirò fuori dal portafoglio la tessera dell’abbonamento per la stagione autunnale di corse, la passò nel lettore ottico e entrò nell’ippodromo. Prese una copia del programma appoggiata sopra un banchetto di legno, a disposizione del pubblico, poi si incamminò verso il tondino, che distava pochi passi. I purosangue che avevano appena disputato la quinta corsa del pomeriggio stavano girando in attesa dell’ufficializzazione dell’ordine di arrivo.
Nell’aria c’era odore di erba bagnata. Mancavano solo due corse al termine della riunione, ma a Franco quel pomeriggio interessava poco seguirle tutte. Gli interessava soltanto vincere la scommessa sull’ultima corsa, e poi non voleva incontrare nessuno, e meno di tutti suo fratello. Avevano litigato proprio la sera prima. Si appoggiò alla bassa siepe di recinzione del tondino, accanto a due bambini accompagnati dalla mamma, nella zona poco distante l’elegante costruzioni di mattoni rossi che ospitava la sala fantini. Poco dopo venne diramato l’ordine d’arrivo ufficiale della quinta corsa, poi gli artieri ricondussero i cavalli nelle scuderie. “Gianni è sempre stato fortunato…” pensava, rimuginando sulla discussione con suo fratello. “E’ sempre stato fortunato. A me, invece, i guai si appiccicano addosso. Ma che senso ha la vita come la intende lui? Non c’è emozione. Buon per chi si accontenta. Il fatto è che ultimamente anche questa bestiacce mi hanno voltato le spalle…Prima non me la passavo neanche male…Se non pago, addio coupé…Anche il negozio non rende come dovrebbe…La settima è la mia corsa…” Poco dopo, dagli altoparlanti vennero chiamati al tondino i cavalli partecipanti alla sesta corsa in programma. “Se il mio amico Mauro mi ha dato una dritta non c’è ragione di dubitare…” pensava, mentre i cavalli della sesta corsa arrivavano alla spicciolata al tondino. “Va sempre come dice lui…Dovrei cercare Gianni, dirgli chi giocare…Dev’essere in tribuna…No, non se lo merita. Giocherebbe due euro. Uno spilorcio così non merita questi favori…” Guardò i cavalli sfilare, poi quando i purosangue scesero in pista lui rimase nei pressi del tondino, anche se si avvicinò allo steccato lungo il lato esterno della pista, circa duecento metri dopo il traguardo. Era un punto d’osservazione che non permetteva di seguire l’intero svolgimento della corsa, ma offriva la suggestiva visione frontale del lungo rettilineo d’arrivo.
Da lì assistette alla corsa, che si concluse in poco più di due minuti ed ebbe uno svolgimento lineare, senza sorprese. A prevalere fu infatti il favorito, alla quota al totalizzatore di 2,10. Presto gli altoparlanti comunicarono l’ordine d’arrivo ufficiale, e anche i partecipanti alla penultima sfida del pomeriggio rientrarono nelle scuderie. “Ci siamo…” si disse qualche minuto dopo, quando fu annunciato l’ingresso al tondino dei cavalli dell’ultima corsa. Era impaziente di veder comparire nel vialetto che dall’insellaggio portava al tondino il cavallo Norzia, a cui era stato assegnato il numero 1. Il gigantesco baio oscuro solo dopo un po’ fece il suo ingresso, procedendo tranquillamente al passo accompagnato dal suo artiere, una graziosa biondina. “Il cavallo non è male…Ha belle proporzioni, non suda, è calmo…il passo è deciso…Non lo conosco, debutta sulla pista, ma a colpo d’occhio è probabile che il vecchio Mauro ci abbia preso anche stavolta…” pensava osservando il purosangue. Poco alla volta, intanto, tutti gli otto partecipanti alla corsa raggiunsero il tondino. “La concorrenza non è granché…D’altra parte è una corsa da quattromila euro…Però quella cavallina saura, Eubula, forse potrebbe essere pericolosa…” continuava a tormentarsi, guardando un po’ il programma e un po’ i cavalli. “Ma ha tre anni, e i tre anni si trovano spesso in difficoltà contro i più anziani…E’ vero, però, che in questo scorcio di stagione la differenza tra i tre anni e gli anziani si riduce…Anzi, a volte sono proprio i tre anni a essere favoriti…Ora basta con tutti questi dubbi…Il cavallo è tosto, massiccio…Sembra fatto apposta per essere un velocista. Il peso, poi, cinquantacinque chili, è ottimo, e i milleduecento metri sono senz’altro la sua distanza ideale…Pure il fantino non è da buttar via…Caro Norzia, pensaci tu, o il culo sulla BMW non ce lo metto più…” Ripiegò il programma e lo mise in una tasca della giacca di pelle, poi andò sotto il porticato che collegava la zona del tondino con la tribuna prospiciente il traguardo. Prima di mettersi in coda per scommettere a una delle casse del totalizzatore gettò lo sguardo verso il monitor che informava in tempo reale sull’andamento delle scommesse a quota variabile. Vide che Norzia non era il favorito per gli scommettitori, che avevano accordato maggior fiducia a Eubula, la puledra saura. “Norzia paga 2,70…Non è molto, ma va bene…” concluse tra sé. “Mille euro è tutto quello che ho…Non bastano per l’affitto del negozio e per gli strozzini della macchina…Sono ridotto proprio male. Un fallito.
Ma per i grandi uomini la sorte è questa…dalle stelle alle stalle e viceversa…Duemilasettecento euro, invece, sarebbero una bella boccata d’ossigeno…Dopo, a corsa vinta, cento euro extra anche per Lena…Crepi l’avarizia. Alla faccia di mio fratello…” Accese una sigaretta, poi aspettò il suo turno per scommettere. <Numero 1 vincente, mille euro,> disse alla cassiera. <Mille?> la cassiera chiese conferma dell’importo. <Sì, mille,> ripeté lui, poi tirò fuori dal portafoglio dieci banconote da cento euro e le dette alla cassiera. Controllò attentamente lo scontrino della giocata, e lo ripose nel portafoglio al posto delle banconote. Decise di seguire la corsa da un punto dell’ippodromo dove era certo ci sarebbero stati pochissimi spettatori. Non voleva condividere con nessuno la tensione durante la corsa, né la gioia per la scommessa vinta o magari le bestemmie per la perdita…Si incamminò allora lungo lo steccato che delimitava il lato esterno della pista, e dopo un po’ oltrepassò l’ampia tribuna centrale, non molto affollata, forse a causa del maltempo. Franco passò di fretta, col timore di incrociare suo fratello. Intanto la pioggerella riprese a cadere sul parco delle Cascine, mischiandosi alle note di musica sudamericana che venivano dai prati vicino l’ippodromo, dove alcune famiglie di immigrati peruviani si erano riunite come consuetudine per trascorrere in allegria la domenica, incuranti della pioggia.
A causa della tensione, in quel momento a Franco venne voglia di urinare. Entrò nel bagno pubblico, una vecchia costruzione che sorgeva parecchio più in la della tribuna, poi, quando si fu liberato, si riavvicinò allo steccato, sempre però mantenendosi all’altezza dei bagni. Il traguardo distava da lì circa trecento metri. Da dove si trovava, in caso di volata tra più cavalli, non avrebbe potuto distinguere facilmente il vincitore. Anche la cronaca della corsa dagli altoparlanti gli sarebbe giunta come attutita. Erano i sistemi, certo un po’ puerili, che nel tempo aveva escogitato per reggere la terribile tensione di una scommessa importante. Pure questa volta il momento della verità stava per arrivare. Già da un pezzo, infatti, le operazioni di partenza erano iniziate. Ora pioveva più forte, ma Franco sembrava non accorgersene, sebbene non avesse l’ombrello. L’allineamento dei cavalli negli stalli di partenza, posizionati sul rettilineo opposto rispetto alle tribune, fu rapido. All’aprirsi delle gabbie il possente Norzia si portò in seconda posizione, in scia al battistrada che scandiva un’andatura abbastanza sostenuta. Norzia affrontò di conserva, sempre in seconda posizione, la curva che immetteva sul lungo rettilineo del traguardo. In retta il gruppo si spostò verso l’esterno della pista, cercando la porzione di terreno meno inzuppata dalla pioggia. A circa quattrocento metri dall’arrivo il fantino di Norzia rompì gli indugi, e iniziò a montare energicamente il cavallo, che rispose alle sollecitazioni con un discreto scatto, distanziando abbastanza nettamente gli altri concorrenti, ad eccezione della puledra Eubula. La potenza e la mole di Norzia, però, poco si adattavano al fango.
La saura Eubula, invece, leggera e dal galoppo radente, sembrava volare su quel terreno difficile, tanto che il suo fantino, non trovando un varco sufficientemente largo dove infilarsi e piazzare lo scatto decisivo, le fece percorrere una traiettoria interna, sgombra ma col terreno ridotto ad un pantano. Una scelta coraggiosa che non pregiudicò l’evidente superiorità della cavalla, che in breve guadagnò due chiare lunghezze di vantaggio su Norzia. I cavalli, in quel momento, transitarono proprio davanti i bagni pubblici, dove si trovava Franco. Lui abbassò la testa, avvilito.
Sentiva la disfatta incombere su di lui, la sua vita sarebbe naufragata, il salvagente di quei duemilasettecento euro gli sfuggiva beffardo tra le mani, si sentiva affogare nelle acque scure della sua inettitudine a vivere la vita…Una decina di secondi dopo, sentì il pubblico in tribuna gridare. La voce lontana dagli altoparlanti diceva “Norzia vince in totale controllo…”. Solo allora rialzò lo sguardo. I cavalli, lontani, avevano oltrepassato il traguardo. Da dove si trovava non era possibile distinguere vincitori e vinti. Esultò con un <sì!> gridato alzando le braccia verso il cielo gonfio di pioggia. Solo dopo vide – circa centocinquanta metri prima del traguardo, scosso, il fantino in piedi, immobile, al centro della pista – un cavallo che tentava di proseguire la sua corsa con un galoppo lentissimo, grottesco e penoso. Vide alcuni uomini andargli incontro e cercare di fermarlo. Ci riuscirono poche decine di metri prima del traguardo. <Ecco…finalmente sono riusciti a fermarla…Davvero sfortunata Eubula in questa occasione…aveva la corsa saldamente in pugno quando è caduta in vista del palo d’arrivo…> sentì la voce del cronista dagli altoparlanti. Franco era uno scommettitore incallito, ma non era come quelli che consideravano i cavalli semplici numeri e basta. Lui un po’ ci si affezionava, e quelli che si infortunavano gli facevano pena. Incurante del diluvio si avviò a passo svelto lungo lo steccato, finché non giunse all’altezza del povero animale. Capì subito che la puledra era stata tradita da una buca. Sul posto si precipitarono l’allenatore e la proprietaria del cavallo, insieme al veterinario di servizio che poco dopo, al termine di una diagnosi funesta, fece arrivare un trattore con rimorchio – la famigerata “biga” -, il mezzo utilizzato per l’ultimo viaggio dei cavalli più sfortunati. Alcuni addetti disposero un ampio telo verde nella zona intorno al cavallo, nascondendo alla vista dello scarso pubblico la sua soppressione.
Franco si diceva che il sacrificio di quella cavalla gli permetteva di tirare avanti ancora per un po’, si diceva che il destino sempre, in un modo o nell’altro, si era fatto beffa di lui, quel destino che ancora non gli permetteva di godersi appieno neanche quel briciolo di felicità per la vincita che allontanava, seppure per poco, l’ombra degli strozzini. Tutto, pensava, doveva costare sempre troppo caro nella sua vita. Rimase lì, appoggiato allo steccato, fino a quando la pista fu nuovamente sgombra e come immemore del suo ultimo dramma. La pioggia intanto gli aveva inzuppato i capelli e faceva sembrare lucida la sua giacca color testa di moro. Andò a ripararsi sotto il porticato che collegava il tondino con le tribune. Tirò fuori dal portafoglio il biglietto della scommessa vincente e lo guardò inebetito. Aveva la testa confusa, nonostante il disperato bisogno di soldi provava davvero ben poca felicità. Ritirò la vincita, ma se l’era immaginata diversa la scena, gli sembrava quasi che la scommessa gli fosse costata più di quanto aveva incassato. Ringraziò Dio solo per il fatto che non aveva incontrato né suo fratello né gli altri viziati di gioco come lui che conosceva e che venivano spesso alle corse. Poco dopo, fuori dall’ippodromo ormai buio e deserto, si mise ad aspettare Lena sotto la tettoia della biglietteria.
Ogni tanto guardava distrattamente le luci multicolori del vicino luna – park. “Non viene, ormai…” pensò ad un certo punto, dando un’occhiata all’orologio. Erano le diciotto e trenta. “Ho fatto troppo tardi…Forse sarà andata con qualcun altro…” Un morso di gelosia gli strinse lo stomaco. Scosse la testa, amareggiato. Si sentiva, in fondo, lo stesso sconfitto di sempre. <Riposa in pace, Eubula…> disse sottovoce. <Da qualche parte dev’esserci un paradiso per gli animali…da qualche parte dev’esserci un paradiso per gli uomini…> poi si incamminò svelto lungo il viale delle Cascine, sotto la pioggia, verso la sua bella BMW coupé che, per questa volta, aveva sottratto alle mani degli strozzini.
Questo Franco si presenta come il solito uomo amante del lusso, che scommette per vivere al di sopra delle sue possibilità.
Non si riesce però a non soffrire con lui nell’attesa, si viene coinvolti dalle sue riflessioni che rivelano solidarietà, simpatia, incapacità di essere contenti a spese di altri.
Mi piace questo tipo di scrittura, unica come ne trovi poche, bello e interessante come racconto, una trama che fa riflettere