Premio Racconti nella Rete 2022 “Un tempo lontano da questo tempo” di Gabriella Cirillo (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Un giorno lontano, tutti gli alberi del mondo lasciarono i posti della terra per parlarsi e rivedersi su un bellissimo lago che li cullava senza sforzo.
Nel riunirsi fecero in modo di creare la forma di un gigantesco castello le cui fronde arrivavano fino al cielo.
L’albero più vecchio del mondo il cui nome era Matusalemme aprì la riunione dicendo al vento di far stormire le foglie così che le voci di tutti arrivassero fino all’albero più alto, la sequoia. Matusalemme prese per primo la parola: «Amici, mi sono stancato di essere trattato male dagli uomini e so che tanti di voi la pensano come me.
Ho visto troppe ingiustizie nei nostri confronti, troppe deforestazioni ed è l’ora di dire basta. Ma se non la pensate come me ditelo adesso o mai più».
Per un lungo istante calò il silenzio.
Tutti gli alberi pensarono alle solenni parole di Matusalemme.
Le sughere, i lecci e i platani per primi mossero le loro fronde in segno di approvazione, come fosse un lunghissimo applauso.
Seguirono le betulle, gli aceri, i pini e, con loro, tutti gli altri così che il gigantesco castello sembrava ondeggiare con le sue lucenti chiome.
Un piccolo ulivo di nome Pendolino si alzò sulla punta della sua zolla e gridò: «Se ne accorgeranno che vuol dire vivere senza di noi! Da adesso in poi niente più olio!»
Era famoso Pendolino per il suo senso di giustizia e anche se mamma ulivo gli ricordava che loro erano gli alberi della pace, lui non smetteva di dire la sua con forza.
Tutte le piante si promisero che non avrebbero più permesso che la loro frutta fosse raccolta dagli uomini per dar loro cibo.
Matusalemme con voce calma e profonda ricordò quanti di loro erano stati abbattuti per far posto al cemento, quanti altri erano stati spiantati o bruciati per occupare territori.
«Poi gli uomini si lamentano del disastro climatico» dissero le sughere» «e i telegiornali parlano sempre allarmati delle inondazioni» aggiunsero gli aceri.
Anche un imponente Gingko biloba, chiamato Yun per le sue origini cinesi, intervenne per non far dimenticare come gli uomini non si curassero più di proteggere il suolo dall’erosione, levando gli alberi dai loro territori, dalle scarpate, per poi rimanere preoccupati delle frane che si ripetevano durante l’anno.
«Gli uomini hanno perso la memoria e con la memoria i loro propositi» dissero i baobab che meditavano da secoli nelle terre africane.
«Non si ricordano nemmeno che abbiamo anche proprietà curative che tanto hanno utilizzato» sentenziò la quercia.
Decisero così che sarebbero stati tutti insieme lì, a ondeggiare sul lago e avrebbero permesso solo agli esseri gentili di poterli andare a trovare.
In quella zona si formò un clima bellissimo e la frescura saliva dalla terra e avvolgeva tutto, attirata come era da quell’alto castello.
Gli esseri umani non si accorsero subito della mancanza degli alberi.
Erano così intenti a seguire i loro affari che non notarono più l’assenza del verde e della salutare ombra, affaccendati a lavorare nelle loro case e nei loro uffici.
Nemmeno i ragazzi si accorsero di nulla, presi come erano a guardare il loro smartphone o la tv.
Con il tempo, però, senza la presenza dei preziosi alberi, la temperatura della terra si alzò e tutti gli uomini sentirono il bisogno di uscire e di respirare perché anche i condizionatori accesi al massimo avevano peggiorato le cose contribuendo a far alzare il calore.
Gli uomini realizzarono molto presto la necessità degli alberi.
Con i satelliti videro che solo in una zona lontana della terra c’era ombra e tantissimi alberi.
Subito presero migliaia di camion per spiantarli e portarli dove ne avevano bisogno.
Gli alberi furono avvertiti dagli uccelli delle intenzioni degli umani.
Essi notarono, infatti, lunghissime file di mezzi che sarebbero serviti a portarli via.
Ma quando gli uomini arrivarono videro un castello imponente, protetto dall’acqua e abitato da tutti gli uccelli del mondo che posandosi sui rami degli alberi li coloravano come meravigliose luci di Natale.
Gli uomini rimasero stupiti da tanta bellezza che volevano, purtroppo, solo possedere e si misero subito al lavoro per scalarli e con le funi legarli, spiantarli e metterli nei camion.
Ma gli alberi, divertiti, facevano salire gli uomini fino a quando, scuotendo i loro rami, li scaraventavano nell’acqua.
Gli esseri umani tentarono in tutti i modi di appropriarsi degli alberi ma appena provavano a scavarne qualcuno per rendere le radici deboli, tutti gli altri alberi si compattavano formando un castello inespugnabile.
Alcuni uomini si calarono dagli aerei per salire sulle alte sequoie.
Ma subito esse chiamarono il vento per far ondeggiare i loro rami, disarcionando i malcapitati che cadevano in acqua.
Quelli invece che mettevano piede sull’isola venivano bombardati da pinoli, castagne, nocciole che gli alberi lasciavano cadere sulle loro teste. La conoscenza del mondo non servì per catturare quel castello che resisteva a ogni assalto, così gli umani furono costretti a ritirarsi sconfitti. ?
Col passare del tempo, tutti gli uomini del pianeta, senza alberi, divennero tristi e senza sogni.
Solo due famiglie che amavano da sempre la natura e che rispettavano la terra e gli animali, si trasferirono vicino a quel castello galleggiante lasciando le loro ricchezze per vivere in quella terra e per ammirare quella gigantesca bellezza.
Non sapevano come si sarebbero nutriti ma il cuore diceva loro che avrebbero trovato un modo. Passavano i giorni e il cibo, che si erano portati per sopravvivere, cominciò a scarseggiare ma non disperarono.
Quella terra infondeva ottimismo e speranza.
La più curiosa e coraggiosa di loro, di nome Elena, fiduciosa che gli alberi non le avrebbero fatto del male, attirata dall’ acqua calma del lago, nuotò verso il piccolo Pendolino, gli si avvicinò e lo guardò per molto tempo cercando di capire a cosa potessero servire quelle cose un po’ rotonde di colore verde scuro che pendevano dai rami.
In nessuna occasione aveva potuto osservare così da vicino un albero.
Poi la ragazza, smise di pensare e con un gran sorriso e con le sue mani ancora bagnate accarezzò il tronco.
Da quel contatto scaturì’ in lei il desiderio di abbracciarlo mentre gli sussurrava «caro, caro».
Pendolino non aveva mai provato cosa volesse dire essere accarezzato e nessuno gli aveva parlato così dolcemente.
Pianse dalla gioia e tutti i suoi frutti caddero come lacrime.
Era il suo modo per ringraziare quell’essere gentile che dopo avergli chiesto il permesso, raccolse le olive, le mise nelle tasche dei pantaloni e le portò alla sua famiglia e ai suoi amici.
Da quel momento, la ragazza andò tutti i giorni a trovare Pendolino e piano piano anche altra frutta dai vari alberi cadde a terra per essere raccolta anche dagli altri esseri gentili.
Il tempo passò e quando Elena divenne grande, ebbe dei figli ai quali insegnò a rispettare gli animali, a conoscere gli alberi, apprezzare l’aria e l’acqua pulita, a riconoscere le erbe che crescevano sul terreno e soprattutto i numerosi segreti che aveva imparato da Pendolino, il suo amico, sempre felice di vedere lei e i suoi bambini.
Matusalemme chiamò tutte le famiglie e fece giurare loro di insegnare ai propri figli e ai figli dei loro figli di amare il creato e di vivere in armonia.
E così, in un tempo lontano da questo tempo, la natura e gli uomini vissero in pace.