Premio Racconti nella Rete 2022 “Vademecum del Bravo Scrittore” di Simona Visciglia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Mi sono accorto che non vivo più; e che, anzi, vivo per scrivere.
Come se all’improvviso avessi preso alla lettera l’arte è vita o qualcosa del genere.
Mi aggiro tra la gente prevenuto. Non vedo più persone, Io vedo personaggi.
I pensieri in testa mi nascono già come parole scritte, i dubbi e i ripensamenti prendono la forma di cancellature immaginarie. Sto gettando un filtro su ogni cosa: sul cielo – sugli alberi – sulle mattonelle della mia cucina – sugli itinerari del tram – sul volo degli uccelli – sul vento tra i palazzi – sui giochi dei bambini – sui cani al guinzaglio – sulla pioggia d’estate – sulle cene con gli amici.
Sui vuoti dell’anima, la mia.
Vago per le strade come un fantasma, credendo di avere tutte le risposte, solo perché mi rigiro sulla punta della lingua milioni di domande.
Tutto rapisce la mia attenzione eppure resto distante: perché il vero Scrittore deve poter creare lontano da se stesso.
E ho smesso di respirare, si può dire.
L’altra mattina ero seduto al bar, in postazione tattica per avere una buona visuale su tutta la saletta e anche fuori. Il locale non è grandissimo e i tavolini non sono tanti, quattro o cinque dentro e altrettanti quelli fuori. Vedo bene anche il bancone e la cassa e riesco a tenere d’occhio pure l’ingresso. C’è un discreto viavai, di soliti affezionati e di avventori casuali.
Naturalmente io appartengo al primo gruppo, ma cerco di avere lo stupore di chi capitasse qui per la prima volta: il vero Scrittore cerca di guardare al mondo sempre con occhi nuovi.
E dunque, dicevo, sono in agguato al bar, in attesa di rubare le vite di chi, sorseggiando un caffè, guarda il fondo della sua tazzina o scambia quattro chiacchiere distratte con le ragazze loquaci che servono la colazione; o di chi legge sovrappensiero i quotidiani, dando un morso veloce alla brioche, lasciando briciole sulle pagine spiegazzate e sul pavimento, appiccicoso già a metà mattina. Mi arrivano stralci di conversazioni con toni diversi, cerco di separare tutte le voci e di non confondere gli astanti. Lo smistamento è un lavoro che richiede molta attenzione, ma sono allenato a farlo e quasi non mi costa più fatica.
Se sono in forma, a volte, addirittura catalogo per argomenti: un bravo Scrittore deve avere un archivio ben nutrito di soggetti.
Sono dunque nel pieno della mia raccolta dati, quando mi coglie una strana sensazione. Una specie di disagio fastidioso, come quello che si avverte in quei sogni in cui ci si accorge di essere usciti di casa senza vestiti. E in effetti mi sento proprio messo a nudo, così, di punto in bianco. E allora inizio a muovermi nervosamente, frugo nelle tasche senza cercare niente, sposto il cucchiaino più volte, dalla tazzina al piattino e viceversa, spolvero il tavolo da briciole inesistenti. Giro la testa si può dire quasi a 360 gradi. Se ho un mirino puntato addosso lo vedrò. Se è arrivata la fine del mondo ci saranno indizi.
E a guardar bene, la causa di questo mio intimo, inusuale e improvviso terremoto è proprio lì, di fronte a me – così vicino da essermi sfuggito prima. È una ragazza o quasi donna o forse una persona, sicuramente di sesso femminile, ma senza età: mi guarda. Mi guarda fisso. Tra le mani ha una sigaretta spenta, come per un’abitudine ad averla sempre tra le dita. Cerco di capire se sulle labbra ferme abbia in realtà un’intenzione di sorriso. Cerco di capire se la sua attenzione possa essere stata catturata eventualmente da altro, prima di arrivare a investire me con quegli occhi grandi e scuri, e quasi inquisitori.
Ma mi fa un cenno, lo fa proprio a me, non ho più dubbi. Solleva appena il mento, in modo impercettibile eppure inequivocabile, come un richiamo, come un accondiscendere, come un saluto cameratesco, come un segnale in codice. Tentenno un po’ prima di risolvermi a rispondere. Sarei tentato di assicurarmi ancora una volta che ce l’abbia proprio con me, ma non voglio darle l’impressione di essere un uomo poco risoluto o insicuro, un uomo che sfugga in un certo senso al suo destino.
Mi alzo, taglio la distanza che ci separa con pochissimi passi misurati e sono di fronte a lei – confermo che la sua pelle non ha tempo.
– Ci conosciamo?
Non ho un approccio migliore da regalarle, in modo del tutto sprovveduto mi rifugio in un’odiosa frase fatta, nella banalità più cruda. E di rimando lei cosa mi offre? Una risata. Sonora lunga strabordante sfacciata.
Mi sento piccolo piccolo, schiacciato inesorabilmente dagli eventi. Mi guardo intorno, per vedere se abbiamo disturbato la routine di chi sta seduto agli altri tavolini o sta pagando la sua colazione in tutta fretta. Balbetto qualcosa, ma non sono neanche mezze parole le mie. Ammetto di essere stato preso alla sprovvista.
E invece lei sembra sapere il fatto suo. Si alza, senza tentennamenti, con estrema sicurezza: la sua figura esile mi sembra gigantesca. Mi si avvicina, quasi sfiorandomi, e mi sussurra qualcosa all’orecchio:
– Ti conosco dall’Inizio.
Un buon Personaggio deve dissimulare la presenza di chi scrive fin dal Principio e restarne ignaro fino alla fine.
“Un bravo Scrittore” riesce a fare letteratura persino del processo creativo, perché è vera, per quanto mi riguarda, quell’attenzione esasperata, quasi ossessiva, nell’osservare, ascoltare il mondo, preservando lo stupore infantile, la capacità di meravigliarsi, nonostante si sappia già tutto. Le storie, prima che nella mente, nascono negli occhi e nelle orecchie. Utile peraltro anche da un punto di vista pratico, come consigli per un approccio alla scrittura, il “Vademecum” è bello e originale.
Grazie, Cesare! Mi spiace che nel caricare il racconto, nel finale sia venuto meno un a capo con la sola parola “Fine,” che nella mia idea era quasi fondamentale.
Racconto scorrevole, ben scritto, con originale colpo di scena finale. A mio parere il morale della favola di questa storia è che l’anima dello scrittore si riflette nei suoi personaggi, al di lè di ogni espediente tecnico di scrittura. Complimenti.
Grazie per aver letto e commentato. Riguardo al finale ho già scritto del mio rammarico per non essere riuscita a rendere “graficamente” la mia idea – cosa che era ben più chiara nel mio file… Pazienza! E sugli eventuali messaggi veicolati dal racconto, credo sia il bello dell’essere Lettori: ci mettiamo sempre del nostro, al di là di ciò che gli Autori intendono trasmettere.
“In attesa di rubare le vite”… un’immagine meravigliosa, perfettamente riuscita che racchiude in se tempo, spazio, forme e ricerca.
Mi ritorna un po’ il dramma di Pirandello con la spettacolare teatralità dei suoi personaggi in cerca di…
Complimenti.
Grazie, Claudia!
Ovviamente ho un debito nei confronti di Pirandello, spero non si rivolti nella tomba!
Bellissimo! Letto tutto d’un fiato con la stessa frenesia del protagonista a caccia di personaggi…
Molto originale, scrittura che cattura l’attenzione e… condivido: la parola “Fine” in conclusione sarebbe stata perfetta!
Ma tranquilla… c’è già “tutto” quello che deve arrivare al cuore del lettore.
Bravissima!