Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2022 “Buon Natale!” di Paolo Puliti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

La prima neve iniziò a cadere intorno alle due del pomeriggio, mentre Don Pietrino stava riposando al calduccio della sua cameretta. Era la vigilia di Natale del 1984 e nessuno poteva ancora sapere che quei piccoli fiocchi bianchi non erano altro che gli ambasciatori di uno degli inverni più freddi del ventesimo secolo.

Don Pietro Ciccone, da tutti conosciuto come Pietrino per via della statura, era immerso nel sonno profondo dell’innocente, quando venne svegliato dal suono del telefono. Scocciato per il brusco risveglio si diresse verso l’ufficio della canonica recitando ad alta voce un suo personalissimo rosario apocrifo in cui venivano evocati tutti, ma proprio tutti, i Santi del Paradiso.

«Chi è?» rispose sgarbato.

«Don Pietrino, sono io. Che facciamo?» era il sindaco, accidenti a lui.

«Che vuol dire? Non capisco».

«Ma… non ha visto la neve?»

Il prete appoggiò la cornetta sul tavolo e scostò le tendine della finestra. La neve cadeva fortissima, non si riusciva a vedere più niente e in un attimo capì le conseguenze di quella nevicata tanto bella quanto inaspettata. Gli venne un gran magone e poi, tenendosi la testa fra le mani, a bassa voce sussurrò: «Il presepe…il presepe vivente…».

«Pronto…! Don Pietrino…!» gracchiava ancora il sindaco dal telefono e di nuovo accidenti a lui.

«Ci sono…ho visto…io non…» balbettò.

«Ascolti» lo interruppe il sindaco. «Qui c’è solo uno spalaneve ed è già impegnato sulla provinciale. Le previsioni dicono che nevicherà ancora per molto, non ce la facciamo proprio a liberare la strada, mi sa che quest’anno…» il prete chiuse la telefonata, non voleva ascoltare quello che già sapeva. Del resto non si poteva certo chiedere a tutta la gente di Pertalla di Sotto, di farsi tre chilometri a piedi sotto una bufera di neve per partecipare alla Messa di Natale nell’antica chiesa di Pertalla di Sopra, ma il presepe vivente andava comunque messo in scena. Doveva trovare il modo di sostituire i figuranti rimasti bloccati dalla neve.

Nel vecchio paese di Pertalla di Sopra, oltre al piccolo prete, erano rimaste solo tre famiglie in pianta stabile: una era quella di Guido Balsetti, la guardia comunale, con lui c’erano la moglie Teresa e il figlio Michele di undici anni. Nell’altra vivevano, o meglio sopravvivevano, le due sorelle Martini, ottantanove e novantadue anni, zitelle. Nell’ultima abitava Marina Bardi, quarantacinque anni, ufficialmente cameriera stagionale in un albergo della riviera, ma che in realtà continuava imperterrita a esercitare il mestiere più vecchio del mondo per la gioia di grandi e piccini. Negli ambienti del vicino litorale era conosciuta come Marina Treperdue, ma durante l’inverno tornava sempre alla sua casetta nel paese di origine per riprendersi dalle fatiche delle sue lunghe estati calde.

Il prete telefonò a Guido: lui e la sua famiglia erano l’unica speranza di far sopravvivere la tradizione. La moglie della guardia però aveva la febbre e per niente al mondo sarebbe uscita di casa con quel tempaccio, mentre il figlio, seppur grandicello, non avrebbe avuto problemi a rappresentare il bambinello. Rimaneva quindi vacante il ruolo della Madonna, ma era impossibile pensare di far indossare l’abito azzurro a una delle vecchie sorelle Martini. Non restava che Marina. Pietrino la chiamò e le spiegò la situazione di emergenza in cui si trovava. La donna accolse l’invito con gioia, avrebbe fatto la parte della Madonna e anche se nessuno di Pertalla di Sotto l’avrebbe ammirata, non le importava niente. Sì, sì, sì. Mille volte sì.

La neve non smise mai di cadere e in breve tempo ricoprì tutto il paese. Guido e il figlio, armati di pale, riuscirono a malapena a tracciare un sentiero per collegare la chiesa con le altre case. Alle dieci e mezzo di sera arrivarono in chiesa le sorelle Martini che si piazzarono sulla panca in prima fila. Avvolte in una grossa coperta di lana a quadrettoni, incuranti di qualsiasi cosa succedesse intorno a loro, iniziarono a recitare il rosario, una cantilena infinita in una lingua incomprensibile al resto del genere umano. Piano piano le loro voci si affievolirono, poi appoggiarono le due testine bianche una contro l’altra e in breve tempo si addormentarono, iniziando a russare come due camionisti bulgari.

Poco dopo arrivarono Guido e il figlio. Il primo, in alta uniforme da parata con il Gonfalone del Comune in mano. «Beh? Che c’azzecca questo vestito con San Giuseppe? Non siamo mica alla Festa della Repubblica?» lo rimproverò il parroco.

«Lo so Don Pietrino, ma non ho proprio altro da mettere, non mi aspettavo… e poi è tanto che non indosso l’alta uniforme, pensavo…»

Il prete spostò sconsolato lo sguardo verso il bambino e fu preso da un attimo di sconforto quando Michele si aprì la cerniera mostrando che sotto la giacca a vento indossava una maglia dell’Inter nuova di zecca: «Babbo Natale me l’ha portata e io stasera questa non me la levo».

Mancava ancora il meglio: la Madonna. Poco dopo Marina si presentò in chiesa con ai piedi i doposci a pelo lungo, si tolse il cappotto e rimase con indosso un abitino azzurro stretto stretto, che le fasciava il corpo come un salame a lunga stagionatura. Ma il pezzo forte era la scollatura vertiginosa che la donna, incurante del freddo, mostrò fiera ai tre maschi che aveva davanti in attesa dell’applauso.

«Vado bene così?» chiese Marina sbattendo le ciglia e tirandosi su il grosso seno con entrambe le mani. Guido le fece l’occhiolino in segno di approvazione, mentre Don Pietrino, sempre più cupo in volto, si girò di scatto e si avviò verso l’altare con la consapevolezza che era ancora la vigilia di Natale e, neve o non neve, tutto doveva compiersi. E quella sera il Cielo aveva in serbo altre sorprese per il piccolo prete: Pietrino celebrò la funzione davanti a quelle poche persone come se fossero in mille ad ascoltarlo, non mise enfasi nelle sue parole, non si avventurò in banali discorsi retorici durante la predica. Erano anni che non si sentiva così bene, libero da qualsiasi dubbio o costrizione, provò la dolce sensazione di essere proprio nel posto che il Signore aveva pensato per lui.

La Messa finì e le sorelle Martini, come d’incanto, si svegliarono incolpandosi a vicenda di non aver fatto altro che dormire per tutta la funzione. Il prete scese dall’altare con l’animo più leggero anche perché ora mancava solo l’ultimo atto per mettere la parola fine a quella strana vigilia: la benedizione del presepe vivente e poi via, tutti a letto.

Marina si mise in ginocchio di fianco alla mangiatoia, il suo sguardo era di pura estasi, alzava al cielo gli occhioni pieni di rimmel e ringraziava il Signore per quella verginità ritrovata. Guido, dalla parte opposta, interpretava un San Giuseppe dall’atteggiamento militaresco, orgoglioso della sua uniforme piena di mostrine. Il piccolo Michele, piccolo per modo di dire, si era già levato la giacca a vento e ora se ne stava beatamente seduto sulla mangiatoia, mostrando fiero la sua nuova maglia dell’Inter continuando a ingurgitare merendine e dolciumi vari che si era portato da casa. Era il primo Gesù Bambino con lo sponsor.

Don Pietrino si apprestava dunque a dare il suo benestare a quello scempio, quando un grido di donna che proveniva dalla strada, lo bloccò: «È mia moglie Teresa!» disse Guido. «Ma che vuole proprio adesso?!».

Michele corse verso l’uscita e aprì il grande portone centrale permettendo così a tutti di vedere che aveva smesso di nevicare. In cielo non c’erano più nuvole e miliardi di stelle brillavano come solo d’inverno riescono a fare.

«Arrivano! Arrivano!» continuava a gridare la donna dalla finestra.

«Ma chi arriva!?» risposero tutti all’unisono come un improvvisato coro gregoriano.

«Tutti! Arrivano tutti! Hanno telefonato dal Comune che si è liberato lo spalaneve! Sono già per strada. Vengono a vedere il presepe vivente!».

Ci fu un attimo di incertezza, poi Guido ordinò: «Tutti ai propri posti!».

«Come sarebbe a dire “tutti ai propri posti”?» ribadì con forza il povero Pietrino. «Non vorrete mica…». Nessuno dei presenti badò alle parole del prete, addirittura le sorelle Martini decisero che anche loro avevano il diritto di partecipare alla scena e si piazzarono dietro la mangiatoia nel posto occupato di solito dal bue e dall’asinello. Le due vecchie si coprirono le spalle con la loro coperta impersonando, secondo loro, due angioletti appena scesi dal cielo ad adorare il Bambino di fede neroazzurra.

Il primo a entrare in chiesa fu il sindaco con tanto di fascia tricolore, a seguire la giunta comunale e poi tutti gli altri concittadini che in un silenzio irreale si organizzarono in una fila composta che iniziò a scorrere davanti a quello strambo presepe.

Spesso la fila si bloccava davanti a Marina, le donne spingevano in avanti i mariti che sistematicamente s’inginocchiavano davanti alla Madonna scollata, facendosi addirittura il segno della croce. Nessuno però fece alcuna critica a quella bizzarra rappresentazione e dopo poco iniziò ad arrivare dentro la chiesa un forte profumo di cannella, segno evidente che qualcuno aveva preparato del vino bollito e che la festa poteva continuare all’esterno.

 I canti sacri si alternarono alle canzoni di osteria che si alzarono verso quel cielo stellato che adesso sembrava essere stato creato apposta per illuminare il piccolo paese, mentre la neve rifletteva la luce lontana delle stelle, dando a quella notte un senso di grande pace e serenità.

“Ma dov’è finito Don Pietrino?” Questa la domanda che in un attimo di lucidità qualcuno si pose. Il piccolo prete non era più lì, quella serata era stata piena di emozioni profonde e aveva suscitato in lui forti sensazioni che doveva elaborare da solo. Si era ritirato in canonica e in ginocchio davanti al vecchio crocifisso, ringraziava colui che gli era stato vicino per tutta la vita, colui che lo aveva confortato nei momenti più tristi e difficili della sua esistenza.

Nell’album dei ricordi, di quel Natale del 1984 sarebbe rimasta solo una pagina bianca, nessuna fotografia era stata scattata, tanto da far sembrare come se niente fosse accaduto, come se quella neve non fosse mai scesa dal cielo a scombinare i piani del piccolo prete di Pertalla di Sopra, come se fosse stato solo un sogno assurdo, come uno di quelli che faceva sempre durante il suo riposino pomeridiano. Ma proprio per questo sarebbe stato per lui il Natale più bello, quello in cui aveva capito che la sua vita di uomo e di prete era valsa la pena di essere vissuta.

“Buon Natale Don Pietrino!” qualcuno gridò dalla strada.

“Buon Natale!”

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14 commenti »

  1. Delizioso! Complimenti.

  2. Mi associo ai complimenti! Felicissimo e riuscitissimo racconto nel solco della commedia all’Italiana. Contrapposizioni di caratteri e situazioni che arrivano a divertire, stuzzicare e intenerire.

  3. Idem! Racconto originale, spiritoso, divertente… con situazioni e personaggi ben caratterizzati. Complimenti!

  4. Mi hai trasportata in quel piccolo paesino, in quella magica notte d’inverno. Un racconto decisamente evocativo e ricco di atmosfera!

  5. Carissimi Antonella, Marco, Gianpaolo e Alice, i vostri commenti mi hanno fatto molto piacere. Vi ringrazio di cuore!

  6. Molto bello e spiritoso il tuo racconto, è un piacere leggerlo. Complimenti!

  7. Molto carino e scorrevole. Complimenti

  8. Ha il sapore di certi film di Almodovar, davvero un racconto simpatico!

  9. Molto bello, se ben ricordo nel 1984 ci furono nevicate formidabili. Il racconto è allo stesso tempo realistico e surreale, la scrittura è piana, senza intoppi, né arditi voli introspettivi, si limita a mostrare, cioè a raccontare, e questo costituisce un pregio.

  10. Racconto piacevolissimo. Bravo.

  11. Racconto carino, vagamente surreale, che mi ha riportato col ricordo ad un freddo inverno della mia gioventù. Umanamente molto interessante la figura di don Pietrino, forse un po’ mediocre ma che ringrazia umilmente Dio per averlo messo all’interno di una comunità nella quale si sente a proprio agio.

  12. un racconto divertente scritto con leggerezza. complimenti

  13. Molto simpatico e divertente. Tutta la mia solidarietà agli originalissimi figuranti e complimenti a te Paolo.

  14. Si legge con grande piacere; sembra unìappendice di Benni, bravo!

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