Premio Racconti nella Rete 2022 “Suono liquido” di Luigi Michetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022Per Ruggero erano giorni in cui il suono ed il ritmo della sua vita stava cambiando, ed un’incertezza prendeva forma nei suoni acuti che gli riempivano la testa. Una costante ormai, che andava a compromettere l’armonia della sua vita fino a quei giorni. Il soave e piacevole andamento che gli faceva leggera l’esistenza, era sempre più evanescente, e prendeva la forma di suoni sgraziati, che lo travolsero come una rumorosa cascata, durante l’ultima telefonata a Marta. I suoi pensieri erano in subbuglio già da qualche giorno, attraversati da speranza e dubbi, sicuro però che la sua donna sarebbe tornata. Aspettava solo a dirglielo, a chiedergli di stare di nuovo insieme, nella casa della loro vita. Dopo alcuni incontri, tra fischi nella testa e la certezza di un sì, finalmente trovò il coraggio. Quel pomeriggio di luglio la chiamò, ma da subito lei sciolse il suo entusiasmo con parole che fluivano determinate e distaccate. Smontò le sue illusioni lentamente, ma in modo netto.
Ruggero era rimasto lì, davanti al telefono da più di un’ora, dopo che Marta aveva riagganciato. Di questo non si dava pace, aveva ancora bisogno di parlarle. Ora finalmente avrebbe potuto dirle che non poteva fare a meno di lei, che senza di lei non viveva, che i suoi occhi, i suoi capelli, il suo modo di camminare, erano immagini della sua vita, dei suoi sogni, di ogni istante suo, qualunque esso fosse. Ma tutto questo non era uscito dalla sua bocca. Le parole che tanto aveva pensato non si erano potute materializzare nei suoni della sua voce, che con tanta cura negli ultimi giorni aveva provveduto ad ammorbidire, a rendere il meno banale possibile, a farla più dolce ma anche determinata, così da avere in suo soccorso parole più efficaci. E le parole si sa, sono importanti specie quando sono dette con convinzione, motivo di più se desideri qualcuno, perché la voce comincia a tremare, e se non ti controlli, allora, le parole te le mangi e balbetti. Così erano arrivati quei giorni, e credeva che tutto fosse dalla sua parte. Ma il meccanismo dei suoi pensieri gli si sciolse tra le mani. Marta aveva riagganciato, prima che lui potesse riprendere il discorso interrotto dal suono del citofono, impietoso, che sembrava non smettere più. Lei aveva colto al volo l’occasione dopo averlo inondato con la sua voce disillusa, e per Ruggero, rimasto con la cornetta attaccata all’orecchio sinistro, sentire quel rumore cupo con la U, che visualizzava nella sua mente tutta la delusione di un incontro mancato, è stato un dolore secco e distribuito in tutto lo stomaco. Questa U, di colore blu, gigantesca, in una stanza completamente buia, che suonava come una cornamusa, ha continuato a riecheggiare per qualche minuto nelle sue viscere.
L’orologio a muro faceva Tic – tac, forte come un martello pneumatico, e un altro orologio rispondeva dal lato opposto della casa. Li avrebbe spaccati in terra, senza lasciare nemmeno la polvere del ricordo di quei Tic – Tac.
Ma già iniziava a sentire i muscoli di tutto il corpo che si rilassavano in modo incontrollabile, come se si allentassero, come se si facessero sempre più flaccidi. Le forze effettivamente cominciavano a mancare, e una sorda fitta cresceva sempre più nel suo ventre. Le articolazioni delle ossa gli si erano mobilizzate di colpo, non poteva più controllare i movimenti.
Gli sembrava che la cornetta aumentasse di volume, ma in realtà era la sua mano sinistra che si assottigliava sempre di più, iniziava a liquefarsi più velocemente del resto del corpo, perché a contatto della cornetta che teneva stretta in mano da molto, il calore era maggiore. Il suo braccio tirava a sinistra, la sua testa si inclinava e andava a sinistra, però con una spinta in avanti fino a diventare tutt’uno con il foglio su cui era scritto il numero di telefono di Marta. Idee e pensieri si portavano sul foglio, senza passare per il braccio e la mano, ma direttamente incollando il cervello sul foglio, facendo penetrare i neuroni nelle molecole della carta.
Le voci di fuori e i rumori di sopra lo penetravano come fosse una sagoma trasparente che svaniva lentamente.
I muscoli del braccio fiorivano dal suo corpo come gigli e tutto si faceva sempre più indefinibile, dai contorni del suo corpo alla densità di materia della stanza.
I lembi dei suoi abiti si avvicinavano sempre di più, fino a toccarsi in alcuni tratti, ed erano già impregnati di quell’essenza che un tempo era Ruggero, che lentamente si andava sciogliendo. Alcune gocce scendevano dalle maniche della camicia, le scarpe contenevano una discreta quantità di liquido, sembravano appena recuperate da un pescatore maldestro in un fiumicello putrido di una periferia urbana. Ruggero intanto se ne andava, piano piano, allo stato liquido, per tutta la stanza. I suoi abiti si erano accartocciati alla sedia. Una gran parte di lui si era ficcata sotto il letto e la stanza si era riempita di un profumo intenso, che dava veramente allo stomaco. Era il suo dopo barba, che in quel trambusto di liquefazione era evaporato velocemente separandosi dal resto, come dire: non è roba mia. Ora Ruggero aveva un colorito molto bello, vivo, che brillava di luce riflessa e rispecchiava tutti i colori della scala cromatica. Tutto quello che di lui restava, era lì uniformemente distribuito sul pavimento della sua stanza. Ma pian piano cominciò ad evaporare, verso un particolare tipo di stato gassoso. Contemporaneamente in tutto il palazzo iniziò un suono, di un’intensità mai sentita. Tutti si fermarono ad ascoltarlo rapiti. Eri tu Ruggero! Il tuo stato gassoso aveva dato origine a delle onde sonore, che dilatandosi nel palazzo di 7 piani suonarono la melodia della tua vita, al ritmo che aveva accompagnato la tua esistenza.
Mi è piaciuta la descrizione della “metamorfosi”, mi ha ricordato ai tempi della scuola quando si leggevano estratti del racconto di Kafka. A parer mio c’è punteggiatura in eccesso nel primo paragrafo, il resto invece scorre bene!