Premio Racconti nella Rete 2011 “Sigaretta” di Giulia Perona
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2011Si sentono, intervallati dal silenzio, una serie di passi agitati, concisi, frettolosi.
Nella pesante ombra che opprime il cielo sembra esserci in realtà qualche flebile luce che sopravvive e qualche anima che mostra la sua esistenza.
Poi più nulla.
Si sentono dei respiri affannati, delle risate soppresse.
Come in quella fotografia in bianco e nero dove una donna giace con il volto verso l’alto e la osserviamo da dietro; ha una sigaretta in bocca e tiene la testa abbandonata su un qualche appoggio che a noi sfugge. I suoi capelli rimangono sciolti nella parte inferiore della fotografia in una massa informe. E tutto è così buio e non si vede bene se questa donna è una vera donna, se è una faccia amica o una prostituta su di un letto. Vediamo solo la sua fronte, di scorcio i suoi lineamenti, i suoi capelli e la luce della sua sigaretta.
In questa notte così buia quelle risate sono come quella bianca luce della fotografia. L’atmosfera è immersa nella calma notturna e i rumori si ripetono ottusi, che se non ci fai attenzione poi non li senti. Che se ci fai attenzione, poi non dormi.
Un mare profondo ed alzando lo sguardo verso il cielo sembra di poter vedere le ombre luminose delle barche che ci osservano, fasci di luce opaca che attraversano le acque oscure ma che in realtà non arrivano ad illuminare nulla perché sono di poco più chiare, semplicemente constatiamo la loro esistenza. Ci osservano dall’alto.
Una corsa fatta nella notte.
Ci sfioriamo le mani con l’imbarazzo di chi non si conosce in realtà, di chi per questa notte sarà il tuo compagno e forse poi non rivedrai.
Non sappiamo se parlare. Non sappiamo cosa piace all’altro, sappiamo a malapena i nostri nomi e perché siamo qui, in questa città di notte, da soli. Sappiamo come ci siamo conosciuti, qualche ora prima, ma non come siamo finiti insieme. Non sappiamo dove siano ora i nostri amici, né cosa hanno pensato quando ci hanno visto allontanarci insieme, per osservare il cielo.
Abbiamo semplicemente iniziato a camminare guardando per aria, osservando distratti il paesaggio, con gli occhi fissi sulle stelle e le nuvole sopra di noi. Passeggiando, le nostre spalle a volte si toccavano.
Le strade si infittiscono e sembra di non riconoscere il punto di partenza. Eravamo in una grande piazza, inizialmente, un ampio spazio con l’immenso palazzo di giustizia a dettare legge con la sua mole e il suo bianco marmo. Quelle colonne tozze ed altissime che brillavano candidamente.
Poi la piazza si era ristretta in vicoli piccoli e bui. L’asfalto lasciava spazio ai ciottoli levigati e il marmo bianco del tribunale diventava il mattone in vista delle case basse. Da ogni lato sembrava sgorgare una via angusta che non doveva per forza portare da qualche parte. Semplicemente nasceva dal manto stradale, cresceva facendosi spazio tra i muri e le biciclette abbandonate e moriva nel tempo di una notte.
Non sappiamo se questo vicolo che ci sta davanti sarà il nostro letto stanotte, né dove ci daremo il primo bacio. Ci immaginiamo gli avvenimenti nel loro susseguirsi: le labbra che dalla bocca scendono sul collo, le mani che cercano la pelle nuda, la volontà di farci male in una notte così buia. Poi sospiri e silenziosi movimenti. La mia schiena che tocca contro il muro freddo, mentre le gambe sono scaldate dalle carezze.
Sappiamo che non vogliamo dormire da soli stanotte. La sentiamo quella sensazione di solitudine che prende lo stomaco e ti fa solo venire pensieri sbagliati. Non vogliamo provarla stanotte.
Così piuttosto che rimanere soli in un qualsiasi locale di questa città, soli in mezzo a quelle persone estranee, piuttosto di tutto ciò siamo disposti ad affidarci l’un l’altro sperando di stare meglio, dopo. Non ci conosciamo, ma c’è qualche strana affinità che ci ha uniti. Quelle stelle, quella luce opaca di sigaretta.
Poi abbiamo iniziato a correre.
Riflessivo e toccante! Se ti va di leggere e commentare il mio è Benvenuta Sophie.
Capita che nel dubbio le nostre scelte possano cadere sul male minore;talvolta si decide intuitivamente perché non si hanno dati certi, oggettivi per la decisione più appropriata che ci indirizzi verso un’opzione piuttosto che un’altra. Allora potrebbe bastare anche un elemento trascurabile come la luce opaca di una sigaretta che crea complicità facendo diventare meno estranei degli estranei. Ciao.