Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “La festa” di Alessandro Bottone

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Ma alla fine gli mollo la stoccata. Troppo bello e consolante sarebbe la seratina fuori, e dimenticarsi di me. Invece no. Non è mai consolante la vita, guarda solo questo letto d’ospedale e la mia mano pallida e sudata sul lenzuolo bianco, altro che consolazione. E queste facce da bufalo mi guardano e mi chiedono le mie ultime volontà. Le mie ultime volontà? Che se ne vadano al diavolo, ecco tutto. Eppure i loro occhi grandi e vuoti mi fanno pena, il loro misto di imbarazzo e compassione è tutto rivolto a me. Ma va bene. Allora. La messa, sì. Ci deve essere la messa, quella la lasciamo, e non perché io sia credente, no di certo, ma perché la messa è vita. O meglio, la noia della vita stessa: uno che parla e l’altro che si distrae chiacchierando dei fatti suoi, chi pensa alla lasagna in forno e chi non riesce a togliere gli occhi dal culo di quella che ha di fronte.
Però, a pensarci bene, non mi dispiacerebbe proprio se il mio funerale si celebrasse insieme a un matrimonio. Sì, tutti e due insieme. Fine e inizio. Vita e morte.
E ora ridono loro, pensano che si tratti di uno dei miei soliti scherzi. Ma perdio, sono ciechi? Non mi vedono? E che cazzo su, chiedete! Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. «Toc toc, c’è qualcuno che gradirebbe sposarsi durante un funerale? Sapete, è stata la sua ultima volontà, per lui la vita era un circolo che non finisce mai. Diceva così, nei suoi momenti migliori.» Chiedete, allora, perché è a chi chiede che sarà dato, a chi cerca che trova, a chi bussa che sarà aperto. È così che dicono in chiesa, o no?
E loro adesso scappano, si rifuggono dentro le loro sciarpe. E sì, figurati se la Chiesa approverebbe, forse hanno ragione. Dalla chiesa al cimitero… No, non ci voglio pensare. Non può, non deve finire tutto al cimitero. Tutti, tutti quanti, devono restare con me. Sì. Dopo la noia e la distrazione della messa ci sarà tristezza – sì che se ci sarà tristezza, vero? – e non voglio mandarli via i miei amici, i parenti, quelli che tenevano a me. Tenevano … se ci penso un attimo in più mi sembra quasi di… Ah, e niente discorsi e leggio, mi raccomando, chi verrà saprà – se non l’ha già dimenticato – che appena una parola buona e vera viene detta a voce alta in un circolo di persone in sommesso silenzio, questa bella parola mi volerà sul cazzo in un modo memorabile. Dunque è deciso: dopo la messa si va tutti a casa mia. Ma sì, a casa mia, qualcosa succederà. Ci sarà del buon vino, un buffet ben salato – giusto per farvi alzare un tantinello il gomito – e una babysitter anche, con tanti giochi, così nipotini e figli non stresseranno più di tanto, cari vecchiacci miei. Sarete liberi, per un po’! Di parlare, di ricordare, di vivere. Prosecco e franciacorta allora, soprattutto per le signore, le uniche a farsi dei problemi perché c’è un morto di mezzo; devono sciogliersi. E poi una falanghina di quella buona e un primitivo per i maschietti incorreggibili. E la musica! Come ho fatto a dimenticare la musica? Soul music. Niente gospel. Perché non è più questione di fede o presunta tale, ma di corpo. E la soul fa muovere il corpo: basta iniziare a battere un piedino signora mia e buttar giù quel sorso di franciacorta, qualcosa succederà. E dimenticatevi di voi, dimenticavi di me, per tutto il tempo. Fino a sera, sì. Eccoci qua, la sentite anche voi? Il pezzo di chiusura, la stoccata finale, la sentite? L’invidia di ieri non è già finita, stasera vi invidio la vita… Eh? Riuscite a sentirla ubriachi come siete? Ma come fate a sbevacchiare e chiacchierare e spiluccare dai vassoi mentre il vostro amico non c’è più? No che non c’è più, non c’è più, dalla chiesa al cimitero no, non c’è più… è così freddo questo lenzuolo.

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