Premio Racconti nella Rete 2021 “Per un mondo senza paura” di Anna Vuillermoz
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021-Scusa, Gigi, ti spiace spegnere la radio? Sto diventando insofferente verso la tecnologia, anzi forse in generale. E poi, vorrei proprio parlare con te. Sentire una voce amica.
-Volentieri. Da quanto tempo ci parliamo noi due! Ogni volta con piacere e attenzione: qualunque scusa è buona per cercare sollievo, confrontarci, ascoltarci e recuperare energia.
-Credo che ormai lo sappiamo fare anche in silenzio:una sorta di muta preparazione per poter tornare ai rumori sordi della realtà. Che gran bella cosa è l’amicizia! Ma oggi devo usare le parole: ho bisogno di sentirle uscire per liberarmene, per essere certa che si portino dietro un po’ di questo peso che ora mi sembra insopportabile. Cosa pensi tu della paura?
-Dipende di quale paura parli, ma scusa, se il discorso si fa serio, preferisco fermarmi, guardarti negli occhi, ascoltare, misurare bene le parole e tutte le tonalità che le colorano, disse Gigi sorridendole e cercando un posto piacevole per fermarsi. Poi, con una severità insolita nel suo ragionare, riprese il discorso. E non fu facile interromperlo.
-Negli ultimi tempi ne ho conosciuta una con la faccia diversa: sono preoccupato seriamente – da sentire un dolore al petto e a volte da perdere il sonno- per certi fatti o parole, sempre più frequenti, di tanti tra gli umani. Le nostre piccole paure, quelle che a volte da bimbi cercavamo per divertirci, erano davvero solo scherzi. Molte cose sono cambiate e ho la sensazione che di questi tempi troppe ragioni ci portino a convivere con qualche forma di paura. Che diventa angoscia. Troppi fatti recenti mi fanno sentire come fossi loro prigioniero, non mi consentono più grandi viaggi del pensiero o liberi movimenti della ragione. Tutto sembra avere altri significati e quindi la paura si fa avanti da padrona.
-Sono proprio queste le sensazioni che provo anch’io e che mi portano a credere di non avere più il controllo non solo del mio piccolo mondo, ma neppure dei sentimenti più naturali. In questi tempi la paura spesso mi viene incontro. Si ferma con me e la sua compagnia non mi piace, anche perché è invadente, mi coinvolge il corpo e spesso popola le notti. Non è quel leggero timore, persino un po’ eccitante che da bambina mi caricava di energie e che poi si allontanava per lasciar posto ad un vero sollievo. Quella di oggi mi disarma, mi riempie d’impotenza e continua a crescere perché da ogni parte vedo le sue facce nuove, sempre più violente e pericolose. Quelle che credevamo di poter attribuire solo ai personaggi inventati. Sarà anche un po’ colpa dell’età ma, pur essendoci attrezzati, non siamo in grado di tenerla a distanza e di arginarne gli effetti o di servircene come freno di fronte ai pericoli.
-Sono d’accordo con te e, anche se la cosa non mi fa piacere, mi sento vicino al tuo modo di percepire questa nuova prepotenza. Mi dà fastidio pensare che ci si debba adeguare ad essa, che visto che ormai veste parole e gesti di tanti, dobbiamo fingere di non vederla per quella che è e assorbirla nella nostra vita. Forse l’età fa sembrare tutto un po’ più aggressivo, anche perché siamo più fragili, impotenti e non sempre capaci di rimetterci in piedi. Mi manca la forza della tenerezza ed ho una gran voglia di rimetterla al sicuro. Aver paura per noi voleva dire provare un brivido che poi si allontanava appena avevi qualcuno vicino che ti aiutava a diluire la tensione, magari con un abbraccio e una rasserenante risata. Forse eravamo più protetti, allora. Oggi invece spesso i timori aumentano quando hai qualcuno vicino perché troppi racconti hanno riempito le cronache e liberato una disumanità inattesa. L’idea di prossimo ha cambiato colore e ci ha messi al buio. La diversità non ha alimentato la fantasia ma ha soffocato l’altruismo. La paura è diventata angoscia, dolore e ha trasferito l’assurdo tra le normalità. Così pieni di libertà, non riusciamo più nemmeno a sognare e a sperare!
A questo punto il viso di Gigi si è riempito di una cupa tristezza, le mani si sono chiuse a pugno come se volesse frenare un linguaggio che non riconosceva. Il corpo tutto si è teso per esprimere l’ansia cui le parole avevano dato sostanza. Maria non credeva che fosse così gravoso anche per lui. Non lo avrebbe voluto. Sapeva bene che la paura era un vestito per tutti, che minacciava lavoro, salute, affetti rubando pace e sicurezza, ma non voleva condividere questo gelo che involontariamente aveva scatenato. Decise di provare a risollevare il mondo, almeno il loro e almeno in quel momento. Sapeva di poterlo fare. Lasciò lavorare il silenzio per qualche minuto, quel silenzio che scalda e libera, magari proprio facendo cadere le prime grosse paure. Quelle più pericolose che oggi li tengono vicini ma con parole ostili, lontane dai progetti che ogni giorno, da anni, mettono in campo nel loro lavoro di insegnanti motivati, felici e sicuri dei loro investimenti.
– Questa sintonia mi disorienta un po’ e mi dispiace di aver provocato il tuo sfogo, anche se in realtà credo che avesse proprio bisogno di trovare una via d’uscita.
Intanto Gigi, che crede nel linguaggio diretto e lo conosce da vicino, ha preso le mani della sua amica, gliele ha strette con sentimento per dire a lei e soprattutto a se stesso che nulla è finito o si è spento: si è solo complicata un giornata senza sole.
– Certo non ci fermeremo qui,disse, dobbiamo e vogliamo continuare a darci da fare per trovare antidoti efficaci per proteggere qualche sogno, ridurre le fragilità e mettere all’angolo la violenza.
Tutti sappiamo che con quella non si può convivere e conosciamo sistemi efficaci e potenti per allontanare la tristezza.
– Ci sono altre parole che hanno cambiato faccia indossando un abito diverso che non è nuovo ed è pure malfatto. Sono purtroppo termini che noi amiamo molto e che rendono il nostro lavoro così importante e complicato. La società, come la scuola, non può credere di aver ragione di esistere senza palesare quotidianamente voci e realtà legate ai diritti, allo studio, al benessere, all’ambiente. Non solo abbiamo bisogno di respirare ma dobbiamo continuare ad arricchirci di conforto, libertà, rispetto, sapere, altruismo. Sembra che questi vocaboli, a stretto e lungo contatto con la paura, stiano soffocando anche chi amava inebriarsi d’aria pulita. Io certo avevo voglia di scaricare le tensioni più urgenti con te, che so essere una persona sensibile e saggia, ma poi pensavo che oggi ci saremmo lasciati solo dopo aver messo in atto qualche progetto che ci permetta di liberare ciò che serve per tornare a non vergognarci per la nostra appartenenza al genere umano.
Il silenzio successivo, in parte legato all’imbarazzo, si sarebbe interrotto solo quando si poteva cominciare ad elaborare qualcosa di fattibile. Con loro capitava così: poi avrebbero convinto e coinvolto altri colleghi e affascinato i ragazzi col loro entusiasmo. Perché credere in quello che si fa incoraggia e perché la loro passione era e sarebbe sempre stata vincente, anche quando si alzavano muri o li si accusava di essere solo dei grandi utopisti. Questo silenzio lo chiamavano costruttivo e non li aveva ancora delusi. Spesso veniva sostenuto dalla magia della natura e, ove possibile, dall’effetto benefico di qualche passo in libertà.
Gigi, che era rimasto seduto all’ombra di un frondoso platano, ad un tratto si alzò e cominciò a raccontare cosa avrebbero potuto fare nel progetto che aveva in mente. Dalla foga con cui parlava non sembrava più la persona angosciata e delusa ed anche il suo viso e l’energia del suo corpo esprimevano convinzione e capacità di vincere ogni ostacolo. Forse perché sapeva che non sarebbe stato solo.
-Faremo un progetto di teatro. Ho in mente da dove prendere i testi, ma ancora meglio se riusciremo a scriverli noi insieme ai nostri ragazzi. Dobbiamo parlarne subito coi colleghi che pensiamo possano aderire e cominciare. Perché il lavoro sarà lungo e complicato. I ragazzi saranno felici e stimolati perché ci dedicheremo ad attività che li riportano a stare insieme e a parlare di ciò che entra ogni momento nella loro vita: i sentimenti.
– Stai per caso dicendo di proporre loro un’analisi della paura? Che trovata meravigliosa! Non osavo lanciare l’idea, ma se ci hai pensato anche tu, allora, evviva!
-Partiamo dalla paura, canale di sfogo per odio e violenza e facciamo un viaggio per cambiare quel gergo, senza perdere il messaggio più ricco: l’umanità. Perché non può resistere un mondo in cui un abbraccio scatena l’inferno. Sarà una storia a lieto fine e troveremo venti che soffiano pace.
L’entusiasmo che li univa e li distingueva li abbracciò come meglio sapeva fare. A completare il quadro un nuovo silenzio li scortava mentre decidevano di rientrare: un silenzio di vera complicità ricco di vuoti che si riempivano di emozioni e congetture, tutte aperte al possibile.
Forse coperte pure da un soffio di illusione, ma forti della certezza che nessuno le potrà toccare e tanto meno demolire.