Premio Racconti nella Rete 2021″Un paio di occhiali” di Martina Antoci
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Dice che è scomparsa. Sì, in montagna. Se sia morta non si sa. Possibile.
L’ultima volta che l’ho vista tremava tutta che sembrava una gelatina, chissà su per i sentieri, in mezzo ai boschi.
Sarà caduta e ciao. Chi vuoi che la trovi su di là, con l’inverno alle porte.
Sì, era andata in Abruzzo, a casa sua, per il ponte dei Santi.
Sai che aveva il pallino della montagna e l’aria pulita, le camminate e raccogliere le piante medicinali, tutte quelle balle lì.
E già, fissata con l’inquinamento. Caldo da squagliarsi o freddo polare, sempre in bicicletta.
La vedevi arrivare tutta bardata che sembrava in procinto di scalare l’Everest, un fazzoletto davanti alla bocca, la bicicletta e pronti!
La legava ben bene e poi, prima di mettersi a lavorare c’impiegava una vita a togliersi tutti quegli strati, neanche un barbone ne ha addosso tanti.
Come dove lavorava? In biblioteca. A Settimo Milanese. E già. Da Cesano a Settimo, tutti i giorni avanti e indietro sempre in bici. L’auto: un peccato mortale. Che poi non so neppure se avesse la patente.
Strana era strana. O non parlava con nessuno o attaccava bottone e da scrollarsela di dosso era un lavoraccio. Giusto la cosa, la Grossi ci riusciva: due belle risposte secche come le foglie d’autunno e stop. Voltava le spalle e portava via il suo didietro.
Lei? Lei rimaneva lì come imbalsamata. Gli occhi spiritati, la bocca aperta. Se ne stava in piedi ferma qualche minuto e poi si rimetteva a fare il suo.
Lavorare, lavorava, oddio, come poteva. A volte bisognava intervenire a salvarla … i clienti, certi, l’avrebbero presa a badilate se avessero potuto. Solo per riconsegnare un libro c’impiegavano un’eternità.
E stava lì, con quelle due manine ossute che spuntavano dalle maniche lunghe lunghe di quei maglioncini color pigiamino da notte.
Prendeva il libro, se lo rigirava, lo guardava, annotava qualcosa su un blocco, cosa non so, poi si girava verso il vecchio schedario, perché non si sa, visto che è tutto a sistema … alla fine il malcapitato o perdeva la pazienza e la sommergeva d’insulti, allora intervenivamo noi, oppure, più saggiamente, girava i tacchi e usciva.
Finito il suo turno, riponeva le sue carabattole nello zaino, andava al bar di fronte alla biblioteca e sempre, sempre, ordinava un panino con bresaola, acqua frizzante e una camomilla. Sempre!
E’ capitato di trovarsi insieme e proporre, che so, una pizza, un piatto di pasta. No: panino con bresaola, acqua frizzante e camomilla. Un mantra.
Poi, che fosse primo pomeriggio o sera, dopo il pasto, cinema. Qualsiasi cosa trasmettessero, lei c’era.
Molte volte l’hanno trovata che dormiva. Sì, al momento della chiusura.
Pare soffrisse d’insonnia: dormiva quando le veniva sonno, così stanca da partire immediatamente ovunque si trovasse. Guarda mi ricordo un giorno, aveva il turno di mattina.
E’ arrivata al lavoro con una maglietta azzurrina a fiorellini bianchi e pantaloni identici. Ti dico, sembrava un pigiamino da bebè.
E i capelli! Tutti attorcigliati al centro della testa, fermati da un mollettone rosa … come se fosse uscita dalla doccia. Imbarazzante.
Poi il mese scorso è partita per l’Abruzzo e da allora, più niente.
Il fatto è che sarebbe dovuta andare a casa dai genitori, ma loro dicono di non averla vista.
Passata da casa è passata, perché in camera sua, sulla scrivania, si sono trovati i suoi occhiali.
No, non erano già lì, e poi sono quelli rosa, enormi, quelli nuovi che ha sfoggiato dopo l’estate. Ecco, appunto, vedi che capisci!
Se sono preoccupata? Insomma, non sono di ferro, un po’ sì, ma volendo essere pratici … per il lavoro non si sente tanto la differenza.
Le cose filano meglio senza che con lei. Almeno ci si dividono le mansioni e giù a sgobbare.
Sostituti? Non so bene come funzioni, ma fino a prova contraria mica si è trovato il corpo, quindi il posto è suo.
Già un gran bel pasticcio.
Speriamo la ritrovino presto, viva o anche morta, almeno in un modo o in un altro si può trovare una soluzione, diversamente sai che delirio per le ferie?
Dai vado. Alla prossima.
Mi piace molto il ritmo e la riproduzione del colloquiale, però è un incompleto (contenutisticamente) che stona.
Sono d’accordo con Michele Capitani sulla gradevolezza del ritmo e del dialogo. Secondo me, però, il racconto è compiuto. La scomparsa di una persona poco gradita perché non rientra in canoni prestabiliti suscita una cinica preoccupazione e un senso di liberazione. Brava Martina.
L’uso del dialogo funziona bene. L’essere umano sa essere molto cinico quando si tratta di problemi altrui.