Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Lupi” di Francesco Sindaco

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Mani deformate, solcate e nodose prendono una foto, offerta da mani bianche, lunghe e lisce. Silenzio.

«L’hai ammazzata?» ancora silenzio, poi l’Uomo annuisce, senza espressione.

«Sei stato in galera?» ancora sì con la testa. Silenzio.

Olmo si alza dal tavolo spostando indietro la sedia. Controlla il fuoco, poi gira la minestra nella pentola.

L’Uomo si versa altro vino nero.

Il giorno in cui Olmo incontrò l’Uomo, il sole si affaticava nella foschia serale, riusciva solo a lanciare ombre lunghe nel bosco di castagni e sulla terra ricoperta di foglie. L’Uomo era caduto a terra a fianco del sentiero scosceso, si scorgeva a malapena tra i rovi, vestito com’era di grigio e ruggine. Era prostrato, con la testa appoggiata al muschio, e da lontano sembrava immobile, ma la schiena sussultava piano. All’estremo opposto Olmo lo stava a guardare, in piedi fra due tronchi spezzati, appoggiato ad un bastone. L’unico suono era il fruscio del torrente più in basso, e un latrato lontano di cani. Olmo lo aiutò a rialzarsi, vide il viso disfatto di lacrime, non disse nulla.

A novembre la brina dell’alba non scompare durante il giorno, e scintilla bordando le foglie nelle brevi ore chiare, per poi ghiacciare ancora. L’Uomo passa ore intere a fissare una ragnatela brinata, ogni cristallo tramutarsi in goccia, e tornare cristallo. Gli occhi anch’essi vuoti come cristalli. Lui mangia pochi morsi di pane, beve molto vino, si spacca di lavoro dietro la cascina di Olmo. Ha già riempito di ciocchi la legnaia che basterà per tutto l’inverno. Ha ripulito il fienile dallo sterco e dal fango rappreso. Olmo lo osserva lavorare con la fronte aggrottata, un paio di volte ha dovuto tirarlo su da terra stremato. «Sembra che hai il diavolo a pungerti il culo» gli dice. L’Uomo non risponde mai. Olmo lo scruta gli gira intorno «Non mi piace che mi porti il diavolo in casa» aggiunge. Ma dopo altro silenzio stringe le spalle e torna dentro.

L’Uomo spesso non dorme. Si agita, urla poi si alza e vaga nella stanza del camino al buio. Olmo sente le assi scricchiolare e si rigira nel letto. Dopo qualche giorno si è abituato e non ci bada più. Quando poi si alza, prima dell’alba, spesso lo trova inginocchiato per terra, davanti ad un muro. Così, senza un crocifisso o una madonna, inginocchiato lì che guarda le pietre. Bevono un caffè e l’Uomo riprende colore, sorride anche talvolta, finchè il suo diavolo non comincia a pungerlo nuovamente, gli occhi gli si svuotano ed esce sbrigativo a spezzarsi la schiena in qualche modo. Olmo guarda la fotografia sul tavolo, che nessuno ha spostato. La donna abbraccia l’Uomo ma guarda dritta al fotografo, sorridendo con aria di sfida. Sembra esile ma anche forte e selvatica. E trionfante. E’ lei che conta, è lei il centro. Lui è solo un’ombra a lato. Intorno a loro un piccolo giardino con un colonnato, sarà una chiesa? Di certo giù in pianura, nelle città degli uomini. Olmo aggrotta le ciglia, scuote lentamente la testa. Poi ripone la foto sul tavolo.

Il pomeriggio è breve, i due uomini si inerpicano tra muretti a secco fino al recinto elettrificato, lo seguono controllandolo per quasi un chilometro, poi superano il costone roccioso che chiude il declivio fino al castagneto. Appena scavalcato il versante di roccia sentono un lamento straziato provenire dal fondo del bosco, verso la cascina. E’ un gemito prolungato che arriva ad ondate e a tratti sembra umano, di un bambino, poi si straccia in armoniche bestiali, ottuse, e si smorza in un’agonia balbettante. Poi silenzio per qualche secondo, infine ricomincia il bambino torturato.

Olmo bestemmia tra i denti scattando a correre, scivolando sul declivio di foglie, scavalcando rami, massi e tronchi caduti e stringendo il fucile davanti a sé come uno scudo.

Entra nel recinto poi nel fienile, che ha la rete di fil di ferro stortata in basso. Bestemmia ancora, molto più forte, finchè non la vede. Una pecora trascinata chissà come fuori dal suo recinto interno, con le zampe posteriori sbranate, ridotte a poltiglia sanguinolenta. A tratti alza il muso, e lancia il suo lamento senza speranza. Olmo bestemmia ancora, così forte da echeggiare nel fienile, e ancora e ancora.

Si volta verso l’angolo buio puntando il fucile «Ti ammazzo! Vieni fuori demonio TI AMMAZZO!!!» urla e si avvicina a piccoli passi. L’Uomo guarda fisso dal recinto senza entrare.

Improvvisamente una sagoma nerastra scatta fuori dall’ombra e si lancia verso la rete a velocità infernale, ringhiando sorda, con le zampe che quasi non toccano il terreno. Olmo spara e sobbalza all’indietro, inciampa e quasi cade tra gli attrezzi, mentre il lupo si incastra nel varco della rete scuotendosi istericamente e spingendo fino a sgusciare fuori. L’Uomo si appiattisce sul recinto, mentre il lupo gli passa accanto in un lampo, sempre ringhiando, e scompare tra i rovi.

Olmo si raddrizza con un lamento sordo, poi con passi strascicati si avvicina alla pecora, che ormai geme solo flebilmente, rovesciata su un fianco, provando ancora a respirare a scatti.

Olmo stringe gli occhi, trattiene il fiato e le spara alla testa. L’Uomo è entrato nel fienile. Le orme del lupo sul terriccio intersecano tracce di sangue. Olmo piange in silenzio, rattrappito nel suo giaccone.

Il retro della cascina si affaccia sulle colline, verso ovest. Olmo ha lastricato un piccolo spiazzo con pietre lisce e ci ha messo una panca per prendere il fresco di sera, in estate. Ora è autunno inoltrato, ma i due uomini siedono comunque là fuori quando non piove, infagottati di sciarpe e maglioni. La bruma serale cancella il fondovalle, sale lentamente in volute e isola oasi scure di pini e castagni. I profili delle colline sfumano in colori sempre più tenui con la distanza, e c’è un istante preciso in cui tutto è già spento e immobile, ma ancora perfettamente visibile fino all’infinito, è quello il confine, da lì ogni secondo in più che passa il mondo reale perde pezzi che sprofondano nell’astratto. E ciò che era solido e oggettivo diventa il palcoscenico della mente di ognuno, che lo riempie di maschere mostri ricordi .

L’Uomo cerca quell’istante ogni giorno «E’ un luogo benedetto» dice sottovoce. Olmo sbuffa, guardandosi il fiato ghiacciato «È l’Inferno». L’Uomo è sorpreso, lo guarda di sottecchi «Molti sceglierebbero di mollare tutto per vivere qui». Olmo si accende una sigaretta, fa un tiro, espira «Io non ho scelto nulla» schiarisce la voce «Mio padre mi ha cinghiato finchè non ho smesso di pensare» nel silenzio echeggia il latrato di un cane «Le bestie sono più uomini di me». L’Uomo annuisce lento. Si alza, batte le mani per scaldarsi «Per me è uguale».

Nei giorni l’Uomo si fa sempre più torvo e silenzioso. Ora non dorme affatto, cammina intorno al tavolo per l’intera notte. Poi crolla esausto per terra prima dell’alba. Mangia sempre meno, beve sempre di più. Ha smesso di lavorare, di giorno vaga nel bosco. Olmo lo trova oltre il recinto elettrificato, che scruta tra le foglie. L’Uomo lo nota, ma prosegue nel suo cammino, lento e curvo seguendo tracce invisibili. Poi una sera non torna alla cascina. Olmo scruta fuori dalle finestre, oltre il recinto nel buio del bosco e aldilà del costone, nel profondo della montagna. Esce nel gelo notturno, rabbrividendo al vento. Alza gli occhi, nuvole nere striano una luna quasi piena, che appare a sprazzi. L’Uomo non ha luce con sé, né sciarpa né berretto. Olmo si avvicina alla stalla, controlla che la spranga di legno sia salda e la rete intatta, poi si richiude in casa. Ma non si mette a letto, resta in piedi camminando intorno al tavolo, aggiunge ciocchi di legno nel camino. Scruta nel buio di tanto in tanto, invano. Ad un tratto sente un uggiolìo un lamento portato nella distanza, che cresce e cambia in ululato, smozzicato, ritmato poi rincarato da altri ululati in timbri e direzioni diverse. Olmo bestemmia, batte i piedi per terra «Stronzo!!! Figlio di una zoccola!!!» apre l’armadio afferra il fucile e in pochi istanti è fuori sotto la luna che corre verso il buio.

I castagni stormiscono come gabbiani, sbatacchiati in ogni direzione. Il bosco si dirada e lascia spazio a sassi e terra e rovi intrecciati. L’Uomo si china ansimante e si abbandona sul muschio. La luna è coperta ma la sua presenza incombe sulla radura. Una prima ombra nera si stacca dal buio alle spalle dell’Uomo. Poi un’altra, con un sordo ringhiare. Una terza risale dal dirupo, e il profilo di schiena irsuta e orecchie appuntite appare per un istante nella luce grigia. Un’ultima ombra si materializza di fronte all’Uomo come per magia, non appena una folata violenta nei cieli scopre la luna bianca. Uggiola fissando l’Uomo negli occhi, poi alza il muso e lancia un ululato stridente, subito echeggiato da altri, in ogni direzione. L’Uomo ha gli occhi brillanti, febbricitanti, drogati, sorride. Prende un profondo respiro, poi si sdraia sulla terra e spalanca le braccia a croce, fissando la luna sopra di sé. I lupi si avvicinano, gli sono ad un passo, ringhiano roteando il muso, fissando l’umano inerme con occhi inumani. Ne arrivano altri, l’Uomo sente un oceano di lupi attorno a sé, rilassa il corpo muscolo dopo muscolo, in attesa piena di gratitudine.

Ma poi nulla accade. I lupi gli girano intorno, annusandolo e latrando ma non lo toccano. E’ una danza arcaica che nessuno può vedere, mentre la sua pace diventa inquietudine e impazienza. Che succede ora? Rialza il capo e la schiena. I lupi si sono fermati e lo fissano da ogni lato, gli occhi rossi imperscrutabili nella luce innaturale della luna. Non ringhiano più, sono ad un palmo da lui agitando la testa e scrutandolo.

In quell’istante uno sparo frantuma l’incanto, e un grido umano ricopre la luna di nuvole nere «Bastardi! Diavoli! Maledetti!» i lupi scompaiono tutti e Olmo piomba nella radura, per poi arrestarsi di colpo. L’unico rumore resta il vento. L’Uomo lo guarda come senza vederlo, poi si prende la testa fra le mani, è preso da un brivido violento, si rannicchia poi si accascia di lato e scoppia in singhiozzi incessanti che non riesce a contenere, contorto a terra come un angelo dimenticato da Dio. Olmo si siede accanto a lui, appoggia il fucile al suolo. Il bosco non parla più, adesso tace anche il vento.

Ora scende la prima neve. Olmo incastra la spranga alla porta con il calcio del fucile, poi chiude il lucchetto a multipla mandata. L’Uomo è già sul sentiero, che fuma guardando verso valle. Le poche bestie rimaste, due sacche pesanti a tracolla per ciascuno. I due uomini si incamminano sul sentiero, che affonda tra gli alberi verso il villaggio a fondo valle, e poi più in là verso la pianura e le città degli uomini.

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3 commenti »

  1. Teso, evocativo, vivido nelle descrizioni, intenso. Complimenti!

  2. Un racconto che ti incolla alla lettura dall’inizio alla fine, descritto vividamente e intensamente. Molto bello, complimenti. C’è una continua dietro questa storia? Un prequel? Perché li leggerei volentieri entrambi.

  3. Grazie ad entrambi!!!!
    Riguardo la possibilità di un’estensione della storia (all’indietro o in avanti) ho scelto volutamente di lasciare in sospeso… anche perché l’artificio di scrivere tutto “dal di fuori” (cioè senza alcuna voce interiore) che ho usato in questo raccontino diventerebbe molto forzato in una storia più lunga.
    Ancora grazie!

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