Premio Racconti nella Rete 2021 “La Ferro…mia” di Virginia Cerrone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Mio nonno faceva il casellante e, nella nostra famiglia, vantiamo anche un macchinista. Insomma la ferrovia è nel mio DNA; non a caso è il mezzo di trasporto che preferisco e che trovo anche il più romantico.
Forse non avevo ancora un anno quando feci il mio primo lungo viaggio da Roma a Messina ed essendo accaduto più di sessanta anni fa, immagino un viaggio interminabile; oggi la situazione non è cambiata di molto, l’alta velocità è un tema che divide politicamente ma, qualcuno ha scritto che “Cristo si è fermato ad Eboli” e i treni veloci pure.
L’alta velocità l’ho provata da grande, del resto le esperienze importanti le ho fatte tutte tardi ed arrivare da Roma a Milano in meno di tre ore mi ha rassicurato sulla facilità di rivedere persone care. In questo caso mi piace la velocità.
Il treno mi ha portato spesso in vacanza e sono state percorrenze medio-lunghe. In altri casi ho viaggiato per lavoro e l’esperienza più divertente e poetica è stata un Roma-Milano su un treno vecchio stile che si chiamava “Arlecchino”. Era un treno interamente destinato a tutti noi dipendenti di un’azienda che, dalla sede di Roma dovevamo andare a Milano per la nostra convention. Ricordo un’alzataccia al mattino per raggiungere la stazione di Roma-Tiburtina; partiva da lì ma, che bello! E quante risate!
Devo dire che ho avuto l’opportunità di servirmi del treno quando ancora le persone erano solite parlare tra di loro ed ho memoria di viaggi piacevolissimi in compagnia di chi ci ha intrattenuto con barzellette deliziose e di chi ha intavolato discussioni che avevano un senso. Ora viviamo in un’epoca molto social, che ci sta rendendo sempre più “asocial”. Io, come il mio amatissimo scrittore Andrea Camilleri, ho la fortuna di non ritenermi contemporanea e quando viaggio in treno, quando non parlo con mio marito, che ha una passione per guardare dal finestrino, approfitto per leggere o per …scrivere!
Vivendo ad Anzio e lavorando a Roma, per un lungo periodo mi sono spostata in treno e ricordo dormite così profonde che, se non avessi avuto la cortesia dei compagni di viaggio che mi svegliavano, più di una volta, mi sarei ritrovata al posto di partenza. Erano gli anni ’90 ed il ricordo più bello che ho di quelle andate e ritorni è l’aver familiarizzato con i compagni di viaggio perché alla fine ci ritrovavamo sempre e, addirittura, tenevamo il posto per i ritardatari. Ricordo che venivano organizzate cene con tanto di menù concordato; sembra che io stia parlando di un secolo fa e, in ogni caso era il secolo scorso! Poi la situazione è precipitata negli smartphone e sembra che siamo ad un punto di non ritorno.
Il treno e …l’amore. Capita che l’amore abiti in una città diversa dalla nostra e, insieme alle difficoltà, questa situazione crea comunque appuntamenti cadenzati ed aspettative.
L’amore dell’età giovanile, quando vedi un futuro (fino a quando lo vedi!) ti stimola a fare tante cose. Se stai studiando e il tuo amore è lontano, per non pesare economicamente sulla famiglia, cerchi di lavorare per pagarti il viaggio e l’alloggio.
Quando sei giovane riesci a fare anche la cretinata di attraversare un binario. Anni ’80, stazione di Viareggio. Poco più che ventenne e con l’indolenza tipica dell’età, per non fare le scale che mi avrebbero portato al binario di partenza, appunto, pensai bene di attraversare lo stesso. Venni colta sul fatto dal capostazione che, senza diritto di replica mi intimò: “’Un s’azzardi mai più!” Mi volevo sotterrare. Va bene ma i miei vent’anni prevedevano qualche marachella e poi, come dicono in Toscana: “quando uno è innamorato gli’è grullo!” Il sospetto che avevo era diventata certezza.
Quando l’amore, negli anni della maturità, è lontano e, talvolta anche clandestino, il treno è uno dei migliori alleati. Non ci si pone il problema dell’acquistare il più costoso dei biglietti per partire nel momento che si decide di farlo e viaggiare di notte per non perdere la giornata e lo stesso al ritorno per essere al mattino sul posto di lavoro. Cosa non si fa per amore! Vedi paragrafo precedente. E siccome amare fa anche soffrire, a volte anche le lacrime sono compagne di viaggio e quando il viaggio è lungo è dura, molto dura ma io, giuro, non mi sono pentita, neanche per un istante.
Comunque, se è vero che il viaggio dà sapore alla destinazione, il momento più bello sono le stazioni a ridosso dell’arrivo.
Con il treno sono andata anche all’estero. Per i miei 35 anni mi sono regalata un viaggio sul famoso “Palatino” da Roma a Parigi. Un wagon lits dove ero con due signore: una inglese ed una francese. L’italiana ero io ma, mi spiace per chi legge, non aspettatevi la classica barzelletta. Che puntualità! Partenza da Roma Termini alle 18 e 45, arrivo alla Gare de Lyon alle ore 10. Miracolo? No, è la tradizione delle ferrovie francesi.
Ho un sogno legato al treno: un viaggio sull’Orient Express, possibilmente tornando viva!
Il risveglio più suggestivo avuto sul treno è stato di ritorno da Bari quando, interrompendo una delle mie dormite, mi sono ritrovata davanti alla Reggia di Caserta. Da rimanere senza fiato. Ma quanto è bella l’Italia!
Ad oggi il mio ultimo viaggio in treno, che già aveva una motivazione triste, è stato, in andata, una sorta di viaggio della speranza. Di partire. Stazione Termini di Roma. Più che treno direi: quel che resta del treno di un tempo. Eravamo nell’ultima carrozza di un vagone di cuccette con il portellone che non si riusciva a chiudere ed altri intoppi oltre ad una serie di rumori che ci hanno fatto compagnia fino a Catania. Un incubo corredato da una merendina, un succo di frutta ed una confezione di acqua minerale in scatola che trovarne di più cattive è impossibile. Poco male, in Sicilia ho ampiamente compensato! Già, la Sicilia. Il mio primo viaggio in treno, la terra dove mi sono sposata e dove torno sempre volentieri. Di origini siciliane da parte materna, probabilmente è il mio cinquanta per cento di richiamo della foresta!
Oltre che per l’avventura matrimoniale un viaggio in treno è stato il motivo di andare a vedere una partita di calcio che rimarrà scolpita nella mia mente e non solo per le tre pappine ricevute dalla mia squadra del cuore. Quando si dice: vedi Napoli e poi muori, la cosa ha un suo perché. Un gruppo misto di tifosi laziali e napoletani decidiamo di andare a vedere la partita allo stadio San Paolo quando il Napoli era di Maradona. Arrivati nel capoluogo partenopeo pensiamo subito di andare ad acquistare i biglietti che ci vengono venduti senza la possibilità di …raggiungere la biglietteria. Dobbiamo andare a pranzo prima della partita e veniamo notati da persone del luogo che si premurano di indicarci dove andare a mangiare e che non finiremo mai di ringraziare perché mangiamo benissimo pagando una cifra irrisoria. Le incontriamo di nuovo quando usciamo dal locale e ci chiedono se ci siamo trovati bene. E’ proprio vero: Napul’è mille culure. Poi lo stadio col suo tifo infernale. Perdiamo e torniamo a casa. Vedere una partita di calcio a Napoli e quel giorno Maradona non giocava, è davvero un’esperienza unica.
Oggi non riuscirei più a sopportare quel frastuono. Amo il silenzio. Mi tiene compagnia, mi aiuta a pensare. C’è solo un rumore per il quale potrei derogare. E’ quello del treno. Al treno assimilo il concetto di speranza e, sì, se la speranza avesse un rumore, per me, sarebbe quello del treno.