Premio Racconti nella Rete 2021 “La vita di Michele” di Michele Baglini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Dopo ogni nebbia, nella bassa Val di Serchio, pioveva.
Anche quella sera il tempo si era messo a brutto. Grandi nuvoloni neri si ammassarono e il buio scese lesto. L’aria gonfia di umidità non faceva sperare nulla di buono.
Tanto fece che la notte piovve.
Concetta, come ogni mattina, si avvicinò alla finestra. Pioveva ancora. A quell’ora la via dei Ponti era molto transitata. Prima passavano gli operai diretti a Pisa, poi quelli della zona industriale di Migliarino e per ultime le operaie incaricate alla raccolta giornaliera delle verdure, prevalentemente spinaci. Concetta appoggiava la fronte ai vetri per osservare attentamente quest’ultimo passaggio. Le spinaciaie, così si potevano anche chiamare, erano ingoffate sotto enormi mantelli impermeabili, fino a sfigurarsi. Le biciclette sembravano spinte da un cumulo di forza informe. Silenziose, quasi sottomesse a un volere misterioso, sparivano come fagocitate dallo scuro orizzonte. Di loro aveva compassione.
Lei non sapeva cosa fosse quel lavoro, ma la sua sensibilità le faceva intuire i sacrifici di quelle persone che riteneva condannate, come avessero la sua stessa malattia.
Si, da più di quindici anni la peggiore forma di artrite reumatoide l’aveva costretta in casa. Non era mai riuscita a rassegnarsi e in quelle cupe giornate avvertiva di più il peso della sua condizione. I vetri piangevano e tutto fuori era morto. Le pareva di specchiarsi in se stessa. Da sempre avrebbe avuto voglia di passeggiare, di vedere gente, di amore e in particolare di dimostrare il suo valore, ma non ne aveva avuto l’occasione. A trentacinque anni era già in quelle condizioni.
Dopo questa sua distrazione si era poi accomodata in poltrona ad aspettare Adele. L’unica amica che riuscisse a capirla e consolarla.
Adele non aveva un orario preciso. Spesso l’attesa era lunga e c’era anche la possibilità che non venisse. Quei momenti erano i peggiori. Riaffiorava il suo atteggiamento di rifiuto nei confronti della realtà, in cui era costretta, in quanto l’aveva sempre vissuta come un’ingiustizia.
Era convinta che non ci fosse una attenta ripartizione del bene e del male e che non fosse necessario comportarsi bene per meritare il bene. E’ strano, pensava, ci viene data la vita e poi essa giorno dopo giorno ti uccide con dolori, rinunce, tragedie, tormenti e disgrazie di ogni genere. Perché?
Non volle insistere su questi pensieri. Si portò allora davanti allo specchio e si ravviò i capelli. Un’operazione che richiedeva pochissimo tempo perché non sopportava di vedersi. La pelle olivastra, le borse grigie sotto gli occhi e le evidenti rughe sulla fronte avevano trasformato la Concetta di qualche anno prima, di quando il futuro, per lei, era ancora attesa e speranza, di quando aveva desideri e scopi, insomma di quando era felice. Poi la malattia, improvvisa e devastante. Da subito capì che non si sarebbe potuto fare molto.
In quel momento sentì suonare il campanello della porta!