Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Rinaldi” di Antonio Marco Miotti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Rinaldi era nel proprio studio a leggersi la posta.

Alle 16.30 lo chiamò l’infermiera del settore B1:  «Dottore, c’è da constatare un decesso. Letto 112.»

Il  Dr. Rinaldi si avviò verso la corsia.

“Callegari Armando, 19/04/27. Scompenso cardiaco in paziente diabetico. Quadro clinico grave. Famiglia a conoscenza”. La cartella del malato gli forniva queste informazioni, risalenti al giro medico effettuato dai colleghi in mattinata, nonchè al verbale d’ingresso del giorno prima.

Callegari Armando, letto 112.

Dentro alla stanza c’erano un paio di congiunti dell’infermo, che fece accomodare fuori.

Callegari Armando. Mai visto in vita sua. Mai sentito nominare fino a quattro minuti prima. In poche parole, faceva la conoscenza del Sig. Callegari in occasione del suo trapasso.  Bel modo di rapportarsi ad una persona. 

Lo guardò in volto: sembrava sereno. Gli appoggiò il fonendoscopio sul cuore: nessun segno di attività cardiaca. Riflesso corneale negativo [per verificare il riflesso corneale di un paziente, gli si tocca “il bianco dell’occhio” con una garza o un dito guantato: se il soggetto non ti bestemmia dietro, né si muove, significa che è morto. E l’uomo al 112 lo era].

Come altre volte, il giovane medico si chiese se l’anima, lo spirito etc. del defunto fossero ancora lì. Dopo tutto, il fatto era appena accaduto. Che Armando Callegari si stesse vedendo “da fuori” ?  E in tal caso, cosa diceva di questo sconosciuto in camice bianco che era venuto ad importunare il suo fresco sonno ? 

Ma poteva anche darsi che, nell’atto di venire in stanza dal proprio studio, egli stesso avesse incrociato la novella anima del paziente mentre veniva trascinata dalla Morte lungo il corridoio. D’altronde, quella gira indisturbata con la propria falce, arriva, fa quello che deve fare, e poi se ne va.

“Armando, non ti conosco. Non so che tipo di esistenza tu abbia condotto. Anzi, scusami se ti dò del tu, ma mi viene spontaneo così… Sei stato felice ?  Hai vissuto intensamente ?  Mah. Non sono nemmeno sicuro di dove tu stia andando. Certo, mi piace pensare che ci sia un “Aldilà” ad attenderti. Sarebbe senz’altro un bene per te, poiché in quel caso finiresti per ricongiungerti ai tuoi cari. Vedresti i tuoi genitori e tutte quelle persone che ti hanno preceduto in questo viaggio finale. Dai, dev’essere così ! Che senso avrebbe, altrimenti, lasciare un posto di merda come questo a favore di un “non-posto” ?  Sì, Armando, vai tranquillo che il Paradiso ti aspetta. E senti un po’: quando arrivi lì, fammi il piacere di salutarmi mia mamma, mio nonno, e Luca. Dì loro che mi mancano tanto. In fine, nel caso ti avanzasse tempo, potresti recare i miei omaggi anche al Sig. John Lennon… Ciao Armando. Buon viaggio “. 

Gli strinse lievemente il braccio, e poi lasciò la camera.

All’ esterno lo attendevano i parenti.

«Signori, purtroppo ho constatato il decesso del Signor Callegari. So che vi era già stata segnalata la gravità della situazione. Da quel che posso capire, non credo che abbia sofferto. Vi faccio le mie condoglianze, anche a nome del reparto » .

Questa era la formula che utilizzava più o meno con tutti, salvo piccole varianti dettate dalle circostanze. E la pronunciava sempre in modo sincero. Ma quante volte si era fermato con i vari familiari oltre il termine di quelle e poche altre parole ?

MAI. C’era sempre un altro malato da andare a vedere, una terapia da aggiornare, un emocromo da visionare, una consulenza da richiedere, una radiografia da sollecitare.

E nelle rare volte in cui non lo attendevano siffatte incombenze, allora era il turno della stanchezza, dell’imbarazzo o della frustrazione.

Rinaldi aveva salvato tante vite, e come lui i suoi colleghi. 

Però non si poteva salvarli tutti.

La Morte pretende infatti la propria parte.

VENTIDUE ANNI DOPO .

Rinaldi era nel proprio studio a leggersi la posta elettronica.

Alle 16.30 lo chiamò l’infermiera del settore B1: «Dottore, c’è da constatare un decesso. Letto 112 » .

“Zanovello Bruno, 03/10/42. Stato settico, insufficienza respiratoria e disionemia in paziente epilettico con neoplasia pancreatica metastatizzata (fegato, vertebre, linfonodi). Quadro clinico grave. Famiglia a conoscenza”. La cartella informatizzata del malato metteva in evidenza queste informazioni , risalenti al giro medico effettuato dai colleghi in mattinata, e al verbale d’ingresso del giorno prima.

Zanovello Bruno, letto 112.

Il Dr. Rinaldi si avviò verso la corsia.

A metà strada tornò indietro perchè aveva dimenticato gli occhiali.

Giunto in stanza, fece accomodare fuori i congiunti dell’infermo.

Zanovello Bruno. Mai visto in vita sua. Mai sentito nominare fino a sette minuti prima.

In poche parole, faceva la conoscenza del Sig. Zanovello in occasione del suo trapasso. 

“Porca troia, non poteva morire due ore fa quando c’era anche De Faveri ? “.

Lo guardò in volto: era consumato da mesi, o forse anni, di sofferenze.

Gli appoggiò il fonendoscopio sul cuore: nessun segno di attività cardiaca. Riflesso corneale negativo. Un tempo, di fronte a simili circostanze, il medico si sarebbe lasciato andare ad alcune riflessioni inerenti al mistero della morte. Ma adesso pensava solamente che alle 20.45 era atteso per cena a casa di suo cognato.

Rivolse comunque tra sè e sè un fugace saluto al morto.

All’esterno lo attendevano i parenti.

«Signori, purtoppo ho constatato il decesso del Signor Zanovello. So che vi era già stata segnalata la gravità della situazione. Sentite condoglianze».

Tornato in studio, si mise a sistemare alcune carte.

D’improvviso, sentì una fitta al braccio sinistro, irradiatasi subito dopo al petto.

Alle 21.00, Rinaldi fu trovato a terra dall’infermiera del B1, insospettitasi perchè non rispondeva al cicalino.

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