Premio Racconti nella Rete 2021 “Fermo posta” di Laura Latorre
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Un giorno, lessi un articolo su un giornale, nel quale si sottolineava la forza delle donne e della loro capacità di reinventarsi, di rialzarsi dopo le delusioni e della loro inesauribile forza. Sì, pensai, ma quanta fatica nel farlo.
Pensai a me, alla mia vita, anzi alle mie vite.
La prima, la più dolorosa, dominata dalla violenza e dalla voglia di farla finita; poi il momento di stacco, il periodo che io chiamo “ la lunga apnea”, fino alla lenta risalita.
Infine la luce, l’amore e gli occhi felici.
Decisi di portare a testimonianza il momento della mia vita in cui impegno e anche un pizzico di fortuna riuscirono a portarmi fuori dal baratro per riprendere a respirare a pieni polmoni.
Scrissi al giornale.
FERMO POSTA
Dopo una separazione non sai proprio da dove cominciare.
Io mi sono ritrovata senza una casa, senza un lavoro e con due bambini da mantenere. Non ricordo quasi nulla di quell’anno;
per necessità mi ritrasferì dai miei, per cui cambiai pure città.
Intorno a me vedevo solo il buio e ogni tanto ne venivo fuori, esclusivamente quanto sentivo i miei figli chiamarmi: -Mamma.!
Sentivo dentro di me che dovevo riprendere in mano la mia vita e cercare di offrire ai miei figli un futuro migliore. Certo non era per niente facile, avevo il conto corrente in rosso, in più le rate di un prestito chiesto in precedenza, da saldare mese mese e ciliegina sulla torta altri debiti contratti dal mio ex che dovevano essere pagati.
Ma dopo tanto scoramento, la fortuna venne a bussare pure alla mia porta: arrivò sul mio conto un bel gruzzoletto ( arretrati della mia ultima maternità). Con qualche soldino in tasca mi potevo permettere anche di fare dei regalini ai miei bambini!
Spinta dal buonumore iniziai a cercare un lavoro, un lavoro qualsiasi pur di uscire da casa e cambiare le cose. Inizialmente accettai di tutto: baby-bitter, aiuto compiti, lavorai in un call-center e feci pure volantinaggio. Sapevo benissimo che quello era solo il mio punto di partenza o meglio di ripresa.
La svolta avvenne un pomeriggio mentre parlavo al telefono con una mia carissima amica, che conosceva tutta la mia storia; lei mi incoraggiò a riprendere gli studi per conseguire una specializzazione; in fondo avevo già in tasca l’abilitazione per l’insegnamento. In quel modo avrei avuto più possibilità di riprendere ciò che avevo sempre amato fare ovvero insegnare!
Quell’anno finalmente avrei potuto inserirmi nelle graduatorie della mia nuova città e mi iscrissi al corso per la specializzazione.
Fu molto dura. Uscivo da casa alle 6 e rientravo alle 20.
I miei figli li sentivo al telfono nella pausa, dopo aver finito le mie ore di servizio a scuola e nell’attesa di prendere parte al corso. Così mentre mangiavo velocemente un panino, mia figlia mi raccontava della sua giornata a scuola, invece il piccolino si accontentava di ascoltare qualche parolina coccolosa. Ancora oggi si ricorda di quel periodo e mi dice: – Non c’eri mai.
Anche io stavo malissimo, perché li vivevo troppo poco; quando tornavo a casa, controllavo i quaderni della mia bambina e dopo averli sbaciucchiati un po’ , crollavo con loro nel lettone. Sfinita.
Un anno trascorse così; dopo aver superato la specializzazione ecco che tornò puntuale la mia amica a contattarmi.
Le raccontai com’era andata e che speravo in qualcosa di meglio per l’anno successivo. A dire il vero, io speravo nell’assegnazione del ruolo, perché così avrei potuto avere per lo meno una certa tranquillità economica per noi tre. Speravo di poter prendere un piccolo appartamento e vivere noi , insieme. Volevo rendermi indipendente.
Certo le possibilità erano pochissime, chissà quanto avrei dovuto aspettare ancora. La mia amica allora mi suggerì di inserire il nuovo titolo acquisito nelle graduatorie dove ero già vincitrice di concorso.
Purtroppo però, quando quasi 10 anni prima avevo superato il concorso ed ero ancora libera da ogni vincolo, avevo scelto di svolgerlo in una regione che da sempre mi aveva affascinata ma distante da dove vivevo ora ben 800 km!
Ero molto contrariata e combattuta dalla proposta. Non ce l’avrei mai fatta, qualora fossi stata chiamata, a trasferirmi con due bambini in una città sconosciuta. Da sola poi. Era un’idea folle. Impossibile.
Non ne feci nulla del suo consiglio, anche se le avevo promesso che ci avrei pensato un pochino; mentì, così essendo giugno me ne andai con i miei alla casa al mare. A distanza di pochi giorni la mia amica mi ricontattò e mi chiese se avevo fatto quanto mi aveva suggerito. Non le mentì questa volta e le dissi la verità
Lei si infuriò ma al tempo stesso ripartì alla carica cercando di convincermi e mi disse: -Ti prego, fallo per me. Se ti dovessero chiamare, puoi sempre dire di no. Non perdere questa occasione.-
Subito dopo quella telefonata , non avendo un PC con me, presi carta e penna e scrissi la richiesta per l’inserimento nelle graduatorie allegando poi tutti i titoli. L’ultimo giorno utile per l’invio della domanda, lo effettuai .
Tornai al mare e ai miei bambini godendo di loro, dei loro abbracci e risate. Sono sempre stati i miei figli la mia grande forza. Mi sentivo in colpa per averli messi in quella posizione ma sapevo che era mio dovere dare loro il meglio e garantirgli soprattutto serenità. Il mio obiettivo mi dava coraggio. Avevo bisogno di un riscatto morale.
Quel giorno d’estate, quello della chiamata me lo ricordo ancora. Ero al mare con i miei figli , ad un certo punto il tempo improvvisamente cambiò; il cielo divenne cupo e si alzò il vento. Uscimmo tutti dall’acqua e come sempre presi il telefono per controllare se qualcuno mi avesse chiamata. Ne trovai una che, considerando il prefisso non lasciava nessuna ombra di dubbio della sua provenienza. Non richiamai. Pensai: “Richiameranno”.
Tornammo a casa, scoppiò un forte temporale. Il vento soffiò così violentemente da far cascare alcuni rami dei nostri pini. Pranzammo dentro, in casa e non in veranda.
Guadai il telefono, niente, nessuna chiamata.
Boh, pensai. Dopo poco, il telefono squillò, era mia sorella.
Restai impietrita quando mi comunicò che era arrivato a casa, al paese, un telegramma con cui venivo convocata per la nomina a ruolo. Non potevo crederci. Non poteva essere. A quel punto chiamai quel numero e chiesi conferma di quanto scritto nel telegramma e domandai se fosse necessaria la mia presenza e soprattutto se realmente rientrassi nel numero degli immessi al ruolo. La voce dall’altra parte del telefono un po’ seccata, mi disse: – Signora, i posti sono 40 e lei è 16° in graduatoria, quindi rientra eccome!
Restai impalata. Piansi , tanto. Cosa dovevo fare? Come avrei potuto farcela? Quanti dubbi, pensieri, lacrime e voglia di dire: -No, io lascio stare-. Ma poi, me lo sarei perdonato? Avere finalmente la sicurezza di un lavoro e buttarla così al vento? Sembrava un sogno, ma un brutto sogno. Avrei dovuto piangere di gioia, invece erano amare le mie lacrime.
Poi però capì che era il momento di riprendere in mano la mia vita e mi dissi che non potevo perdere quel treno. Tutto si sarebbe sistemato in qualche modo; i miei sarebbero potuti salire con me e aiutarmi con i bambini oppure avrei potuto lasciare i piccoli con loro per poi sperare in un trasferimento l’anno successivo. Insomma una soluzione si sarebbe trovata. Ero ancora lì e già sentivo che mi sarebbero mancati da morire i miei figli, un nodo mi si strinse in gola.
Infine, DECISI .
Con le lacrime agli occhi e il cuore in gola salì su quel treno , ma mai mi sarei sognata che quel treno su cui ero salita con una valigia piena di speranze e tanta tristezza l’avrei riportata piena di serenità e soprattutto amore. Sì , perché lì oltre ad ottenere la sospirata indipendenza economica tale da poter garantire un futuro ai miei figli, a riacquistare fiducia in me stessa e a svolgere il lavoro da me sempre sognato, trovai anche l’amore di un uomo che ho sempre sognato di avere accanto.
Ma questa è un’altra storia.