Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Memoria di quattro generazioni per bene” di Elisabetta Spanu

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Lottavo coi miei stessi occhi per non cadere addormentata.

Dovevo stare vigile, concentrarmi e arrivare a destinazione. Solo a quel punto avrei avuto tutto il tempo di riposare e di sognare, ma ora dovevo andare, bruciare spazi senza possibilità di scelta. Toccava a me salvare la mia famiglia. Che responsabilità, chissà perché proprio io?!

Pensavo a mia madre, a mia nonna e a mia bisnonna, avevano faticato tanto perché  potessi intraprendere il viaggio. Senza di loro sarebbe stato impossibile: mi avevano donato forza e leggerezza, e una memoria longeva.

“Sarà solo il tempo di un battito d’ ali e sarai dall’altra parte del confine”.

Mancavano ancora tanti chilometri per quel confine, e noi eravamo troppe. Ci muovevamo in massa, accalcate, stanche.

Mi si chiudevano gli occhi e li sbattevo, cercavo di ricordare per non dormire. Rivedevo mia bisnonna che aveva cominciato quel lungo viaggio, quando eravamo ancora al sud ed io ero solo una promessa. E poi mia nonna e mia mamma che si erano spostate sempre più a nord, confidando in me, colei che non avrebbe perso la rotta, che sarebbe arrivata a destinazione. La memoria di un lungo viaggio incisa nei geni.

Quattro generazioni per bene nel tempo di una migrazione.

Ora vedevo il confine, quel confine doloroso tra Messico e Stati Uniti e mi sembrava di perdere la rotta. Pesante e senza leggerezza temevo di perdere l’equilibrio da un momento all’altro e di essere calpestata, di sfracellarmi contro quel muro d’ odio. Guardavo le mie compagne di viaggio: non ce l’avremmo mai fatta. In tante, prima di me, non erano arrivate.

Ho guardato il sole, pensando che fosse l’ultima volta, nella speranza che nessuno mi notasse. Invisibile. E proprio nel momento in cui ho pensato che mai ce l’avrei fatta e che sarei morta tradendo la mia memoria, un sestante ancestrale  mi ha guidato verso uno spazio più libero, verso sud. C’era un varco, l’ ho attraversato…

… sentivo voci e canti in lontananza e, finalmente, li ho visti: ballavano tutti, anche gli anziani, ballavano i pescatori con le torce sui battelli e non si capiva più chi fosse vivo e chi fosse morto, tutti uniti in una gioia di vivere, con la cara morte che ricordava la pienezza dell’esistenza e l’importanza di ritrovarne il senso.

Ero arrivata in Michoacán, proprio il due di novembre, quando tutti i messicani aspettavano gli spiriti dei loro cari sulle ali delle farfalle. Io ero una di quelle, una della quarta generazione: una farfalla Monarca che aveva compiuto il viaggio al contrario, una di quelle farfalle di cui non si conosce neppure l’esistenza… e la disperata fatica di migrare. Cinquemila chilometri dal Canada al Messico, due mesi di volo per rientrare a destinazione.

La memoria di quattro generazioni di migranti ancora intatta. Non l’avevo persa. Mi aveva tenuto in equilibrio.

Il Santuario mi aspettava, avrei potuto riposare in pace e rendere omaggio a tutte quelle morti sul confine. Farfalle sfracellatesi inutilmente contro un muro d’ odio.

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4 commenti »

  1. Davvero bellissimo, complimenti !!

  2. Veramente molto bello e ben scritto! Complimenti

  3. Grazie! Sono contenta, ma devo capire meglio come usare questa rete

  4. Complimenti, poetico ed evocativo.

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