Premio Racconti nella Rete 2021 “Anch’io, nel mio piccolo, brindo” di Leonardo Schiavone (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Che giornata magnifica. Non si sta poi così male al sole di Capodanno!
Ho il privilegio di vivere nel giardino dei Frati Cappuccini e amo restarmene qui in fondo, su questo terrazzino panoramico, dove qualche bambino si spinge talvolta a fare merenda. Quando i bambini se ne vanno, arrivo io.
Le briciole di pane che odorano ancora di mortadella sono quelle che più mi fanno impazzire. Questa che ho tra le zampette è fresca di giornata e non smetterei mai di rosicchiarla, per nulla al mondo. Uhm, che squisitezza! E pensare che tante mie compagne più adulte disprezzano ostinatamente gli umani, dipingendoli come pericolosissimi buoni a nulla. Che sciocchezza, roba da non credere. Almeno fino a un momento fa, perché adesso, adesso… Adesso sto tremando di paura.
Ho l’orecchio bene appoggiato a terra e sento dei passi che si avvicinano sempre più cadenzati.
Questo fraticello io l’ho già visto ieri, più o meno all’ora del tramonto, quando sgranava il rosario e pregava seduto sulla panchina. Ero arrampicata sul muretto, ma non l’ho degnato neppure di uno sguardo o di un sorriso. Non vorrei che l’avesse presa male, perché si approssima con decisione e incede sempre più rumorosamente. Però oggi sono ben distante dal muretto di cinta, non farei in tempo a raggiungerlo. Dove scappo? Qui è tutto terribilmente liscio, neppure una fossetta su cui poter contare. Ho un brutto presentimento… quest’anno non poteva cominciare peggio di così.
Eccolo. Adesso è solo a un passo da me. La prossima pedata potrebbe essere quella fatale, quella che mette fine per sempre a tutte le briciole della mia esistenza.
Mi volto sulla schiena. Che spavento! Che spavento! Agito le zampine convulsamente in un ultimo, inutile, disperato tentativo di difesa.
Guardo in alto. Verso il cielo. Lo vedo oscurarsi sempre più. Il tempo si dilata all’inverosimile e con l’orrore che mi scava gli occhi scorgo la suola di un sandalo che si avvicina, si avvicina, si avvicina lentamente. Ora il piede è appoggiato sul tacco e plana minacciosamente verso me, millimetro dopo millimetro. Da qua sotto, osservo la suola in tutta la sua devastante potenza, mentre mi sta calando addosso inesorabilmente.
E’ larga. E’ lunga. E’ orrenda. Penso che non mi darà scampo. E’ tempestata di terra, di pietruzze, di erba. C’è persino un rametto secco infilato nel tacco.
Sono terrorizzata da questo piedone che sta per schiacciarmi e da tutto il peso che tra un attimo si abbatterà sul mio esile corpicino.
Porto le zampe anteriori davanti agli occhi sbarrati, per coprirli e non guardare più. Trattengo il fiato in attesa del peggio. Le urla mi si strozzano in gola. Riapro per un attimo gli occhi e l’ultima cosa che vedo è un gigantesco numero “quarantaquattro”. Allora li chiudo di nuovo. Mi lecco le labbra riassaporando il gusto della mortadella e ripeto come un mantra “tacco o suola, tacco o suola, tacco o suola…”. Poi il buio completo. Poi ancora il buio, buio, buio e poi… Poi apro gli occhi lacrimanti e rivedo il sole, mentre odo i sandaloni che si allontanano da me.
Per questa volta, il Dio delle Formiche mi ha voluta salva. Fortunosamente, sono capitata nella piccola insenatura fra tacco e suola. La dannata ciabattona mi ha risparmiata!
Ora, il frate è seduto sulla panchina proprio di fronte a me. Lo sbircio mentre sono ancora tutta rannicchiata, tremebonda per la fifa. Ha la lunga barba bianca rivolta al sole, la bocca semiaperta e un’espressione trasognante. Le sue gambe, nascoste dal saio, sono ben distese e mostrano le orribili appendici in cuoio, allineate, coi talloni poggiati a terra, in tutta la loro cruda pericolosità. Che incubo vedere quelle due micidiali armi al sole. Chissà quante ne hanno già pestate di formichine come me!
Credo che mi allontanerò di qua in fretta e furia per cercare qualche goccia d’acqua sui petali d’erba. Voglio proprio brindare alla tragedia scampata. Dopotutto è Capodanno.
Simpatica rappresentazione di un punto di vista che ignoriamo quotidianamente.
Davvero originale. Nella sua leggerezza riesce anche a mettere quel pizzico di tensione.
Bello!
Ma che storia deliziosa! Un ritmo e una capacità di rendere visibile la scena davvero encomiabile. Grazie per questi dieci minuti di leggerezza! Molto molto bravo, complimenti.
Bello l’effetto di straniamento di questo racconto. Un efficace stimolo – significativo per i bambini e, non meno, per gli adulti – ad assumere i punti di vista di quelle creature che il più delle volte l’uomo non degna neppure di un pensiero.
Bravo Leonardo.
Gradevolissimo il tuo racconto.
Suppongo che la formica debba la propria sopravvivenza alla imperfetta sobrietà del frate che, nonostante l’altezza rilevante suggerita dalla misura 44, forse per avvicinarsi di più a Dio, calza un modello di sandali dotato di tacco.
Comunque sia, mi unisco al brindisi della formichina.
La leggi tutta d’un fiato e trasmette emozioni,molto carina Bravo!
Racconto molto carino e anche educativo: tutta la natura va rispettata anche quella ” invisibile”!!Bravo!
Una storia divertente e piena di ritmo!!
Grazie a Fabio e a Monica per i commenti pertinenti e generosi.
L’avevo scritto un anno e mezzo fa. A pensarci ora, ci stava bene un pizzico di suspence in più, del tipo… il fraticello si ferma a raccogliere una pigna caduta a terra e finge per un attimo di tornare indietro, ridando un temporaneo barlume di speranza alla formichina atterrita…
È sempre così, non si finisce mai di voler aggiustare ulteriormente e si smette solo quando si comincia a scrivere qualcosa di nuovo. Chissà se capita solo a me.
…e, naturalmente, grazie a tutti gli altri che si sono aggiunti mentre scrivevo quanto sopra (^_^)
Molto delicato il parlato dell’animaletto e fino all’ultimo non si capisce che animale sia!
Complimenti
Quanta delicatezza e dolcezza in questo racconto! Complimenti!