Premio Racconti nella Rete 2021 “Cresciuti coi lupi” di Giovanna Pellegrini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021La casetta di pietra, isolata dalle altre abitazioni del piccolo paese, si trovava nella selva di castagni a metà di una collinetta; l’entrata dava su un’aia dove era cresciuto un grande lauro che regalava grappoli di frutti neri e procurava una piacevole ombra in estate. Dietro la casa c’erano sei “porche”, campi ricavati dal terrazzamento della collina, dove la famiglia coltivava patate, segale e grano. In cima ad ogni poggio c’era un filare di viti “Clinton” con la cui uva veniva fatto un vino rosso leggero, dal gusto un po’ asprigno.Lì viveva una famigliola di quattro persone: Luigi, sua moglie Rosa e due figlioletti, Fedele e Leopoldo, chiamato Poldo.
In una giornata di primavera , verso la fine del XIX secolo, tirava un venticello fresco che muoveva le tenere foglie dei castagni e delle querce, quando Luigi udì dei guaiti provenire dal bosco poco lontano; si avvicinò e con sua grande sorpresa scorse un lupacchiotto rannicchiato sotto un grosso cespuglio di ginestre. Capì subito che l’animale doveva essersi ferito perchè guaiva debolmente e non riusciva ad alzarsi sulle zampe. L’uomo così lo prese tra le braccia, proprio come fosse stato un bambino, e se lo portò a casa.
Fedele e Leopoldo, eccitati e incuriositi dal nuovo arrivato, si adoperarono per procurargli del cibo che l’animale affamato divorò. Fu così che il cucciolo di lupo divenne il compagno di giochi dei due fratellini che seguiva ovunque andassero: nelle loro scorribande nei prati, nella selva a raccogliere legna, alla polla a prendere l’acqua. Passarono alcuni mesi, l’estate era ormai finita e l’autunno aveva portato abbondanti piogge e anche i primi fiocchi di neve. In una fredda giornata di novembre, spazzata da un vento gelido, che faceva turbinare le ultime foglie, si udirono degli ululati provenire dal bosco in cima alla collina: era il richiamo dei lupi! Il lupacchiotto drizzò gli orecchi e rimase immobile per un po’, poi riconosciuto quel richiamo si diresse correndo verso la cima e pare che da quel giorno non fu più visto. I due bambini soffrirono per la perdita del loro compagno di giochi, ma poi lentamente si rassegnarono con l’aiuto dei genitori che li convinsero che un lupo una volta adulto non può vivere con l’uomo , ma deve seguire il suo branco.
Ed i bambini? Direte voi. Fedele da grande sposò mia nonna Graziosa e con lei emigrò in Germania ad esercitare il suo mestiere di figurinaio. Rientrarono in Italia con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale nel 1915 e si stabilirono in una vecchia abitazione, “Al Solco”; da lì poi, finita la guerra, girarono per l’Italia come figurinai con i figli al seguito. Poldo, suo fratello era rimasto da solo “Al Fontana” da quando i genitori erano morti e Fedele aveva messo su famiglia. Non aveva mai preso moglie ed era di carattere molto schivo.
Un giorno che io e mia sorella eravamo nella selva alla ricerca di funghi, Poldo ci invitò a mangiare un minestrina in brodo con lui, minestrina cotta nel paiolino attaccato sopra il fuoco: la minestra non fu un granchè, ma apprezzammo la sua gentilezza. Morì nella notte di Natale, in solitudine come era sempre vissuto. Nostra madre sapeva che non stava bene e la mattina di Natale si recò a fargli visita, ma lo trovò nel suo letto ormai senza vita. Lui che aveva giocato col lupo e come un lupo era vissuto senza volersi mescolare troppo con gli uomini.