Premio Racconti nella Rete 2021 “Cavalli bianchi” di Giulia Mattiello
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Lucio alza la testa dal libro e guarda Nina. Nina continua a scrivere. Nemmeno ha notato che Lucio ha alzato la testa dal libro. Nina è concentrata sui compiti. Il dovere prima di tutto.
Lucio fa una smorfia. È proprio insopportabile quando fa così. Quel suo impegno al cento per cento lo snerva. Lo fa sentire inadeguato. Sempre un passo indietro. Mai abbastanza. Allunga il braccio sul tavolo fino a toccarle l’avambraccio con la penna. La punzecchia così finché Nina non reagisce.
– Lasciami in pace. Sto finendo. – Dice Nina infastidita.
– Ti va di vedere i cavalli bianchi? – Domanda Lucio.
Nina smette di scrivere e alza la testa. Come fa a saperlo?
I capelli ricci accompagnano il movimento senza scomporsi. Sono così fitti e duri che fanno blocco. Come un covone di fieno. Sono color rosso scuro, come il vino o il sangue. E gli occhi azzurri grandi, grandissimi. A Lucio ricordano i fiori blu che crescono tra il grano. Le guance e il naso ricoperti di lentiggini da non vedere la pelle chiara, chiarissima. Quasi trasparente. Se si mette al sole si accende come una lampada.
– Allora? – Insiste Lucio.
– Non ci credo. – I cavalli bianchi sono l’ossessione di Nina. Li sogna ogni notte da quando ricorda di aver iniziato a sognare. Ha chiesto ai genitori di regalarle un cavallo bianco. Loro le hanno regalato un peluche. Da grande è sicura che avrà un maneggio in cui alleverà solo cavalli bianchi.
– Lo dici per distrarmi.- Nina torna a scrivere con foga.
Come fa a saperlo Lucio? Non gliel’ha mai detto. A nessuno.
– Ti dico che è vero. Sul serio, so dove trovarli! – Dice Lucio e pensa al giorno prima quando li ha visti. Pedalava a più non posso lungo il naviglio e poi eccoli all’orizzonte. Le sagome lontane, scure al tramonto. Non sa se sono bianchi. Non ha visto i colori. Erano in controluce. Ma tra tutti quei cavalli, ce ne deve essere almeno uno bianco!
– Mm.- Fa Nina diffidente.
Non si fida. Lucio l’ha presa in giro troppe volte.
– Dico sul serio!- Lucio vuole stupirla. Vuole davvero trovare qualcosa che la lascia a bocca aperta. Così non può parlare per dire: lo so!
– Bene allora. Finisco qui e andiamo.-
Lucio scuote la testa. – Non si può fare. Se vuoi vedere i cavalli, dobbiamo partire subito. Il posto è lontano e tra non molto fa buio.-
Nina non risponde.
Lucio guarda la sua indecisione con compiacimento. L’ha tentata. Lei è sempre troppo sicura di sé. Adesso invece non lo è. Finire i compiti o vedere i cavalli bianchi? Nina è in dubbio. Così in dubbio che si mette la penna in bocca e inizia a morderla.
– Uff. E va bene! – Dice infine. Detesta non avere fatto il proprio dovere.
– Li puoi finire dopo cena i compiti. – Dice Lucio.
Lei sembra riflettere su quelle parole. Poi annuisce come a dargli ragione. Si infila le scarpe e dice: – Sono pronta. –
Prendono la bicicletta e pedalano a più non posso, con la foga di chi non ha tempo da perdere. Con l’ansia del desiderio, attraversano corso Ventiquattro Marzo e tagliano per Cinque Giornate, fino al naviglio. Nina segue Lucio. Su e giù per il marciapiede. Schivano i pedoni. Le macchine. Le altre biciclette.
Nina lo tiene d’occhio. Lucio pedala veloce. Così veloce che teme di perderlo.
Lucio fila come il vento. Fa la gincana tra le persone, i cassonetti della spazzatura, i passeggini, i cani al guinzaglio e le pensiline del tram. Di quando in quando si volta verso Nina. Con la coda dell’occhio si accerta che sia ancora dietro di lui.
Quando la scopre lontana, rallenta per aspettarla.
Imboccano la strada del naviglio nella direzione che porta fuori città. Man mano che pedalano, il traffico va esaurendosi. La gente si dirada. La strada si sgombra. Il sole si abbassa sulla linea di orizzonte.
Al bivio, Lucio imbocca una stradina che svolta a sinistra e si allontana dal corso d’acqua. Adesso sono solo loro due. Tutt’attorno i campi di grano. Di fronte il tramonto.
L’orizzonte è sgombro. Il cielo si spalanca sopra le loro teste, come una voragine. L’immensità li sovrasta, pronta a inghiottirli. Lucio e Nina continuano a pedalare.
La strada si stringe ancora. Poi l’asfalto che si spacca fino a diventare terra battuta.
Nina ha i polmoni in fiamme, ma non molla.Vuole vederli a tutti i costi questi cavalli bianchi!
Lucio frena di colpo. Tanto di colpo che la bicicletta sterza e solleva una nuvola di polvere. Nina frena a sua volta. Lucio appoggia la bici a un albero che sorge lungo il ciglio della strada e si incammina deciso verso il campo. Nina lo imita. Il grano è alto. Tanto alto da coprire le loro teste. Falciano le spighe con braccia e gambe.
Nina richiama il sogno alla mente. È convinta che se quel sogno diventa realtà, allora anche gli altri sogni presto o tardi diventeranno reali.
– Sogna in grande, bambina. – Diceva la nonna.
Nina non vede l’ora di vedere i cavalli bianchi. Ecco tutto.
A un tratto le spighe di grano si interrompono. Brusche. Di netto. Come l’orlo di un burrone, ma invece del precipizio, ecco uno steccato. Appena oltre un prato verde dall’erba bassa, bassa, raso terra. Un prato lungo. Infinito. Nina lo percorre con lo sguardo e le pare di non riuscire a raggiungere la fine, perché là all’orizzonte il prato corre ancora. E ancora.
– Dove sono i cavalli? – Domanda Nina al limitare del prato.
Lucio guarda verso l’orizzonte, spaesato. – Erano qui. – Muove la testa a destra, a sinistra. Smarrito. – L’altro giorno li ho visti proprio qui. Lo giuro! – All’improvviso ha perso tutta la sua sicurezza.
Nina scuote la testa. La delusione le cade addosso come un secchio d’acqua ghiacciato. Poi la rabbia e l’indignazione. Nina stringe la mandibola. Serra i pugni. Piega la testa e abbassa lo sguardo. Ci è cascata di nuovo! Questo le fa più rabbia di tutto il resto.
– Lo sapevo. – La sua voce è bassa. Poco più di un sussurro. – Lo sapevo che non dovevo crederti. – Sente gli occhi pizzicare. Le guance avvampano e un nodo le chiude la gola.
Lucio si volta verso Nina. – Giuro che erano qui. In questo prato! –
– Non ti credo. Sei solo un bugiardo! – Urla Nina tra le lacrime.
Lucio serra i pugni. Anche lui sente gli occhi pizzicare. Nina gli piace. Gli piace molto, anche se non lo ammetterebbe mai.
In quel momento Nina alza lo sguardo oltre le spalle di Lucio. Un’ombra scavalla l’orizzonte e si avvicina nella loro direzione. Un cavallo!
Allora è vero.
Dopo poco compare un’altra ombra, poi un’altra ancora. Le sagome nere contro il cielo di zucca.
– Non sono bianchi. – Protesta Nina.
Lucio le fa segno di seguirlo. Si guarda attorno, come una sentinella. In giro non c’è nessuno. Solo loro. La distesa d’erba verde fino a che lo sguardo lo consente. Il cielo sopra, terso. Il sole, un un semicerchio adagiato sul limitare del campo.
I cavalli pascolano in fondo al campo. Lucio raggiunge lo steccato e passa attraverso le assi di legno. Scivola sull’erba fino a una grande quercia che sorge sulla destra del prato. Un silenzioso guardiano. Solitario.
Nina segue Lucio. Corre più veloce che riesce per stargli dietro. Lucio è veloce. Nina raggiunge il tronco spesso e rugoso. Ha il fiato corto. Come odia l’ansia di non essere al proprio posto. Il senso di colpa di fare qualcosa che non dovrebbe fare.
Nina spera con tutta se stessa che ne valga la pena.
Guarda Lucio e Lucio si acquatta sul prato e avanza in una corsa che pare a metà tra un gattonare e un correre. Nina resta in piedi e prosegue. In ogni caso la vedrebbero comunque. Ma i cavalli non scappano. Restano lì immobili. Qualcuno alza la testa. Guarda nella loro direzione. Poi la riabbassa e continua a mangiare. Non sembrano particolarmente interessati.
Nina li conta. Perde il conto. Ricomincia. Sono almeno venti.
Venti cavalli. Magri. Scattanti. Adesso che è più vicina riesce a distinguere il colore del pelo: bianco! Candido come il latte. I muscoli tesi e delineati. La coda che sbatte da una parte all’altra. Le narici gonfie. Mentre si avvicina, sente un brontolio sommesso.
Un cavallo avanza nella loro direzione. Lucio infila la mano nella tasca. Il cavallo si ferma. Raddrizza il collo. Le orecchie.
A pochi metri dall’animale, Lucio estrae la mano dalla tasca assieme a una carota. Si muove con cautela. Lentamente.
Allunga il braccio verso il cavallo. Il cavallo abbassa leggermente il collo. Lo tende verso Lucio. Verso il braccio teso. Verso la carota. Annusa la mano. La carota. Ancora la mano. Intanto gli altri cavalli si sono fatti attorno al primo. Il primo è il più grosso. È alto una spanna più degli altri. Il petto è un fascio delineato di muscoli. Batte la zampa anteriore, una volta, un’altra.
In quel momento Lucio si rende conto che potrebbe calpestarli senza difficoltà. Ma invece di indietreggiare, protende più che può il braccio. La carota sfiora il muso del cavallo.
– Dai bello. È roba buona. – Dice Lucio.
Il cavallo abbassa di poco la testa e tira indietro i labbroni scuri scoprendo la fitta schiera di denti, poi dà un morso alla carota.
– Così. Bravo! – Lucio sospinge nella bocca gommosa il resto dell’ortaggio. Tiene il palmo spiaccicato contro il muso dell’animale.
Bianco latte. Bianco nuvola. Soffice. Una macchia di cotone nel prato verde.
Tante macchie di cotone. Gli altri cavalli ora circondano Nina e Lucio.
Nina sente il cuore tamburare. Il suo sterno è una cassa acustica. Amplifica il suono, lo espande nel prato.
I cavalli lo odono. Sentono l’agitazione di Nina. E Nina sgrana gli occhi preda dello stupore. Senza parole. Poi fa un passo avanti. Un altro. Si affianca a Lucio e allunga la mano.
– Tieni il palmo aperto, verso di loro. – Dice Lucio. E Nina esegue.
Il cuore accelera. Rullo di tamburi. Un piccolo cavallo curioso le si avvicina. Un puledro le annusa la mano.
– Hai una carota? – Bisbiglia Nina.
– Ne avevo solo una. –
– Mannaggia! – Ma dentro di sé fa festa.
I cavalli stanno tutti lì. Qualcuno bruca l’erba. Qualcuno li guarda curioso in cerca di carote.
Il cielo zucca è ormai peperone e vira al melanzana. Allora Lucio e Nina fanno dietrofront, attraversano il campo di grano e prendono le biciclette.
Mentre si allontana, Nina si volta e guarda oltre il campo di grano. Verso l’orizzonte. A un certo punto il grano si abbassa, e sopra le spighe sbucano le sagome piccole e lontane. Nel crepuscolo aleggia un biancore pallido, proprio sulla linea dove il cielo incontra la terra. Poi Nina si volta e si lascia il sogno alle spalle.
I palazzi compaiono all’orizzonte, sempre più vicini. Lucio accompagna Nina davanti a casa.
– Grazie. – Dice lei e si avvicina premendo le labbra contro la guancia di lui.
Lucio avvampa e scappa via pedalando più veloce che può. – A domani. – Urla quando ha già attraversato la strada. Non sa se lei lo ha udito.
Quella sera, Nina è troppo stanca per fare i compiti. Si butta sul letto e si addormenta di colpo. Sogna una nuvola di cavalli bianchi e un enorme cestino traboccante di carote.
Libertà e passione è ciò che mi colpisce leggendo questo racconto.
Brava!
Uno stile veloce e scattante come cavalli…lascia un senso di infinito e di pace.
Mi è piaciuto molto il messaggio di libertà e di spensieratezza. Essere rigidi e fare solo le cose per dovere, non è sempre la scelta giusta!
Brava
E’ una bella favola. E c’è bisogno di belle favole.
Racconto carino e a tratti emozionante nella spensierata semplicità dell’avventura dei ragazzi. Bella idea, con il sogno che si trasforma in realtà.
Se posso permettermi un consiglio, penso che ci sia qualcosa da rivedere nella gestione del punto di vista, in quanto il racconto alterna molto tra pensieri/sensazioni di Nina e Lucio creando, secondo me, un po’ di confusione.