Premio Racconti nella Rete 2021 “Un’estate in due” di Paolo Tognetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021L’estate del 1974 a Parigi fu particolarmente calda. La vecchia Fiat 850 faceva fatica a raffreddare il motore e il serbatoio del radiatore aveva bisogno di essere continuamente rabboccato.
Il grande viale alberato con i platani secolari, che conduceva all'”Ostello della Gioventù” posto, alla periferia della città a me e a mio fratello, provenienti da Lione stanchi e affannati dal viaggio, sembrava non finire mai.
Dopo oltre 1000 km percorsi in due sole tappe su di una vecchia carretta, che a noi all’epoca sembrava una Rolls Royce, dalla nostra amata cittadina toscana, alla capitale francese, anche le nostre ossa di giovani ventenni, reclamavano con doloretti vari, un letto su cui finalmente riposare. Giunti all’ostello alle prime ore del pomeriggio parcheggiare la macchina, registrarsi, farsi una doccia e una sonora dormita, fu tutt’uno.
All’imbrunire ci svegliammo entrambi, finalmente riposati e decisi a goderci la Parigi notturna. Erano le prime vacanze che trascorrevamo insieme, anche se tra noi c’era da sempre una grande complicità (spesso frequentavamo nei pomeriggi delle domeniche invernali, le sale da ballo).
Qualche anno prima, durante l’estate, avevamo lavorato come camerieri nello stesso albergo sul mare, per contribuire alle spese della famiglia e toglierci inoltre qualche sfizio, vista la nostra precaria condizione economica di studenti. Lavoravamo in quel periodo presso la stessa ditta, ed io, assunto solo dal mese precedente, avevo in tasca il primo stipendio, per godermi finalmente le ferie.
Mio fratello, più grande di me di tre anni, era un perfetto navigatore e nessun segreto avevano per lui le ampie cartine che ci permettevano di spostarci di città in città, su strade provinciali e statali, onde evitare le costose e affollate autostrade.
Fisicamente non ci assomigliavamo molto, lui biondo castano, capelli mossi aggiustati da un taglio classico, occhi azzurri e carnagione chiara. Io capelli nero corvino lunghi fin sulle spalle, occhi scuri e carnagione olivastra. Entrambi assomigliavamo ciascuno ad un genitore diverso, lui a nostro padre, io a nostra madre. Avevamo però la stessa corporatura, anche se io ero più magro e leggermente più alto. Tutti e due di bell’aspetto, avevamo deciso per quelle vacanze, di rendere onore alla fama da latin lover degli uomini italiani nel mondo.
Scendemmo oramai riposati al bar dell’ostello per metterci qualcosa nello stomaco che stava reclamando, prima di partire per l’escursione alla volta della magica Parigi notturna. Il bar dell’ostello era dotato di un piccolo self service ed era possibile consumare un pasto frugale sui tavoli all’aperto. Con il nostro vassoio in mano, sul quale stava mezza baguette con prosciutto cotto, insalata mista ed un bicchiere di Stella Artois, ci avviammo alla ricerca di un tavolo libero.
I giovani erano tanti ed i tavoli erano pochi, così decidemmo di dividerci, alla ricerca del primo che si fosse liberato. Stavo dando un’occhiata in giro, quando la mia attenzione cadde su di un tavolo in particolare. Non era libero, ma era occupato da tre ragazze più o meno della nostra età, inoltre il tavolo era da sei, mentre loro erano solamente in tre, quindi… Quindi mi avvicinai e con il mio inglese un po’ stentato ed il sorriso sulle labbra, chiesi: “Scusate posso?” facendo l’atto di sedermi.
Le tre si guardarono tra di loro con complicità, poi risposero: “Prego” e mi permisero di accomodarmi. A quel punto feci un cenno e chiamai mio fratello, che nel frattempo mi aveva perso di vista e si stava chiedendo dove fossi finito. Un attimo dopo era anche lui di fronte al tavolo e fattogli posare il vassoio accanto al mio, feci le presentazioni. “Piacere Io sono Bruno e questo è mio fratello Carlo, siamo Italiani e voi ?” “Piacere io sono Ingrid, io Lisbet ed io Solveig e siamo Svedesi”. A quella notizia, le nostre menti si aprirono improvvisamente alle fantasie tipiche degli Italiani del tempo. Metti una sera a Parigi con tre, dico tre ragazze svedesi … Un sogno! quando l’avremmo raccontato agli amici, sarebbero schiantati d’invidia.
Devo dire che mio fratello parlava inglese meglio di me, mentre da parte mia la lingua che conoscevo meglio, capivo e parlavo con più facilità, era il francese. Cominciai ad osservarle più attentamente, facendo finta di niente, mentre addentavo la mia baguette.
Carlo nel frattempo tra un morso e l’altro, aveva cominciato a conversare con loro, per rompere il ghiaccio. Se a quel tempo il mito delle svedesi era forte, quelle tre lo incarnavano alla perfezione. Lisbet era una moretta con gli occhi azzurri, i capelli mossi, gli lasciavano scoperte due orecchie perfettamente incorniciate da due piccole campanelle d’oro giallo. Solveig era una biondina anche lei con i capelli tagliati corti e mossi, gli occhi chiari color nocciola e due labbra carnose e ben fatte mettevano in risalto un sorriso splendente. Ma quella che più delle altre incarnava la svedese tipo, dell’italiano medio di allora, era Ingrid. Ingrid aveva capelli lunghi biondi fino a mezza schiena, un viso di un ovale perfetto, con due grandi occhi verdi, poco più sotto, un nasino sbarazzino faceva da cornice a due labbra carnose e a forma di cuore, insomma un viso che era un incanto, ed era ancora seduta!
Le tre, erano arrivate alcuni giorni prima e sarebbero rimaste ancora tre giorni prima di ripartire. Avevano visitato Parigi di giorno, e l’avrebbero fatto volentieri anche di notte, ma non si fidavano ad andarci, perché non avevano un mezzo privato e i mezzi pubblici facevano capolinea all’inizio del viale alberato, pertanto avrebbero dovuto percorrere a piedi di notte quel tratto, e avevano paura a farlo.
Non ricordo bene come andò la cosa, ma senza pensarci due volte, io e mio fratello le invitammo a venire con noi quella sera in centro, tanto noi avevamo la Rolls Royce, dov’era il problema? Sarà stata la magia dell’estate, sarà stato il fascino latino, sarà stata la nostra serata fortunata, o forse che loro erano in tre e noi in due, fatto sta che con nostra meraviglia, accettarono. Fissammo appuntamento per mezzora dopo, giusto il tempo per darsi una sistemata. Si erano appena allontanate, quando si avvicinarono a noi tre ragazzi milanesi, che poco lontano avevano assistito a tutta la scena e ci chiesero:”Ma come avete fatto, noi è tre giorni che ci proviamo e niente, improvvisamente arrivate voi e come se niente fosse accettano di uscire…” “Ragazzi” risposi io “Voi siete lombardi e noi toscani, sapete cosa diceva Leonardo da Vinci? Nella vita se uno vuole una cosa, basta inventarla… e noi ci siamo inventati che abbiamo la Rolls Royce, mentre in realtà è solo un 850! e comunque sia la classe non è acqua, Toscana batte Lombardia 1a 0!” e con quella battuta, li abbiamo salutati e siamo saliti a sistemarci, per quell’avventura insperata.
Dopo quindici minuti eravamo già belli e pronti, pettinati, profumati e muniti di sorrisi a trentadue denti pulitissimi, in attesa delle nostre dame. Loro calcolarono mezz’ora in appena quaranta minuti, ma si sa le donne usano gli stessi orologi in tutto il mondo. Appena arrivarono però, la loro vista, truccate e rivestite di tutto punto, ci fece dimenticare subito il disagio dell’attesa, pensavamo infatti che ci avessero dato buca.
L’unica Rolls Royce 850, color fumo di Londra ed interni rossi mai prodotta al mondo, era pronta per la partenza. Una pecca a dire il vero l’auto ce l’aveva, mancava lo stemma sul cofano, forse si erano dimenticati di metterlo, ma era solo un dettaglio insignificante, l’importante era che a bordo ci fossero tre grazie, e questo bastava a sostituirlo degnamente. Come già detto, se Lisbet e Solveig erano molto carine, Ingrid era un vero schianto! Possedeva, non solo un viso dolce e perfetto, ma anche un fisico statuario, tanto che io e mio fratello, non abituati a tanta bellezza concentrata, provavamo nei suoi confronti, un certo imbarazzo.
Come facemmo ad arrivare in centro a Parigi, di notte e guidati solo da tanta fortuna e da una cartina della città, presente sulla guida Michelin, ancora non me lo so spiegare, ma d’altronde mio fratello era pur sempre un navigatore eccezionale, per cui in qualche maniera ci ritrovammo fin sotto alla scalinata della basilica del Sacro Cuore, in pieno Montmartre. Passammo una serata stupenda con l’allegria e la spensieratezza tipica dei vent’anni.
Quella prima sera però durò poco. Rientrammo all’Ostello della Gioventù verso mezzanotte, perché eravamo ancora provati del viaggio del giorno e di tutte quelle nuove emozioni, inoltre eravamo lontani dall’ostello e le ragazze ci avevano chiesto di non fare troppo tardi. Bisogna dire che loro avevano fatto bene a non avventurarsi a piedi e da sole, per quel viale.
Rientrando in macchina, ogni tanto notavamo che da dietro un albero, faceva capolino qualche individuo dalla faccia poco raccomandabile, che metteva ansia anche a noi, facendoci raccomandare a “Santa Fiat”, perché non ce la facesse fermare.
Seguirono tre giorni, a dir poco indimenticabili. Girammo Parigi per lungo e per largo ed oramai eravamo diventati quasi intimi con le ragazze, tanto che ci tenevamo per mano, io con Solveig, mio fratello con Lisbet e Ingrid… da sola! Si Ingrid da sola, perché era troppo bella! Mica potevamo pensare che lei non lo sapesse… o meglio che per lei non fosse affatto un problema! Ma così andò, tanto che a parte qualche bacio innocente e casto e l’invidia di tutti i ragazzi dell’ostello, non rimediammo altro. D’altronde, tre contro due, era veramente troppo anche per noi.
La mazzata finale poi, la prendemmo alla fine di quel triduo di festa, quando al momento di salutarci, Ingrid ci prese entrambi in disparte e con aria triste ci disse:”Ragazzi devo chiedervi una cosa, ma cosa ho io che a voi non piace, in questi tre giorni non avete fatto altro che tenermi a distanza e avete avuto attenzioni solo per le mie amiche, ho forse qualcosa che non va?” Se io in quel momento avessi avuto a disposizione un flagello, lo avrei usato su di me, con tutta la forza che avevo.
Mio fratello mi guardò sconcertato, anche lui aveva accusato il colpo. Subito ci affrettammo a rassicurarla, la abbracciammo e la baciammo entrambi con molto affetto, anche se oramai era tardi, la frittata era fatta e alla fine ci salutammo senza peraltro, scambiarci neppure gli indirizzi.
La nostra estate in due era cominciata così, in cerca di nuove avventure e con la prima della serie, finita con il rimpianto di avere rinunciato a fare la corte, alla ragazza più bella dell’ostello, solo perché la pensavamo troppo bella, per due come noi.
Alla partenza delle svedesi, decidemmo di continuare il viaggio verso il nord della Francia, obbiettivo; Le Mont San Michel. Prima però di partire, decidemmo di concederci qualche altro giorno in giro per Parigi, visitando i luoghi dove ancora non eravamo stati. A due giorni dalla partenza, la nostra Rolls fece ancora colpo. D’altronde mica tutti i ventenni a quell’epoca potevano permettersi un’auto di lusso come la nostra!
La maggior parte di loro viaggiava in autostop, e anche a noi due ragazze tedesche dell’ostello, chiesero un passaggio per il centro città. Devo dire che se le svedesi erano un’icona, le tedesche non erano da meno. Quelle le conoscevamo meglio, perché d’estate lungo le nostre spiagge ed i nostri alberghi accorrevano numerose. Come rifiutare allora un passaggio a due belle ragazze due, sole e tedesche? E se si fosse saputo in giro, che figura ci avremmo fatto con gli amici? Non sia mai! Aperta la portiera e fatte salire le nuove compagne d’avventura, partimmo verso il centro città.
Agathe e Mirjam erano ragazze molto alla mano, sempre allegre e pronte a scherzare su ogni cosa, molto diverse da quelle donne tedesche fredde ed impassibili, presenti nell’immaginario comune. Agathe, jeans e maglietta, era un poco più bassa dell’amica e leggermente più cicciottella, ma con un bel seno e tutti gli altri attributi femminili al punto giusto, occhi verdi e capelli castani sulle spalle. Mirjam, invece, aveva gli occhi di un azzurro intenso e capelli biondi, lunghi fino a metà schiena, il fisico slanciato, non era messo in risalto dalla tuta di jeans che indossava e le scarpe da tennis non le rendevano merito.
Io e mio fratello, capimmo da subito che erano anche loro nella nostra stessa situazione, ossia in vacanza ed in cerca di avventura. Non ci volle perciò molto a convincerle a passare assieme la giornata, d’altronde erano state loro che ci avevano tenuto d’occhio nei giorni precedenti e appena ci eravamo liberati, avevano colto l’occasione per conoscerci e farsi conoscere, con la scusa del passaggio. Il fascino unico della mitica Rolls Royce, aveva colpito ancora.
La prima giornata trascorsa assieme a Parigi, servì a tutti per capire che tra di noi c’era veramente molta complicità e anche una qualche affinità. La sera, prima di andare a dormire, decidemmo dunque di partire assieme per passare qualche altro giorno in giro per la Francia.
La mattina seguente caricammo anche i loro pochi bagagli sulla nostra fuoriserie e partimmo verso Abbeville, 200 km più a nord, sul canale della manica. Questa volta i conti tornavano meglio, due più due faceva quattro e due maschi e due femmine facevano due coppie, senza nessun avanzo, pur bello che fosse. Il viaggio si rivelò una sorpresa per tutti.
Ci ritrovammo a scherzare e cantare assieme, come vecchi compagni di classe in gita scolastica, ed il repertorio di Celentano, che loro conoscevano benissimo, la fece da padrone, Azzurro in testa. Facemmo una tappa intermedia a Beauvais e ci fermammo a dormire in un campeggio, e mentre noi montavamo la piccola tenda canadese che avevamo portato dietro, loro ci chiesero se avessero potuto dormire in macchina.
Oddio chiamare tenda, la canadese da una piazza e mezzo che avevamo dietro, richiedeva coraggio e fantasia, d’altronde erano due qualità, che all’epoca non ci mancavano. Sicuramente sarebbero state più comode loro che noi, anche se usare la nostra Rolls come tenda, richiedeva una certa dose di coraggio.
Il Mattino seguente, con le ossa un poco rotte, ma felici, ripartimmo, questa volta decisi a cambiare direzione e puntare direttamente, verso Mont Saint Michel. Dopo due giorni di viaggio trascorsi assieme, le coppie si erano formate quasi naturalmente. Si perché a Mirjam venne spontaneo confessare a mio fratello che si era invaghita di me, per cui fu naturale che lui e Agathe formassero l’altra coppia. Non ricordo esattamente come andò, ma mi accorsi quasi d’istinto che anche a me piaceva Mirjam.
A Caen arrivammo all’imbrunire, ed eravamo tutti piuttosto alticci, perché in quell’ estate particolarmente calda, le bibite fresche scarseggiavano e l’unico refrigerio sempre disponibile e a buon mercato, era la birra alla spina. Ora è vero che ai tedeschi la birra piace, è vero che è poco alcolica, ma è anche vero che se la usi come nutrimento, gli effetti collaterali poi si fanno sentire. E così accadde anche a noi.
Ci ritrovammo sperduti in una strada di periferia, dove accostammo per riprenderci e fare il punto della situazione. Dopo una buona mezz’ora, passata a rincorrere i conigli selvatici, che come cavallette spuntavano ai lati della strada, finalmente ritrovammo la strada maestra per il camping, che avevamo scelto sulla giuda Michelin.
Quella fu una tra le più belle estati della mia gioventù, e anche se pochi giorni dopo, a Mont Saint Michel ci dovemmo separare, per fare ritorno ognuno nella propria patria. Quelle vacanze, trascorse assieme a mio fratello, sono rimaste memorabili, grazie soprattutto, alla mitica Rolls Royce 850!
Wow! Una bella pagina di diario. Si percepisce immediatamente la spensieratezza di quei momenti vissuti in pieno.
Grazie Barbara, apprezzo in modo particolare, non solo sei una scrittrice molto brava, ma anche un’attenta critica! Grazie ancora!