Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Le probabilità composte” di Marcello Luberti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Tutto ha avuto inizio ieri sera.  

In TV davano DOC, la storia del medico che ha smarrito la memoria, ma anche la partita della Roma in Europa League, si, è possibile, esistono anche dei giallorossi statistici, ma devo esordire al Circolo “Datti-allo-scritto”. On-line visti i tempi.

Ho scritto un racconto su Cecilia, quarantenne sola e sfiduciata che si prepara, in preda ai tormenti, all’incontro con un uomo appena conosciuto. Diverse persone scorrono sul video, tutte facce nuove, finché compare una scrittrice con gli occhi celesti e un viso da sfrontata. Interviene spesso, fa battute a raffica, sembra avere tanta energia. Quegli occhi, quegli zigomi così pronunciati dove li ho visti? Devono essere indizi recenti, non i fotogrammi di donne fantasticate in passato.

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Ma sì, sono proprio lo sguardo e le guance di Matilde Gioli, l’attrice protagonista di DOC. Che combinazione, rinuncio a Matilde in TV e me la ritrovo on-line al Circolo. Si chiama Alessandra. «Benvenuto tra noi» dice sbracciandosi.

Arriva il turno della mia storia. Afferro i miei fogli. Un colpo di tosse e un po’ d’acqua per schiarirmi la gola. «… Qualcuno si era dato da fare per combinare l’incontro? …». Mi fermo per scrutare la reazione degli altri. «Glielo presentarono a casa di Marilisa…». Torno sui miei fogli. Comincio un po’ a tartagliare «Cecilia, co-conosci Corrado Bontempo? È un nuovo co-collega di Ruggero, viene da Catania”».

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Appare Matilde sullo schermo in primo piano. Perché è lei a occupare il monitor, se sono io a parlare? Abbasso gli occhi. «… Il giorno dell’appuntamento, Cecilia fu scontrosa, quasi intrattabile …». Occhi sul monitor. Matilde principessa dello schermo. È sempre lì. Prendo fiato e chino la testa per leggere. «… Tacchi o scarpe basse? Tacchi tacchi tacchi … che domande». Fine del racconto. Appoggio i fogli sul tavolo, uno cade per terra. Ho la gola secca, bevo. Matilde/Alessandra, in primo piano, annuisce. È apparsa tutto il tempo sullo schermo, come se esistessimo solo io e lei.

«Bravo, complimenti». Mi strizza l’occhio. «Ci sai fare, davvero», sorride. Vuole sapere come va a finire la storia: «Cecilia sposa Ruggero?». Non so rispondere, non riesco a stimare la probabilità di un matrimonio tra di loro. La serata continua con altri racconti, li ascolto distrattamente perché nel frattempo leggo le storie che Matilde/Alessandra ha postato sul sito del Circolo; parlano di donne che vivono situazioni difficili, disturbanti. Scrive bene anche se lo stile è inquietante. Deve essere un concentrato di imprevedibilità, lo sento.

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«Ti andrebbe di conoscerci?», messaggia Alessandra sul finire del collegamento.

«Volentieri, domani ti invio una mail e prendiamo contatti», rispondo sbalordito. È un fatto straordinario: le serie storiche dicono che gli statistici rimorchiano il 72% in meno della media nazionale dei maschi adulti tra i 40 e i 50 anni.

Vado a dormire agitato, penso a Matilde, si chiama Alessandra ma per me rimane Matilde. Non sono pronto, cosa mai le dirò, ripeto ossessivamente cercando di addormentarmi. La notte è concitata, con diversi risvegli. Nell’ultimo saliscendi vengo trascinato da mia cugina in un sogno assurdo.

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Veronica è al mio fianco su un divano, siamo entrambi vestiti, scivola sdraiata con le gambe leggermente aperte e strofina lasciva la mano sul pube, scolpito da pantaloni aderentissimi.  «Dai che possiamo farlo», mi fa, rimanendo del tutto seria. Si compiace nel vedere le mie reazioni al cambio di registro. Vuole sfidarmi, è intenzionata ad abbattere una barriera anacronistica tra noi. Mi mostro riluttante ad accettare le avance. «Dillo, ti ho sorpreso, non la facevi così attraente quella zitellona ipocrita, perennemente insoddisfatta di tua cugina, non è vero?». Rimango fermo. Temo mi stia prendendo in giro o sono bloccato dal tabù? Sbottona lentamente la camicia azzurra molto chic, quindi si ferma, intuisco un reggiseno nero ricamato. «Che riesci a sbirciare cuginetto bello? Non ti eri mai posto il problema, dillo … Vorresti vedere qualcosa di più o basta così?». È sprezzante, che le ho fatto?

Al culmine della tensione mi sveglio, non reggo all’indecenza di quelle sensazioni. Il sogno non va avanti, finisce così, o l’autocensura mi impedisce di ricordare altro, non so. Che cosa assurda, non l’avevo mai immaginata così, Veronica. Ci vediamo di rado, ha dodici anni meno di me, un’altra generazione, e poi, è mia cugina. Il sogno deve venire da una realtà che non ho mai preso in considerazione.

Mi alzo, non riesco a sostenere l’immagine di Veronica in quel modo e ritorno con una certa angoscia all’invito di Alessandra. Veramente vuole conoscermi? Ancora non ci credo. Ma guarda che mi doveva capitare! Un po’ rintronato mi metto a preparare la colazione secondo le mie abitudini, caffè freddo latte freddo pan di spagna di Feliziani marmellata di more Alpe Pragas di Braies. Squilla il cellulare, chi sarà alle sette del mattino, è Gianni. Penso subito a qualche disgrazia, ecco, mamma si è aggravata; certo, ha già campato sette anni di più della tabella SIM F – nati 1927.

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Veronica gli ha rivelato che andrà a vivere da sola nella casa appena ristrutturata in vista del matrimonio con Fabrizio. C’era in ballo questo colpo di teatro e le mie tabelle statistiche non hanno registrato nulla. Perdo colpi. Può darsi che sia tutto un caso. Non riesco a capire cosa sta succedendo.

Penso che ogni evento è calcolabile, anche dopo che è accaduto; è il mantra di ogni statistico. Tengo tutto sotto controllo, non lascio nulla al caso. Non reggo all’incertezza, perché non si vede, non si tocca, non si sente. Devo calcolare.

Sparecchio il tavolo, accendo il computer e apro una cartella Excel. Consulto le mie elaborazioni sulla tabella SIM F – Istat 2018 e trovo la probabilità dell’evento “Scrittrice di Roma di mezza età con gli occhi simili a quelli di una bella attrice italiana”. Una su centomilaquattrocentoventicinque. Meno dello 0,01 per mille. L’equivalente di 2,58 sigma. Da una tabella delle frequenze dei “Matrimoni Roma Nord 2017”, estraggo la probabilità di Veronica di rimanere zitella. Una su settevirgolaquattro. Il 13,5 per cento. Appena 1,5 sigma. A priori, la combinazione dei due eventi, la probabilità che avvenissero insieme, era di appena di unovirgolatrentaquattro su un milione. Tecnicamente è una probabilità composta. L’equivalente di 4 sigma. Un nulla.

Eppure, Matilde/Alessandra ha davvero cliccato il comando “non avrai altra immagine all’infuori di me”. E Veronica ha veramente rotto le catene di un matrimonio già scritto. C’è una connessione tra i due fatti, Alessandra e Veronica, e quindi non sono eventi stocasticamente indipendenti? Si tratta di probabilità condizionate anziché probabilità composte? Le mie competenze statistiche cominciano a vacillare.

L’imponderabile, un evento pressocché impossibile, sarebbe la telefonata di un editor che intende sponsorizzare il mio primo romanzo. Mi contatta perché ha letto un racconto che ho pubblicato la settimana scorsa su “Retabloid”. Irrealizzabile, forse, ma devo capirlo con i numeri. Qual è la probabilità della telefonata? Consulto le serie storiche, ma non trovo dati affidabili. Nemmeno un bookmaker riuscirebbe a quotare la telefonata, sembra proprio un evento escluso dalla realtà, ma non demordo. In base alle informazioni disponibili, qual è la probabilità dell’editor? In Italia si pubblicano in media 60.000 titoli di narrativa l’anno. I lettori abituali sono circa quattro milioni. Gli aspiranti scrittori di romanzi secondo i miei modelli statistici sono intorno a 150.000. Gli editor professionali secondo l’AIE sono circa un migliaio. Quindi sarebbe una probabilità dello zerovirgolasessantasette su cento.

La probabilità non è altro che il buon senso ridotto a calcolo, disse Laplace, ma non poteva immaginare che nelle mie mani può diventare follia.

Rimetto ordine tra le formule e inserisco due specifiche da smanettone: lo 0,67 per cento significa che la telefonata dell’editor è quattromilanovecento volte più probabile della catena di fatti che si è già realizzata, l’accoppiata Alessandra/Veronica, che avrei considerato impossibile solo ventiquattro ore fa. Ma ormai non ci sono più limiti al caso, me ne rendo conto. Mi scoppia la testa. Lo schermo si spegne e poi si riaccende, non so perché.

Drin … drin … drin …

Eccola, è la chiamata dell’editor.

«Pronto»

«Eugé, hai visto che gol Calafiori?»

«….. Ah, sei tu Roberto, no, me lo sono perso, ho avuto altro da fare»

«Un capolavoro. Diciotto anni, te ne rendi conto? Vattelo a rivedere su YouTube»

«Si, appena posso ci vado, ma ora ti devo lasciare, scusami. Stanno accadendo delle cose strane, che non riesco a calcolare, poi ti racconto, non ti dispiacere. Devo tenere il telefono libero».

Certo, quattromilanovecento volte più probabile.

Drin … drin … drin …

Stavolta niente imbrogli, è l’editor, me lo sento.

«Eugenio, sei tu?»

«… Veronica … che combinazione»

«Ti volevo parlare, scusa per l’ora»

«Che è successo? Tutto bene?»

«Diciamo di sì, la sai la notizia?»

«Eh, sì. Cinque minuti fa, Gianni … cosa è successo? Vi siete lasciati, proprio ora?»

«Era un po’ di tempo che tra noi non funzionava»

«Mi dispiace»

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«Ma c’è dell’altro. Stanotte ti ho sognato… dovrei parlarti…»

«So tutto, anch’io avrei qualcosa da dirti…»

«Sai tutto cosa?»

«Del sogno»

«Sei matto, che dici?»

«No, no, sto benissimo, giuro»

«Scusami, ma come fai a sapere del sogno? Non capisco. Sei proprio uscito di testa. Vediamo, come era questo sogno?»

«Non è semplice per telefono. Vediamoci domani sera, sei libera? Ti invito a cena»

«D’accordo. Domani sera a casa tua»

«Ti aspetto. Ora però ti devo lasciare, scusami. Devo tenere il telefono libero».

Mi preparo per andare al lavoro, sono già in ritardo. Il telefono finalmente si acquieta. Mi metto l’anima in pace, accantono l’idea dell’editor. Sento però un motore che mi ronza nella testa, un acufene insopportabile. Cosa sta succedendo? Controllo la pressione: niente, 75-118. Anche il battito cardiaco è ok. Se continua, dovrò andare da un otorino.

Provo a disegnare nella mia mente gli alberi decisionali che si svilupperanno dopo gli shock di Alessandra e Veronica. L’imponderabile si sta prendendo gioco di me, come gli ignoranti sarò preda del caso, del caos. Il rumore non accenna a finire.

Mi incammino verso la metropolitana, aria di tramontana oggi a Roma. È una bella giornata, ma il motore nel cervello non si spegne. Mi devo ricordare di mandare la mail ad Alessandra.

Drin … drin … drin …

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«Pronto, parlo con Eugenio Forzani?»

«Si, sono io, chi parla?»

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