Premio Racconti nella Rete 2021 “Vita da farfalla” di Silvia D’Oro
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Posso dividere la mia vita in periodi diversi. Tutti belli. Ciascuno, a suo modo, mi ha insegnato qualcosa. Non posso dire di essere stata sempre uguale a me stessa. Oggi mi sento molto diversa da quella che ero ieri. Ma i periodi che si sono susseguiti mi hanno portato a come sono ora. Insomma, non sarei stata proprio cosi, se non avessi avutoquelle esperienze. In fondo, tutti noi siamo il frutto di quello che abbiamo vissuto.
Di noi farfalle dicono che siamo gli insetti più belli in natura. Pochi però sanno davvero cosa significa essere una farfalla. I nostri amici animali si fermano alla superficie, a come ci mostriamo, a quello che vedono: i colori variopinti delle nostre ali, la leggerezza di chi può e sa volare, la libertà di andare dove si vuole. Sono pochissimi quelli che guardano in profondità, che scrutano e colgono l’interiore.
La vita di tutti noi è fatta di periodi diversi tra loro. Ma per noi farfalle i periodi sono veri e propri cicli di vita. E’ una cosa talmente affascinante che gli umani ci studiano da tanto tempo per capire come avvengono le nostre trasformazioni e i poeti traggono ispirazione dalla nostra fragile bellezza. Che buffi gli umani, pensano addirittura che i nostri colori possano costituire presagio di qualche avvenimento che sta per accadere o siano portatori di messaggi particolari, che qualcuno, magari dall’aldilà, vuole inviare loro.Messaggi di rinascita, sicuramente.
Ero un piccolo bruco di pochi millimetri, appena uscito da un uovo, che mia madre aveva con cura deposto, con altre mille uova – credo, o anche di più – su una foglia di un cespuglio. A fatica ero uscito da quell’uovo, che si era schiuso a poco a poco. Avevo faticato e sofferto. Ci volle tempo per capire che solo con la sofferenza puoi diventare un essere migliore e che non esistono scorciatoie.
In poco tempo, nutrendomi delle foglie, ero cresciuto e, come ha voluto per noi Madre natura, avevo iniziato a tessere intorno al mio corpicino una piccola casa di setache -solo in seguito lo seppi -gli esseri umani chiamano crisalide. In realtà altro non era che la mia casa. Calda e accogliente. E proprio qui, nella mia casa, ho iniziato a trasformarmi in qualcosa che non aveva nulla a che vedere con quello che ero stato prima. I miei tessuti cambiavano, le vecchie sembianze si dissolvevano, sentivo e vedevo formarsi, nel mio corpicino, nuovi tessuti, nuove forme, nuovicolorie io … diventavo a poco a poco quella che gli esseri umani chiamano farfalla.
Tutti noi dovremmo avere una casa calda e accogliente, capace di tenerci al sicuro, di custodirci nella crescita e trasformarci in persone migliori. Purtroppo so che, soprattutto nel mondo umano, non è sempre così. Strano, vero? Proprio gli umani, che pretendono di essere l’unica specie civilizzata, proprio loro che pensano di capire e comprendere tutto e finanche di dominare la natura e gli altri esseri, proprio gli umani che pensano di essere i soli a ragionare e influenzare il mondo circostante, proprio loro non riescono a garantire ai propri piccoli l’unica cosa di cui hanno veramente bisogno: un nido d’amore.
Quando sono diventata farfalla, non ho iniziato subito a volare. Ci sono volute delle ore.
“Mamma,ma quando potrò volare?” chiedevo impazientemente a mia madre.
“Le cose belle arrivano con pazienza” mi rispondeva mentre scalpitavo e non vedevo l’ora di librarmi nell’aria e vedere il mondo dall’alto.
Quando fui pronta, avvenne l’incredibile. Non avevo mai provato nulla di tutto questo. Non so se è stata il periodo piùbellodel mio ciclo vitale. Forse no. Forse sì. Ad oggi, non so dare una risposta. Ma una cosa è certa: la libertà che ti danno due ali non te la dà nessuno. E’ una sensazione meravigliosa.
“Ogni medaglia ha il suo rovescio” mi diceva mia madre, che, consapevole del poco tempo che le rimaneva, sapeva anche che, quando diventi farfalla, inizia il conto alla rovescia, per la fine della tua esistenza. E questo valeva per tutti. Anche per me.
Avrei saputo, solo dopo, che la vita di noi farfalle è veramente breve. Questione di giorni, per le più fortunate di mesi, ma mai di anni.
Il tempo…cos’è, alla fine, il tempo?
Ho sempre pensato, quando ero bruco, di avere tanto tempo a disposizione. Sapevo che sarei cambiato e pensavo al futuroe questo non mi permetteva di concentrarmi sul presente, quanto avrei dovuto. Solo ora mi rendo conto che ho perso una parte importante di quel momento. E’ quando hai la consapevolezza che hai poco tempo a disposizione, allora inizi a vivere davvero. E dai valore alle cose.
C’è chi lo capisce solo quando sta per morire. In quell’attimo, in cui la vita ti sfugge, forse, fai conti con te stesso. Pensi aquello che hai fatto, e ancor più a quello che avresti potuto fare, ma non hai fatto.Pensi all’amore che potevi donare, a quello che potevi condividere e non hai né donato, né condiviso. La vera conquista sta nel capirlo prima. Sta nel morire prima di essere morti. Perché solo quando muori, scopri che non c’è morte e inizi a vivere.
Credo che, per una madre, sapere che le è rimasto poco tempo e che non potrà più accudire il suo piccolo sia qualcosa di insopportabile. Ancora di più, se hai ben in mente il fatto che la nostra bellezza nasconde un’immensa vulnerabilità. Solo ora percepisco il suo dolore e la preoccupazione in quelle sue parole che mi apparivano allora così dure e senza sentimento:
“Devi essere indipendente, la vita non è facile e devi imparare a cavartela da solo” mi diceva.
Così, mi lasciava spesso volare via, da solo, tutto il giorno…non sapevo che, in realtà, lei non smetteva un secondo di seguirmi, sempre, da lontano.
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Così, sono cresciuto con l’idea dell’indipendenza e della libertà.
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Un giorno, mentre succhiavo il nettare di un fiore, non mi accorsi che una bambina mi stava osservando e che stava tentando di cogliermi.
Accade all’improvviso che le sue due dita sfiorassero le mie ali. Ciononostante riuscii a svolazzare via, appena in tempo.
E riuscii a sentire la sua voce.
“Che bella che sei, così colorata … posso coglierti?” mi chiese.
Spaventata, le risposi: “Se tu mi cogli, io muoio”
“E perché muori?” insistette la bambina.
“La polvere dei miei colori si attaccherà sulle tue dita e io mi sbiadiròe non potrò più volare. I miei amici non mi riconosceranno più, non potrò più comunicare con loro e loro non potranno trovarmi e salvarmi.Mi priveresti di quella che sono. E anche se riuscissi a sopravvivere, mi uccideresti nel profondo, condannandomi alla solitudine e alla morte.” Le spiegai.
“Ma io non voglio farti male, anzi, io voglio coglierti perché ti voglio bene. Se mi permetti di coglierti, infatti, posso tenerti con me.” Aggiunse la bambina.
“Bambina, possedere non è voler bene” le spiegai.
“Ma se stai con me, io posso proteggerti” cercò di controbattere la bambina.
“Gli umani hanno un concetto strano di voler bene. Per loro voler bene significa prendere possesso di qualcuno, cercare nell’altro ciò che riempie le loro aspettative di affetto, appropriarsene e desiderarlo per completare se stessi, attaccarsene per necessità.” aggiunsi.
“E’una cosa brutta, allora, voler bene” trasse come conseguenza la bambina.
“No, non lo è” continuai “se gli attribuisci il giusto significato.”
“E qual è il giusto significato, allora?” mi chiese la bambina con due occhioni grandi e curiosi.
“Il giusto significato è desiderare il meglio per l’altro, desiderare la sua felicità, anche se la sua felicità non sta nel posto dove sta la tua. Significa non volerlo cambiare, e, se è quello che vuole, lasciarlo andare.”
“Ho capito cosa vuoi dire” affermò, triste, la bambina.
E dopo un po’ aggiunse: “Voler bene significa essere disposti anche a lasciar andare. Io ti voglio bene. E ti lascio andare.”
Fu così che quel giorno mi salvai.
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Ricordai per tanto tempo l’immagine del volto di quella bambina, il suo sguardo d’amore, finché ad un certo punto, piano piano, sbiadì dalla mia memoria e scomparve, ma rimase sempre nel mio cuore il ricordo dell’incontro con un’anima bella e pura come la sua.
Capii che non tutti gli esseri umani sono ciechi ed egoisti, come credevo. Non tutti si lasciano attrarre da ciò che vedono, senza andare oltre ed interrogarsi sull’essenza.
Tra gli esseri umani, ce ne sono alcuni che danno ascolto alla propria anima e al proprio cuore. E sono quelli più piccini: proprio i bambini. Strano, vero?
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E’ passato tanto tempo da allora. E nonostante mi sia recata molte altre volte in quel giardino, quella bambina non l’ho più incontrata.
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E’ qualche giorno che non riesco più a volare bene. Riesco a staccarmi dal suolo, ma con fatica, e non arrivo più alle altezze di un tempo. Sento le ali più pesanti, o forse sono i miei muscoli ad essersi indeboliti.
Passo la mia giornata a succhiare il nettare dei fiori e resto per molto tempo immobile a ricordare quando ero un bruco, la casa che mi ha custodito e reso quello che sono ora, alla farfalla colorata, luminosa e libera che ero un tempo.
“In fondo, cosa siamo?” rifletto su una foglia di un ramoscello.
“Siamo tutte gocce dello stesso oceano, vibrazioni di un’unica energia creatrice”sento rispondere qualcuno. Devo aver pensato ad alta voce, se qualcuno mi ha sentito.
“Chi sei?” mi volto spaventata, senza vedere nessuno intorno a me.
“Sono Madre Natura” risponde la voce “Non puoi vedermi, ma solo sentirmi”.
“E come posso riuscire a sentirti?” domando, sbalordita.
“Stai a poco a poco entrando in un mondo invisibile, nel mondo dove io, energia creatrice, ti ricondurrò ad unità con me”. Aggiunge.
“Sto morendo?” le chiedo.
“Si” mi risponde. “Ma non avere paura. Sei sempre stata parte di me ed è a me che tornerai”.
Resto immobile ad aspettare. Non ho paura.
Non ho rimpianti. Tanti ricordi. Quelli sì.
In cima ai ricordi ci sta lei: la mia mamma.
E se ripercorro tutti i momenti insieme, ora riesco a capire fino in fondo quello che mi ha insegnato.
Che poi, è esattamente quello che ho tramandato al piccolo bruco, uscito prima dall’uovo che ho deposto qualche tempo fa e poi dal bozzolo che lui stesso ha tessuto, e dal quale si è liberato, con le sembianze di una farfalla meravigliosa dai mille colori.
Ho fatto appena in tempo ad insegnargli a volare.
Racconto molto profondo e ricco di significati, complimenti Silvia! Le tue ali ” D’Oro” di farfalla ti faranno volare molto in alto!!!
Molto toccante e riflessivo, complimenti!