Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Violenze” di Paola Giusti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Avevo 6 anni, ero già innamorata di un coetaneo timido, silenzioso, che sembrava ricambiasse. Credevo gli piacessi come lui piaceva a me, per come mi guardava, senza tuttavia mai dire una parola. Le illusioni a quell’età sono enormi ed io immaginavo già che mi sarei sposata con lui. Figuriamoci …. facevo la prima elementare!

Una volta, insieme ad un suo amichetto più grande, forse un paio di anni, mi seguì fin sulle scale di casa. La cosa mi emozionò, anche se non capivo perché c’era quell’intruso.. Quando io arrivai sul primo pianerottolo, il ragazzetto mi bloccò ed il mio “amoruccio“ rimase fermo, indietro, sugli ultimi scalini, muto.

Lo spavaldo playboy in erba mi spinse contro il muro, cominciò a toccarmi affannosamente viso, collo, ventre ed anche sotto il vestitino; mi dette bacetti sulle mie labbra chiuse sussurrando “ti amo, ti amo” e lo spettatore assisteva immobile alla scena senza fare né dire niente. 

Io ero esterrefatta, sia per l’episodio in sé, che per l’atteggiamento del “mio” Elvio. Ma come poteva lasciar fare così? Perché non interveniva? E poi …avrebbe dovuto essere lui a toccarmi, a dirmi “ti amo, ti amo”. Perché quella scena? Concordata? Casuale? 

Talvolta in paese avevo visto quel bellimbusto sfacciato che non mi piaceva, perché il mio cuoricino palpitava per il bimbo coi capelli rossi e le lentiggini, Elvio, col quale ci scambiavamo sguardi ad ogni incontro, sorrisi e saluto con le manine. Dell’altro sapevo solo che si chiamava Giovanni. 

Il “seduttore” sul pianerottolo osò ancora di più: tirò fuori dai calzoncini il suo pisellino e lo strofinò sul mio abitino. A quel punto io riuscii a svincolarmi, perché le sue braccia non m’inchiodavano più alla parete, una sua mano reggeva il proprio giocattolino di maschietto che sicuramente lo faceva sentire virile, alla sua età… quindi dal lato libero io scappai.

Corsi in casa, da mamma, e agitata le raccontai tutto; lei mi tolse il vestitino per lavarlo. 

Da quel giorno disprezzai Elvio, non lo guardai più, dentro di me lo  rifiutai come “fidanzato” poiché non mi aveva protetto-difeso, pur essendo stato testimone inutile della … chiamiamola…  “violenza” da me subìta. Già così piccola capii che non era tollerabile, pensai che l’amato deve tutelare. Oggi ci sono tanti femminicidi, anche su commissione. Ignoro se vi sia continuità fra bambini-passivi come il mio amoruccio e l’adulta incapacità di reagire giustamente a situazioni critiche, imbarazzanti. Mi domando se tali comportamenti sfociano poi negli stupri di gruppo degli adolescenti, dei giovinastri e degli adulti. 

Forse per quella delusione cominciai a trasformarmi in “maschiaccio”, a giocare alla guerra con altri maschietti, a voler vincere su di loro, a capeggiare. Un ragazzino mi attraeva proprio perché dimostrava coraggio e determinazione. Aveva 3 anni più di me, era longilineo, moro, occhi scuri, modi decisi; guerreggiavamo con pistole giocattolo. Quanti bum bum bum ci scambiavamo ! Quando faceva caldo usavamo le pistole ad acqua. Un divertimento assicurato, fatto di nascondigli per sorprendere il nemico, sparargli, bagnarlo, esclamare: “colpito”.

Gioco innocente ma spassoso!…

Poi sono cresciuta, è arrivata la scuola media e pure lì si è un po’ ripetuta l’esperienza fatta con l’amoruccio dei miei lontani 6 anni, il dimenticatissimo Elvio.. 

Mi ero invaghita di un compagno di classe, sguardi platonici, sorrisi reciproci, baci espressi da lontano col movimento delle labbra, l’attrazione stava da entrambe le parti, malgrado lui fosse zuccone, svogliato ed infatti fu bocciato, mentre io ero tra le più bravine. 

Una mattina, al suono della campanella, circa dieci ragazzi si erano schierati sulla scala che conduceva all’aula, ognuno su un gradino, appoggiato al muro, aspettando che salissimo noi femminucce, come per darci cavallerescamente la precedenza, ma di fatto con il proposito di molestarci.

Io passai per prima e …. cosa si scatena? Molti cominciano a gridare, il primo mi tocca il sedere, il secondo idem, il terzo mi palpa un seno, il quarto pure, il quinto mi alza il vestito; non potevo fermarmi, né scendere per tornare indietro. Le compagne si erano immediatamente arrestate vedendo ciò che stava succedendo. 

Il sesto era lui. Si astenne dal farmi alcunché, però non impedì che i successivi continuassero, non disse di smetterla, non urlò ai compagni di farla finita, eppure era più alto e robusto di tutti. Fece l’ignavo, l’indifferente, quindi … come il mio amoruccio infantile … non mi difese, non mi protesse, pur testimone di una “violenza” da me subìta. 

Anche con lui psicologicamente chiusi. Altro soggetto incapace di tutelare. Via, via, via dalla mia vita.  

Nel frattempo ho imparato a salvaguardarmi da sola, ho appreso a reagire, a non subire, a non soggiacere. Non perché abbia praticato arti marziali o vada in giro con lo spray al peperoncino, ma perché sono più agguerrita, più battagliera, più attenta, più reattiva.

Sono riuscita persino a restituire uno schiaffo ad un tipo che me lo aveva dato, dicendogli testualmente: < Ora, se sei un UOMO, accetti un ceffone da me, perché tu mi hai fatto male con il tuo>. 

Dopo gli episodi dell’infanzia e adolescenza me n’è capitato uno simile, ma differente, verso i 26 anni, ancora della categoria “violenza”. 

Durante un forte litigio col mio partner lui mi colpì ad una spalla così impetuosamente che io credetti mi avesse rotto un osso. 

Sentii un dolore acuto, intenso, tremendo, cominciai a piangere e lo convinsi a portarmi al Pronto Soccorso. Mentre lui aspettava nel corridoio, il dottore scrisse il referto con la prognosi, che indicava 10 giorni di riposo. Non si trattò di frattura, per fortuna, però io fui costretta a stare in casa 10 giorni senza poter andare al lavoro e con movimenti limitati del braccio destro.

Da quel momento non solo terminò la relazione, ma io sviluppai la decisione di non perdonare mai la mancanza di rispetto da chi sta con me. 

Tante mogli tacciono, subiscono, invece non si possono accettare le mani addosso; non siamo più ai vecchi tempi. Il marito che picchia, anche se è brav’uomo, lavoratore, onesto e innamorato, denota irascibilità, furore, mancanza di controllo, quindi è persona più debole, dunque la moglie deve mollare, se può, oppure prendere il timone, assumere il comando, pur sottilmente, abilmente, senza prevaricare in maniera palese..

C’è chi sostiene che le donne sono superiori agli uomini. Lo ha detto anche lo scrittore inglese William Gerald Golding, Premio Nobel per la letteratura nel 1983. Non a caso attualmente si reclamano “quote rosa” in politica e dappertutto.

Io ho raggiunto 41 anni e sto sperando di conoscere un UOMO in grado di essere UOMO, quello forte, deciso, vigoroso, che all’occorrenza mi sappia difendere da piccoli o grandi soprusi e che mi consideri partner, compagna, alla pari, amica, collaboratrice.

Sono convinta che ci sono pochi UOMINI, tanti OMINICCHI e troppe donne fragili.. Perché? 

Se siamo il “sesso debole” necessitiamo appoggio e supporto, se non siamo il sesso debole, allora quello sono loro, gli uomini, e noi siamo il “sesso forte”. 

Per chi non ha il coraggio di ribellarsi o di denunciare ci sono associazioni che aiutano, numeri verdi a disposizione, nessuna dovrebbe tollerare violenze, né fisiche, né domestiche, né psicologiche. 

Si dice che dietro un grande uomo ci sia una grande donna. Non so se sia vero, ma se ne vedono alcuni esempi:  Barack Obama e sua moglie Michelle.  

La verità è che due sono complementari quando la coppia funziona, ma proprio questo è raro, è un dono, una fortuna.  Beato chi ce l’ha !.. 

Nella maggior parte dei casi si nota disuguaglianza, e purtroppo aumentano i femminicidi.

Io non mi sono ancora sposata! Non ho ancora trovato la scarpa giusta per il mio piede, forse perché vagheggio il rapporto paritario.

Amen !!! Meglio sola che male accompagnata.

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