Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2021 “Sfida all’ultimo respiro” di Valentina Robbiati

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Questa sera ho detto buonanotte e sogni d’oro a tutti. Io ora parto (che tanto poi ritorno).

Se ci riesco sarò la Stella di questo Mondo.

Tic, Tok.

Guardami, Mondo, pensavi fossi uno zero senza arti, invece ho mille braccia e mille gambe quando ballo e mi sciolgo.

Guardami. Sono tutti i numeri del mondo. Sono dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due, uno.

Tic, Tok. Tik, Toc.

Rec, start, blackout.

Mi butto, mi taglio, stringo (che tanto poi ritorno).

Sì, stringo e mi avvinghio con le mani di sangue e burro a questa corda di spugna che pizzica il mio collo. E che è gialla. Come il colore che avranno i miei capelli quando domani sarò bella. Come il limone, la sabbia, il sole della mia terra. Come le papere di gomma sulla vasca di questo bagno con cui ho giocato fino a quando non ricordo… galleggia un ricordo: non affogavano mai mentre le spingevano giù le mani mie e di mio fratello, sotto la nostra spuma di risa e schiuma, bloop, tornavano sempre su, con gli occhi aperti e i becchi chiusi, a galla, in un mare di bolle.

Aria, bolle…

Lo diceva mio padre per insegnarmi a respirare sott’acqua nel mare d’un’infanzia cui già più non appartengo. Sono un ricordo mentre respiro e non respiro…

Aria, bolle…

Infinite e moltiplicate in un abbaglio di riflessi iridescenti che scompongo con la mente per disegnare l’arcobaleno che cavalcherò fino a una pentola di oro e sogni. Io stringo e tu dormi, bambina che disegni una vita d’altri palchi, d’altri giorni.

Tic, Tok.

Aria. Bolle…

Che volano più su… Tu resta pure quaggiù, mentre vado a sentire l’odore del cielo sulla pelle che, pallida, muta per farsi diafana come la luce delle stelle.

Mi butto, mi taglio, stringo (che tanto poi ritorno).

Sì, con una mano ancora stringo. Con l’altra tengo la mia bambola che parla: – Ti voglio bene, mamma. – Ti voglio bene qui, ora, adesso e in tutti i luoghi di quest’universo in cui viaggio mentre respiro, non respiro e voglio e poi non voglio diventare un sogno. Ma già decollo.

Aria, bolle…

Bolle… bolle… con cui mi alzo sopra l’umido di questo bagno, sublimata dal successo d’un folle momento. E danzo, efemera di seta inafferrabile e leggera, liberata da un corpo inerte, sdraiato sul pavimento di porcellana e latte come la luna di questa folle notte alla finestra.

Guardami, Mondo. Sono io che dormo. O forse sogno. Sogno il mio ritorno da questa dimensione virtuale in cui rimango appesa come fossi una richiesta d’amicizia non concessa. Ho sensi persi, galleggio a caccia di sentimenti che sfuggono alle mie dita nivee e di borotalco. Non sento neanche più il freddo di quest’algido inverno, mentre attraverso l’intonaco scrostato e divelto di questo palazzo. Sono al di sopra di tutto sul mantello del vento. Sono sopra il consenso, il successo, i più “like” per essere dentro, le notifiche di nuove sfide per divertimento. Sono al di sopra di tutto. Sono sopra il silenzio che invade le strade da tempo. Anche se è ancora presto. Ma è già tardi per chiedermi scusa di tutto questo. Che per vincere ho perso le corse, le risa, la mia età allo specchio. Aspetta, ti prego… solo un momento… Nembo, soffermami qui, su questo tetto e soffiami un sogno in cui sparisca questo fiume di metallo e di cemento e appaia uno sconfinato mare di piccole certezze dove reimparerò a nuotare.

E a fare aria, bolle…

Asciugherà le lacrime il sale di quel tuffo di coraggio in cui ritornerò a me stessa e sarò aria, bolle, aria, aria… aria di festa, aria di messa, aria di campane nella mia classe in cui la normalità sarà tornata ricchezza e non avrò paura di sentirmi diversa, di non essere all’altezza dell’universo chiuso dentro a un telefono in cui parlo e vivo e sogno:

– Pronto, Mondo? Sei certo che così non muoio?

Va bene, allora stringo (che tanto poi ritorno): è solo un gioco, abbiamo detto, in fondo. E chiudo gli occhi appena, solo un eterno secondo… per ritrovarmi più in alto, lontana eppure in tutte le case, in tutti gli occhi di madre che ci hanno creduto al sicuro in un mondo irreale che non tocca, che non morde, che non picchia… Ne sono, ne ero certa…  che fosse divertente farlo entrare nella mia mente e dargli il mio tempo come se non fosse niente. Niente scuola, niente amici, niente uscite, niente, niente. Sicura solamente, a crescere la paura del “di fuori” e della Gente che guarda, che sfiora e che contagia col respiro velenoso del presente.

Aria, bolle…

Niente aria.

Solo bolle in questo mio universo senza tempo che riavvolgo come il vento su cui danzo e in cui divento profumo di salsedine, talco, cannella, poi colore vaporoso della neve e metallico riflesso delle ali di farfalla. E il mio volo, su brattee di tarassaco argenteo, si fa ballo in una musica gentile che non grida, non offende e che si spande tutt’intorno nell’aria che respiro mentre nuoto e soffio…

Aria, bolle…

Sono rimasta senza fiato, Mamma, nella mia gara per sentirmi viva in questo Mondo che gira, gira in tondo, girotondo:

 – Tenetemi la mano! Se no cado mentre stringo! – grido alla Gente oltre lo schermo che mi guarda, ma la mia voce di seta è trasparente e Lei non sente, non muove un passo per salvarmi in questo gioco in cui brucio in un fugace abbaglio tra le miriadi di stelle cadenti che infiammano un cielo di emozioni spente.

Tik, Toc.

Esplodo, Gente, con nelle mani quest’ordigno ad orologeria che ti osanna, ti commenta, ti rimuove e ti cancella.

Tic, Tok.

È il mio magico momento: sparisco! Sì, svanisco in un soffio assieme al mio universo perché mi raccolga il vento nella carezza silenziosa dell’ascolto. Chiedimi solo “come sto”, Vento, mentre divento il mondo che mi è mancato dentro. E rinasco desiderio d’un tempo che m’appare come una cascata di secondi di cristallo in cui mi specchio con le mie nuove gambe di montagne da scalare e le mie braccia di alberi che cercano, oltre la fine pioggia di lacrime d’argento che riempie il mare del mio stomaco di sale, un cielo di nuvole d’alabastro in cui incastonare i sogni.

Sogno… Sì, sogno…

Di correre, stancarmi, cadere e poi rialzarmi.

Di ferirmi di illusioni e con speranze poi curarmi.

Di gridare che sono viva e nella quiete del silenzio addormentarmi.

E poi di innamorarmi di due mani che si toccano, di due corpi che si abbracciano, di due occhi che si guardano ed annegano le paure in quell’attimo.

Shhh…

Tik, Toc, esplodi piano, Mondo, che io dormo. E, senza far rumore, piangi una pioggia che cancelli i segni di questa corda di solitudine dal mio collo, mentre io parto. Decollo.    

Shhh…

Si spegne tutto in un momento. Non odo più neanche il Tic, Tok di questo sogno che ha velato d’irrealtà il vero mondo. 

È allora che ricomincia, inatteso, in mezzo al petto un rumore sordo.

Tum, tum. Aria.

Andata. Ritorno (?)

Tum, tum. Aria.

Sono respiro spanso nel battito del mondo.

Tum, tum. Aria.

É un nuovo giorno.

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10 commenti »

  1. Racconto che affronta un tema molto delicato e drammatico. L’uso di certi social da parte di adolescenti che cercano il loro mondo, un affetto universale, un riconoscimento degli altri a costo di spingere il gioco fino alle estreme conseguenze. Un ritratto crudo e angosciante. Fa riflettere.

  2. Ti ringrazio molto per il tuo commento, Monica. Questo mio racconto nasce proprio dall’esigenza di trascrivere il forte senso di alienazione che stiamo vivendo in questo momento e che colpisce soprattutto i ragazzi, i più colpiti dalla perdita di riferimenti in una fase di trasformazione e bisogno di autodeterminazione come l’adolescenza. Sono contenta di aver suscitato riflessione sul tema. Grazie mille.

  3. Ritmo serrato sul filo sottile tra realtà e sogno, tra verità e finzione. Si tratta di una problematica sempre più diffusa e inquietante, un’insidia dietro l’angolo che minaccia molti giovani alla ricerca di se stessi. Bel racconto che si legge tutto d’un fiato ed alla fine manca veramente il respiro… brava!

  4. Un giusto allerta a non sottovalutare, a non considerare più sicuro lo spazio di una stanza rispetto ad uscire all’esterno. Scritto in un linguaggio che trasmette grande tensione, qua e là forse troppo ricercato per un’adolescente, ma molto efficace. Il monologo trasmette solitudine, isolamento, e l’immagine del volo funziona, trasmette l’idea disturbante di un senso unico, di un non ritorno che invece forse c’è: io nel finale ci ho visto cambiamento, una svolta in positivo. Complimenti e in bocca al lupo (io sono vecchia scuola, continuo a dire crepi)!

  5. Ti ringrazio molto Marco! Per il racconto ho scelto un linguaggio il più rarefatto possibile per trasmettere l’idea di sogno che, mentre si avvera, si trasforma in incubo. Quanto al senso del finale, hai visto giustissimo nel percepire la svolta positiva: è infatti un invito e una speranza che gli adolescenti tornino a viversi e ad ascoltarsi, partendo dal proprio cuore. Grazie mille davvero per la tua visita e il tuo commento!!!

  6. Grazie mille, Leo,con il ritmo concitato che ho impresso al racconto ho cercato proprio di ricreare il senso del respiro che, nel proseguire del racconto, viene meno fino a mancare, nonostante la ragazza di sforzi di fare “Aria, bolle…” come insegnano in piscina ai bambini per non respirare sott’acqua. Felice che tu abbia colto anche il senso dell’ambientazione quasi onirica: il sogno diventa talmente vero che diventa impossibile uscirne e sostituisce ferocemente la realtà. Grazie ancora per la visita e il commento!!!

  7. Molto bello e originale, sembra una filastrocca anche se l’argomento è tutt’altro che gioioso. Complimenti e in bocca al lupo!

  8. Piacevolissimo e fa riflettere molto.

  9. Grazie mille Michela, il racconto si impernia molto su un sistema di doppi sensi : Ia ragazza gioca infatti con la famosa applicazione che richiama nel nome il rumore del tempo che, come la sua vita, le scivola via tra le dita. Il ritmo filastrocca viene impresso proprio per sottolineare il trasformarsi inconsapevole di un gioco in un tranello mortale.
    Sono molto contenta che ti sia piaciuto! Grazie mille!

  10. Grazie mille Barbara! Sono molto contenta di aver dato spunto di riflessione su una problematica pericolosissima e, temo, sottostimata. Grazie per la visita!

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