Premio Racconti nella Rete 2021 “Ombre Cinesi” di Gio Cancemi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi.
Mi ero appena svegliato molto riposato nonostante avessi lavorato tutta la notte e, girandomi lentamente nel letto – i movimenti ancora avviluppati dalle spire dei sogni – vidi al mio fianco, sulla parte di letto di solito occupata da Sabrina, il suo morbido pigiama invernale, buttato alla rinfusa e ancora profumato del buon tepore del suo corpo.
Strana cosa. Non aveva mai, che io ricordassi, tolto il pigiama senza piegarlo.
Dopo qualche rapida ma appuntita giostra di pensieri attribuii il fatto alla fretta – magari si è svegliata tardi, la dormigliona, pensai con tenerezza – e mi alzai.
Attraverso i vetri velati dalle tende filtrava una luce pulita, un sole insolito per quella mattina di fine inverno, ma che già faceva sentire quasi sensorialmente il diradarsi del gelo, spalancato poco a poco dal tocco delicato della primavera incipiente.
Nel bagno la vista delle bottigliette disposte in ordine di colore sulla mensola mi fece affiorare alle labbra un lieve sorriso, il sapore di lei, di casa, una piccola conferma che riempiva la crepa incongruente creatasi nei miei pensieri poco prima, con sottile rumore d’incastro, una tessera di puzzle che trovava pace e riposo nel proprio posto, l’unico posto giusto. Tlac.
Mi guardai allo specchio. Il sonno era stato scarso ma ristoratore, i miei occhi aperti e luminosi lo confermavano… anche se intorno alle palpebre andava accumulandosi da giorni un alone nero, spesso e pesante.
Ovvio. Alla fine della settimana la stanchezza era naturale.
Tutto normale.
Ma anche questa briciola di certezza fu spazzata via, non appena guardai oltre la soglia della cucina.
Ero senza fiato.
Ciò che, in camera, era sembrato solo la caduta anomala di un piccolo, disordinato fiocco di neve, in cucina si manifestava come una valanga. Mi sembrava che niente fosse più al suo posto.
Non sapevo cosa fare, mi sentivo un leone in gabbia. La testa partì per conto suo e disegnò scenari di tutti i tipi, primo fra tutti lo spettro ghignante e melmoso di una possibile orrida separazione.
Mi alzai di colpo dalla sedia dov’ero rimasto seduto per non so quanto e, così facendo, lo sguardo mi cadde su un foglio che filtrava dalla fessura del portone di entrata.
Immediatamente mi fiondai verso di esso, aprendolo e leggendo.
Dobbiamo parlare.
I miei sospetti erano, dunque, confermati. il cuore mi precipitò dal petto perdendo la sua regolarità, vampate tremanti mi incendiarono la pelle… fino a quando non girai il foglio dall’altra parte e non lessi di nuovo.
SONO INCINTA!
Non potevo crederci. Un altro colpo al cuore, ma stavolta per un motivo completamente diverso. Ero solo gioia, pura gioia.
Spalancai la porta e trovai sul pianerottolo la vicina, la signora Trelbi.
Le mostrai il foglio, raggiante, senza riuscire a dire una parola.
Sul volto di lei si dipinse l’espressione più stupita immaginabile.
Poi mi scapicollai per le scale, verso Sabrina, senza poter aspettare oltre.
***
« Signora Trelbi, mi ripeta, per favore, la sua testimonianza. »
L’infermiere era sulla porta. La signora Trelbi cominciò.
« La giornata è iniziata nel migliore dei modi. Stavo tornando a casa quando il signor Mivi ha aperto di scatto la porta – uno spavento! – e mi ha mostrato gioioso il palmo della mano, come se ci fosse scritto qualcosa. Invece non c’era niente. Niente. Mi sono allarmata e mi sono decisa a chiamarvi. Era da tanto che, abitando dirimpetto, vedevo parecchi comportamenti strani in lui. »
L’infermiere prendeva appunti sul suo taccuino.
« Abbiamo trovato la casa completamente a soqquadro e indumenti femminili sparsi in varie stanze. Lei conferma che il signor Mivi viveva solo, senza una relazione stabile? Non l’ha mai visto entrare in casa accompagnato? »
« No, viveva da anni completamente solo e non usciva quasi mai. Se ci fosse stato movimento me ne sarei accorta, stia sicuro. »
« Ok, non si preoccupi. D’ora in poi, nel nostro istituto, la salute mentale del signor Mivi sarà accudita e salvaguardata. »
La signora Trelbi si strinse di più nello scialle, come per un brivido improvviso.
« Grazie. Mi spiace molto. Povero ragazzo, era sempre così solo… »
Una storia intrigante dal finale inatteso (unico indizio del disturbo mentale l’ho rinvenuto nell’incipit quando dici “ Mi ero appena svegliato molto riposato nonostante avessi lavorato tutta la notte”. Il racconto “prende” e si fa leggere con curiosità. Il lessico è molto ricco e carico di aggettivi che potrebbero essere asciugati per rendere ancora più ficcante la storia.
Bravo! Appassionante e strano al punto giusto. Complimenti.
Grazie infinite, Monica! Anche per i suggerimenti e le impressioni!
Lo spiazzamenti era uno fra gli effetti che volevo ottenere! Grazie!