Premio Racconti nella Rete 2021 “Una via di fuga” di Luca Stanghini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Enea aveva paura di morire.
Il pensiero che un giorno sarebbe tutto finito lo assaliva poco prima di prendere sonno, con una serie di attacchi di ansia che lo avevano spinto verso specialisti dalle indiscutibili competenze; le targhe affisse nelle pareti dei loro studi parlavano di risultati mirabili, che per Enea si traducevano in poche ore di tregua prima di attacchi di panico ancor più feroci: e fu in quegli apici di sofferenza che Enea decise di buttarsi tra le braccia di alcune tra le migliori fattucchiere in circolazione. Con loro consumava il rito per togliere il malocchio, metteva in tasca il foglietto dove erano indicate le erbe da mettere in infusione, e infine, da solo, tornava a casa per prepararsi una tisana che nella migliore delle ipotesi gli procurava un gran pizzicore alla gola.
Per la prima volta Enea uscì da casa a notte fonda.
In piena notte, camminando per le vie del centro, si rifugiava con il volto sulla facciata di qualche abitazione a ogni nuova ondata di paura. E rischiò persino di morire sul colpo dopo aver cercato di nascondere la testa nell’incavo perfetto: nello slancio, con gli occhi rigorosamente chiusi, non si accorse della soglia di marmo che lo fece volare gambe all’aria.
Enea si risvegliò su un divano e, lentamente, spostandosi di lato, poté leggere le parole che aveva visto poco prima di perdere i sensi: ‘Vuoi vivere fino a 999 anni? Bene, abbiamo la soluzione per te!’
In quei difficilissimi anni Enea aveva ascoltato molte promesse di future vite, ma nessuna era stata così sfacciata. Tante proposte di esistenze ultraterrene che certo, lo avevano fatto vacillare, senza però arrivare a qualcosa di concreto. E non erano state motivazioni etiche a farlo resistere, tantomeno quelle religiose: i genitori non lo avevano nemmeno battezzato e lui aveva mantenuto una distanza di sicurezza da tutte le fedi religiose che aveva incontrato fino a quel momento.
L’euforia che lo assalì nel leggere la scritta si potrebbe spiegare con poche righe: dopo tanto tempo era nel posto giusto al momento giusto. La sensazione di vittoria lo spinse a rimettersi in piedi, un’azione perentoria che gli costò una dolorosa fitta nel fondoschiena. Non riuscire a capire in quale luogo fosse capitato, con la paura di morire accompagnata da un attacco di ansia foriero di colite, lo spinse verso la via di fuga più vicina.
Enea si aggrappò al pomello della porta che aveva a portata di mano, girò verso sinistra e poi verso destra, ma quello che sentì non fu lo scatto di una serratura.
“Se vuoi uscire devi solo tirare la porta verso di te”.
Sobbalzò dallo spavento prima di voltarsi verso la voce che aveva appena sentito. Ma per quello che poteva vedere nessuno era presente nella stanza: solo scaffali vuoti, un mobile e una scrivania con sopra un oggetto. Abbassandosi leggermente cercò di guardare tra il pannello orizzontale e quello verticale della scrivania, trovando solo una nuova fitta alla schiena che lo costrinse a tenersi nell’unica cosa che gli venne in soccorso: l’oggetto sopra la scrivania era incastonato nel legno. Per fortuna sua.
“Hai cambiato idea? Non vuoi più andare via?” – chiese la voce che usciva distintamente dall’oggetto davanti a lui.
“Chi sta parlando?” – chiese Enea lasciando subito la presa.
“Siamo coloro che hanno la fortuna di vivere 999 anni” – rispose l’oggetto.
Enea rimase per qualche istante immobile. Si chiedeva chi avesse organizzato uno scherzo simile, ma non trovando risposte plausibili pensò a una truffa: sapeva bene di non poter vivere oltre un certo limite di età, che per lui, considerando i riferimenti familiari che prendeva minuziosamente in esame, si aggiravano intorno agli ottant’anni; e sapeva bene che ogni giorno era un pullulare di offerte eterne grazie a svariati beveroni che invece di allontanare cure mediche o più crudi epiloghi ne aprivano con facilità porte e finestre.
“Comprendiamo bene il tuo stato d’animo Enea – disse nuovamente la voce – anche noi eravamo come te, con la paura di morire che non ci faceva più vivere.”
“Come fai a sape…?” – provò a chiedere senza riuscire a proseguire.
“Conosciamo tutti coloro che hanno paura di morire – riprese la voce – ma non tutti possono scegliere di vivere per 999 anni”.
“Ma non è possibile vivere così a lungo!” – ribatté Enea.
“E dov’è scritto?” – rispose la voce.
“Nella storia dell’uomo” – Enea provò a controbattere.
“Pensi di conoscere tutti gli uomini che sono stati in questa Terra? – chiese l’oggetto prima di proseguire – Molti di noi hanno subito un evento luttuoso come il tuo e da allora hanno considerato la morte come il male peggiore. Io ho perso entrambi i genitori 500 anni fa, quando ero appena un ragazzino”.
“E allora perché proprio a me?” – balbettò Enea.
“Perché sei entrato in contatto con il detrito LU999 – rispose l’oggetto – che si è staccato dalla Luna e per 999 anni è entrato nell’orbita della Terra fino al giorno in cui è esploso in migliaia di frammenti. La possibilità di vivere per 999 anni è per un contatto che hai avuto con uno dei detriti”.
“Non ricordo di alcun detrito – provò a rispondere Enea –, e poi non voglio vivere 999 anni: che vita sarebbe senza il contatto con le persone? Non ho sempre avuto paura di morire e vorrei tornare a vivere senza pensare continuamente al giorno in cui non ci sarò più. Il dispiacere più grande nella mia vita è la prematura scomparsa di Giovanni e per tutti questi anni mi sono sentito in colpa per non averlo visto prima della chiusura della bara: non avere avuto la forza di salutarlo e il mio unico desiderio è di tornare a quel giorno, per poterlo rivedere un’ultima volta”.
L’oggetto parlante si colorò di rosso, mentre l’armadio si spalancò davanti a Enea.
“Se è quello che veramente desideri – disse l’oggetto – è quello che avrai, ma non potrai più vivere 999 anni”.
Rimase immobile di fronte a quell’apertura inaspettata. Fece un passo e poi un altro. Fu buio pesto intorno a lui. Senza avere paura, pensava al momento che aveva sperato in quegli anni stravolti dal dolore. E quando iniziò a immaginare il volto di Giovanni sentì il suono di una serratura. Enea spinse in avanti le braccia, aprì la porta e se lo trovò davanti. Era tornato. Il momento che voleva rivivere era finalmente tornato. La camera ardente che aveva visto dalla soglia della chiesa era piena di persone. Enea si mise davanti al feretro, riconoscendo i jeans e il maglione blue con cui era stato sepolto Giovanni, mentre la testa fasciata rendeva quanto mai difficile scorgere i tratti del volto: l’espressione sorpresa della bocca, e il naso, enorme rispetto al resto del volto, avevano perso molta della loro fisionomia.
I profondi sospiri avvolsero Enea anche nel momento in cui rivide sé stesso poco fuori dalla chiesa, con il volto segnato da profonde occhiaie: poteva incrociare il suo sguardo ogni volta che si voltava a guardare Giovanni senza però trovare il coraggio di entrare in chiesa.
“Pe.. Per favore – si diceva tra sé – vie.. vieni qui, ti prego”.
Poi, alzando il tono della voce, le frasi divennero ben presto degli ordini per spingere il giovane Enea a oltrepassare quella soglia. Scattò in avanti, allontanandosi per la prima volta dalla bara, per avvicinarsi a sé stesso, per cercare di raggiungersi.
“Ti scongiuro, entra!” – si gridava Enea.
Inginocchiato tra Giovanni e i suoi vent’anni, Enea piangeva tenendo le mani appoggiate sulle cosce.
Cadevano lacrime mentre la paura di morire lasciava spazio a un sollievo inaspettato, con un sorriso leggero che ingannò anche gli ultimi disperati tentativi di non farlo andare via.
Condivisibile e molto umano il desiderio di poter tornare indietro e rivivere in maniera migliore alcuni momenti della nostra vita. A Enea è concesso….
Grazie per aver letto il racconto. Enea è alle prese con una sfida quasi impossibile, ma prova in ogni modo a cambiare la sua condizione…