Premio Racconti nella Rete 2021 “Storia di una macchina per cucire” di Raffaella Vanetti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Il mio primo ricordo sono due mani forti che mi stavano liberando dalla cassa di imballaggio.
Una voce squillante esclamò “Oh, Tesoro!” e una voce profonda rispose “Per te, Amore Mio!”.
Fu così che iniziò la mia vita, in casa di Tesoro e Amore Mio. Facevo bella mostra di me, tutta nera e con i fregi dorati che brillavano al sole, nel salotto buono, accanto a Credenza, Tavolo, Specchiera e Radio.
Presi subito confidenza con le mani bianche e delicate di Amore Mio, che mi carezzava amorevolmente canticchiando in compagnia di Radio, e con i suoi piedi che si muovevano a tempo sul mio pedale.
Mi piaceva quando mi faceva cucire la seta… quel ritmo lento, e quel tessuto che mi scivolava addosso come le ali di una farfalla…
Ben presto però il mio lavoro principale diventò quello di cucire degli strani triangoli di cotone. Non capivo cosa fossero, finché un giorno alle voci di Tesoro e Amore Mio si aggiunsero strani strilli acuti: era arrivato un Amore Mio in miniatura! Vista la misura di quei triangoli di stoffa doveva essere molto piccola, ma che voce!
Col tempo gli strilli della piccola Anna lasciarono il passo a una dolce vocina squillante che riempiva le mie giornate. Quando incominciò a parlare, Tesoro e Amore Mio ebbero anche un nuovo nome: Tesoro ora si chiamava anche Papà, e Amore Mio, Mamma. Quel giorno ho imparato che le Persone possono avere più nomi.
La nostra vita scorreva tranquilla, Mamma – Amore Mio ora cuciva cotonine colorate per la piccola Anna e aveva ricominciato a coccolarmi con la seta.
Finché un giorno Radio nominò una parola che non avevo mai sentito: Guerra. Non doveva essere una cosa bella, sentii Tesoro e Amore Mio parlare tra loro con un tono di voce preoccupato. L’atmosfera in casa cambiò, Tesoro era cupo e Amore Mio ogni tanto tirava su col naso. Io e la piccola Anna non capivamo il perché. Ero anche arrabbiata con Radio, non cantava più, parlava solo di questa Guerra, e Tesoro e Amore Mio erano sempre più tristi.
Un giorno le mani forti di Tesoro mi caricarono su un furgone in mezzo a scatole e valigie, e sentii Amore Mio dire ad Anna che saremmo andati in Campagna da Nonna. Anche Radio venne con noi, e la cosa non mi fece piacere.
Venni scaricata in una grande cucina, accanto a un grande Tavolo e un enorme Camino. Dalla finestra davanti a me potevo vedere gli altri abitanti di Campagna: Asino, Mucca, Galline e Gallo. Odiavo Gallo, che prima dell’alba col suo grido disturbava la quiete! Ma doveva essere un personaggio importante, perché al suo richiamo tutti si svegliavano e iniziavano il loro lavoro.
Il giorno del nostro arrivo a Campagna fu l’ultimo in cui vidi Tesoro – Papà. Partì per andare in Guerra (ma quindi era un luogo, non una cosa?).
Una volta che Tesoro – Papà fu partito, Mamma – Amore Mio cambiò di nuovo nome: adesso era Mamma – Nì (Nì era il nome con cui la chiamava Nonna), e Anna ora si chiamava Anna – Annina.
Il tempo a Campagna trascorreva lento, mi abituai a nuovi rumori, nuove voci, nuovi odori e alle mani di Nonna, chè ogni tanto cuciva anche lei. Le sue mani non erano bianche e delicate come quelle di Mamma – Nì e il palmo era ruvido, ma si muovevano spedite ed esperte sulla stoffa. I suoi piedi davano al pedale un ritmo più lento e misurato, che mi rilassava…
Nonna e Mamma – Nì non cucivano più la seta, ma cotone spesso e ruvido. Per fortuna ogni tanto c’erano pezze di cotonina colorata per i vestiti di Anna – Annina, che cresceva a vista d’occhio.
Nonna tentò anche di insegnare ad Anna – Annina a cucire, ma lei preferiva correre dietro a Galline e far spaventare Gallo (cosa di cui ero perfidamente felice), e dopo qualche tentativo maldestro, io e le sue piccole manine non ci incontrammo più.
Mamma – Nì era spesso pensierosa. In quei momenti i suoi piedi si bloccavano sul mio pedale e le mani le cadevano in grembo. Io restavo lì in apprensione ad aspettare. Chissà perché lo faceva? Poi capii che era per colpa di Guerra (ma quindi era una cosa, un luogo o una persona?).
Un giorno sentii l’ormai familiare scampanellio del postino. Quando arrivava di solito era festa perché portava lettere di Tesoro – Papà, allora Mamma – Nì si sedeva in cucina insieme a Nonna e Anna – Annina e leggeva ad alta voce. In quei momenti, nelle lettere, Mamma – Nì si chiamava ancora Amore Mio.
Quella volta però fu diverso: sentii Mamma – Nì emettere un forte grido (mi vengono ancora i brividi agli ingranaggi se ci ripenso!). Poi il suo pianto disperato insieme a quello di Nonna e Anna – Annina. Capii tempo dopo che Tesoro – Papà non sarebbe più tornato.
Mamma – Nì piangendo ripeteva spesso il nome di un certo Giulio. Capii che era un altro nome di Tesoro – Papà. Peccato averlo scoperto solo ora che lui non c’era più.
Per lungo tempo restai lì inutilizzata, Mamma – Nì stava male, non aveva le forze per far nulla e piangeva spesso. Nonna doveva occuparsi anche di lei. Quando infine il suo pianto fu meno frequente, ricominciammo a lavorare insieme, e piano piano anche il tremore delle sue mani scomparve.
Un giorno Radio diede finalmente una bella notizia: Guerra era finita! Vidi di nuovo Mamma – Nì e Nonna piangere, ma ora erano lacrime di gioia.
Pochi giorni dopo fui caricata da mani sconosciute su un furgone insieme a scatole e valigie. Sentii Mamma – Nì dire ad Anna – Annina che si tornava a Casa. Fui rimessa la mio posto, accanto a Credenza, Tavolo e Specchiera. Anche Radio tornò con noi e ricominciò a cantare, cosa di cui fui molto felice.
Con noi venne anche Nonna e da quel momento non rimasi mai ferma, dall’alba al tramonto: Mamma – Nì e Nonna si alternavano a cucire a tutte le ore. “Per sbarcare il Lunario”, dicevano. Però io questo Lunario non l’ho mai conosciuto.
Il tempo passò, la voce di Anna – Annina si fece meno squillante e più profonda. Mamma – Nì cucì per molte ore un unico splendido abito bianco, di seta, con tulle e pizzi. Come mi divertii! Quando fu finito però non sentii più ogni mattina la voce di Anna – Annina. Ogni tanto tornava, ma poi se ne andava di nuovo.
Nel frattempo le mani di Nonna si facevano più tremanti e non riusciva più molto bene a guidare la stoffa. I suoi piedi sul pedale erano sempre più lenti. Finché un giorno non sentii più neanche la sua voce. Con me rimase solo Mamma – Nì. Nessuno la chiamò più così: quando arrivava Anna – Annina (che ora era diventata solo Anna), era Mamma e basta.
Mamma ora cuciva più raramente: era spesso fuori casa, e la sentivo dire alle sue amiche che era impegnata a fare la Nonna. Questa cosa non l’ho mai capita…
Qualche anno dopo, mentre le mani di Mamma si erano fatte meno sicure e i suoi piedi si erano fatti più lenti, sentii il tocco di piccole mani sconosciute, e di due piedini che fecero partire il mio pedale a una velocità mai provata: che spavento! Per fortuna la voce di Mamma riportò la calma: “Giada, lascia subito la mia Macchina Per Cucire, è antica e delicata!”. Era arrivata una nuova piccola Donna, che se ne andò sbuffando e brontolando facendomi ritrovare un po’ di pace… solo momentanea: quando Mamma non guardava, Giada mi faceva partire a 100 all’ora!
Un giorno non sentii più neanche la voce di Mamma. Anche Radio non cantava più. Sentivo solo i rumori della città al di là delle tapparelle abbassate. Fui caricata su un furgone come tanti anni prima, insieme a Radio, e anche Credenza, Tavolo e Specchiera stavolta erano con noi. Ci ritrovammo in una piccola stanza e fummo coperti con grandi teli bianchi. La luce si spense, qualcuno chiuse una serranda. Calò un silenzio totale.
Non ebbi niente da fare per molto tempo, se non ricordare la mia vita passata, finché all’improvviso sentii uno scalpiccio, rumore di chiavi e la serranda che si apriva. Una luce fioca trapelò sotto il telo che mi copriva.
“Dovrebbe essere là sotto”. Sembrava la voce della mia Anna, ma era più fresca e squillante. Di sicuro non poteva essere lei, ho imparato che nel tempo le Donne crescono, cambiano nell’aspetto, nella voce e nel ritmo dei loro movimenti.
Il telo mi fu tolto e mi vidi riflessa in Specchiera: che orrore! Ero coperta di polvere, i miei bellissimi fregi dorati erano tutti anneriti, il legno del piano era diventato grigio e spento, e il pedale aveva macchioline di ruggine! Ero molto triste.
Una voce maschile chiese: “Giada, Amore, sei sicura?” (allora era la piccola Giada, ora si chiamava Giada – Amore!). “Sì!” rispose lei. Fui caricata – di nuovo! – su un furgone e mi ritrovai in un ampio locale con alte finestre. Con me c’erano altre mie simili, tutte più o meno mal messe. A qualcuna mancavano anche dei pezzi! Che paura…
Giada – Amore disse: “Ne abbia cura, la prego”. Una voce sconosciuta rispose: “Non si preoccupi, tornerà come nuova e le daremo una nuova vita, grazie per avercela donata”. Questo mi tranquillizzò e mi elettrizzò allo stesso tempo.
Nei giorni seguenti fui smontata e rimontata, pulita, lubrificata, il legno venne nutrito con olio prezioso, la ruggine e la polvere sparirono, i fregi d’oro vennero lucidati fino a scintillare, e mi regalarono una nuova cinghia di trasmissione. Mi sentivo di nuovo giovane e bella come quando entrai in casa di Tesoro e Amore Mio…
Poi fui chiusa in una cassa di legno piena di paglia (meno male che non soffro il solletico!) e viaggiai a lungo. Sentivo un po’ di mal di mare, ma l’eccitazione per questa nuova avventura me lo rese sopportabile.
Quando la cassa venne aperta, ero molto lontano da Casa: rumori, odori e persino il colore del cielo erano diversi. Faceva più caldo, e l’aria era meno umida. Anche le voci intorno a me parlavano in una lingua nuova.
Venni portata in un locale che sentii chiamare Scuola, e nel tragitto dal furgone al locale sentivo grida di gioia, canti e applausi. Ma davvero erano per me? Sembrava proprio di sì!
Così è iniziata la mia nuova vita: ora nuove mani, più scure di quelle che avevo conosciuto, grandi e piccole, alcune esperte e sicure, altre incerte e titubanti, si alternano su di me durante la giornata.
Piedi piccoli e grandi, alcuni lenti, altri veloci.
Stoffe morbide e ruvide, ma tutte splendide e colorate.
Nuove voci e nuovi Nomi.
Sono felice.
Delicatissimo, e mi sono commossa, perché ho pensato alla mia Nonna. SINGERamente delizioso.
Che bello! Originale e poetico, anche a me ricorda la vecchia Singer di mia nonna, quante ne hanno viste questi oggetti di casa… ma non sono solo oggetti…
Profuma di dolcezza, questo racconto basato sulla forza delle donne che come sempre, nei momenti di difficoltà sanno rimboccarsi le maniche e procedono dritte nella vita. In bocca al lupo!
WOW!
Questa è la prima parola che mi viene in mente per questo racconto! Bellissimo, scritto davvero bene, con ottimi tempi e un saliscendi emotivo impressionante per queste poche righe, davvero!
“Però io questo Lunario non l’ho mai conosciuto.” con questa frase sono passato dall’avere gli occhi umidi per la morte di Papà – Tesoro ad un sincero sorriso. Quando un racconto è in grado di fare una cosa del genere, è di quelli belli davvero, secondo me.
Mi è capitato, in passato, di leggere altri racconti dove il punto di vista era quello di un oggetto, ma per quanto mi riguarda il tuo è una spanna sopra!
Bravissima, complimenti!
Molto bello il tuo racconto, la tua macchina da cucire ha attraversato la storia! Complimenti
Bellissimo racconto, con un finale da urlo: davvero complimenti!
Una vecchia macchina da cucire racconta…come quella a pedale della mia nonna paterna, sarta, che confezionò per me mio fratello e anche mio figlio camicine, vestitini e mi insegnò a cucire, ora ho una ” nipote” della Singer, che uso spesso. Un racconto dolce e pieno di speranza.
Bello bello! Cucito perfettamente.
Una macchina da cucire a pedale simile a quella descritta nel racconto la usava una mia zia materna tanti anni fa, ed ancora fa parte dell’arredamento della mia casa. Nonostante siano passati più di quarant’anni da allora, ricordo come fosse adesso quando la zia cuciva con questa macchina vicino ad una finestra per vederci meglio, e i raggi del sole filtravano dal vetro evidenziando miriadi di granelli di polvere in sospensione nell’aria. Gli oggetti che per lungo tempo hanno accompagnato la nostra vita e quella dei nostri cari fanno in un certo senso parte della famiglia, ed è quindi comprensibile umanizzarli, pensandoli addirittura capaci di sentimenti e di ricordi. Racconto scritto dall’originale punto di vista della macchina da cucire, né patetico né pretenzioso, capace di commuovere.
Cara Raffaella, vittoria meritatissima! Questo racconto racchiude insieme originalità e sentimento. Vite vissute durante la guerra, descritte dal punto di vista di una macchina da cucire. Mi piace tanto il suo raccontare i personaggi tramite i nomignoli, importanti nel creare l’atmosfera familiare. L’idea di un oggetto immortale, che vede i “suoi esseri umani” nascere crescere e morire, il ciclo della vita che scorre, fino ad una nuova rinascita dell’oggetto stesso. Brava, brava, brava.