Racconti nella Rete®

Avevo lasciato il mio cielo plumbeo con all’orizzonte i soliti nuvoloni di monossido di carbonio e infinite varietà di polveri sottili. Dal rumore assordante delle grida al torpore del coprifuoco.

Visibilmente asincrono e nel gelo dei due gradi afferrai un sacco e saltai sul primo barcone. Avevo un unico sogno: riuscire a vedere un cielo blu, limpido e chiaro. Dal silenzio stagnante. Avevo impiegato tanto tempo prima di arrivare fino a qui e ora, perfino il mare scosso, mi dava pace. Pioveva forte.  Dalla baia il fragore delle onde rimbombava e batteva. Immerso nel chioccolio salato dell’acqua, svanito mi perdevo a guardare un cielo nero e vuoto di stelle. Il vento era iniziato a salire e mi sentivo dentro quell’aria. Aggrappato alle rocce tenni duro.

Una smorfia di dolore mi contraeva il viso e mi sentì schiacciato da quel cielo scuro.  Caddi in un sonno profondo. Con le prime luci dell’alba il chiarore mi graziò il viso e il tepore mi ingentilì. Urlai fragorosamente guardandomi intorno. Le onde si erano placate e con un ululato di sirena vidi avvicinarsi a me un peschereccio. Uno sguardo all’insù e il cielo era sempre più blu.