Premio Racconti nella Rete 2021 “Lettere Smarrite” di Giulia Meattini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Caro Marito,
ti scrivo questa lettera per farti sapere mie notizie , che sto abbastanza bene e che non dovete preoccuparvi per me.
Il viaggio mi ha stancato parecchio e sarà per questo che nei giorni scorsi non sono stata bene, intanto mi sono sistemata alla meno peggio.
Salutami tanto il mio piccolo Nino, abbraccialo forte da parte mia e digli che la mamma lo ama e tornerà presto.
Con sincero affetto Mirella.
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Caro, Carissimo Marito,
ti scrivo un’altra lettera in attesa che ancora tu mi risponda alla prima , ma sicuramente avrai da fare con Nino , il tuo lavoro ed i clienti della bottega.
Non sai quanto mi mancate e ci tengo a farvi sapere che i miei pensieri sono sempre rivolti a voi.
Ogni giorno che passa mi sento meglio davvero e voglio sperare che presto possa tornare a casa, alla mia casa là sulle montagne dalle quali si vedono le valli tutte intorno, il castello in lontananza e i paeselli che si illuminano nella campagna circostante quando viene sera, come tante piccole fiammelle che rischiarano la notte buia.
Ho sempre avuto timore del buio e dell’oblio ma vicino a te mi sento protetta, per questo spero di tornare molto presto a casa e spero che tu non ti sia scordato di me che sono lontana non per mio volere come sai, ma per volere di altri. Ti farò avere presto mie notizie , porta i miei più cari saluti al piccolo Nino che mi manca tanto.
Tua Mirella
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Caro Ernesto,
è passato più di un mese dalla mia dipartita e non ho avuto notizie della mia famiglia, il che non mi fa stare tranquilla.
Quassù la vita è sempre uguale, mi sono fatta qualche amica, insomma qualcuna con cui posso parlare perché le giornate sembrano interminabili.
Il dottore che mi ha visitato, un Professore di Roma, ha parlato a bassa voce con le infermiere e devo dire che non ho capito molto ho visto che ha scritto fitto fitto con una calligrafia illeggibile in un foglio che ha consegnato a Suor Maria. Quella suora che conoscesti il primo giorno che mi accompagnasti quassù.
Spero che presto possano rimandarmi a casa intanto le medicine stanno facendo effetto e io mi sento meglio, o almeno credo.
Salutami Nino che è sempre nel mio cuore, chissà come sarà cresciuto adesso.
Ti prego di rispondermi subito appena riceverai la mia lettera perché le tue ancora non mi sono arrivate e non capisco se il sevizio postale è in ritardo oppure non hai avuto il tempo, tanto è il lavoro a bottega che questo periodo ti impegna.
Sempre tua Mirella
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Carissimo Ernesto,
io non capisco come mai non mi hai mai scritto e dopo diversi mesi sono sinceramente preoccupata che tu ti sia scordato di me.
Purtroppo devo informarti che le infermiere che sono nel mio reparto sono cattive con tutte noi e le medicine che ci danno sempre più frequentemente non mi fanno stare bene, mi fanno venire tipo delle crisi che tremo tutta. Ho sentito che le chiamano epilettiche ma loro dicono che sono io, ma io lo so che non dipende da me.
Sono crudeli mi parlano dietro e le sento parlare anche quando dormo o quando sono lontane come se fossero dentro alla mia testa notte e giorno, secondo me lo fanno apposta per dare la colpa a me che sono matta.
Ma tu lo sai vero Marito mio che io non sono matta?
Allora spiegami perché mi avete lasciato in questo luogo dimenticato da Dio e pure voi vi siete dimenticati di me, io sono qui dentro e voi là fuori.
Intorno a me ci sono donne che stanno veramente male e battono la testa nel muro e nelle sbarre , ma io non sono come loro.
Il professorone di Roma è tornato la settimana scorsa o poco più in là , ha voluto provare una macchina nuova dice all’avanguardia per le cure dei nostri casi , io non ho capito tanto ho solo visto cinghie e lampadine e fili e poi una luce forte e una scossa che mi ha percorso da capo ai piedi come un dolore che ti brucia le carni e ti addormenta il cervello. Sono stata male a letto per qualche giorno o forse di più mi sono svegliata tutta sporca che mi vergognavo di essere una donna di casa e dabbene come voi tutti mi conoscete.
Con questo racconto non ti voglio far preoccupare ma ti chiedo adesso di venirmi a prendere che sono sicura che a casa mia potrò guarire con te, il piccolo Nino che mi manca tanto che adesso sarà diventato grande , vicino ai miei monti e ai boschi che si vedono dalla finestra della nostra cucina che quando è tempo di castagne si va per castagnatura e si cuociono nella grande stufa. Rispondimi presto, attendo notizie di tutta la famiglia,
tua Moglie Mirella.
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Illustrissimo Marito Ernesto Pennati,
all’iddì 24 Settembre 1955 dall’ Ospedale di Cura , ti scrive ancora tua moglie Mirella Fanti nei Pennati , se ti ricordi aver sposato molti anni addietro.
Pregiatissimo vorrei tornare a casa se potete venirmi a prendere immantinente che i dottori e le infermiere da molto tempo provano ad uccidermi oppure a farmi stare zitta quando urlo.
Va tutto bene e state tranquilli che non voglio spaventare nessuno anzi abbraccia mio figlio Nino da parte mia che a questo punto forse avrà finito la scuola, sarà stato sicuramente bravo e sarà diventato un uomo ormai.
Digli che la sua mamma non avrebbe mai voluto lasciarlo ma è stata presa con la forza, ingannata e portata via da tutti e dalla sua famiglia.
Il Dottore – Professore , quello di Roma, continua a curarmi con la macchina ma non capisce che così mi fa male, mi brucia la carne come se scendessi nelle viscere dell’inferno. Ma forse all’inferno ci sono già senza saperlo perché i diavoli mi urlano in testa notte e giorno e quando inizio a tremare che mi vengono le crisi forti mi legano al letto sennò mi faccio male coi ferri delle sbarre.
Vedo il cielo a strisce dalla mia stanza , vedo i fantasmi intorno a me che girano senza sosta, sono le mie compagne dell’ospedale che si spengono e svaniscono come me se non mi vieni subito a prendermi. Questo è un ordine ma anche una preghiera e ti giuro che sono guarita e che non alzerò mai più le mani su Nino, mai più e non piangerò come quando è nato che non riuscivo a smettere e non ce la facevo per i singhiozzi nemmeno a tenerlo in collo , tanto era piccino che mi scivolava via dall’anima.
Digli a Nino che lo amo, che l’ho sempre amato, come te caro Marito, e che non è colpa mia se mi hanno portato via da voi e mi hanno condannata ad un destino di Oblio.
Vostra Mirella
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EGREGIO SIGNOR ERNESTO PENNATI
DOLENTE INFORMARLA MORTE MOGLIE.
DIRETTORE MANICOMIO SAN GIROLAMO
26 settembre 1955_ VOLTERRA
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Saturnino Pennati, per tutti Nino, ha in mano la cartella clinica di sua madre che dopo tanti anni è riuscito a rintracciare, le nocche gli sono diventate bianche per quanto la stringe, il respiro è mozzato e gli occhi ormai increspati di rughe ai lati adesso sono pieni di lacrime, quelle lacrime che per la prima volta riesce a piangere.
Il suo cuore ha perdonato una madre assente, una madre sconosciuta, una madre che in famiglia non si poteva neppure nominare e che l’aveva lasciato quando era troppo piccolo (perché non l’amava? ).
Un fantasma che ha tormentato i suoi ricordi per tanti anni ed ha condizionato ogni scelta della sua ormai vecchia e solitaria vita.
Sale in macchina diretto a casa, sulle montagne che tanto ama.
Dalla finestra della sua cucina si vedono i merli più alti del castello, i boschi di castagne che si rianimano nel periodo della castagnatura e quei paeselli che si illuminano nella campagna circostante appena viene sera, come tante piccole fiammelle a rischiarare l’oscurità della notte.
Gli fa compagnia una stufa accesa dove crepita allegra la legna e una vita semplice di paese.
Con una manica della giacca si asciuga gli occhi e guarda il cielo che volge all’imbrunire , una stella si accende lontano e sa, che adesso, brilla solo per lui.
Sorride.
Bentrovata ed Addio Mamma.
Le storie dei pazienti psichiatrici (che spesso psichiatrici non erano, ma venivano fatti diventare) sono colme di sofferenza, che tu hai reso benissimo nelle parole di Mirella e nella commozione del figlio nel ritrovare la madre tramite gli scritti mai ricevuti, perché mai inviati. Dal tuo scritto emerge la solitudine e il dubbio, tra i fantasmi veri e quelli immaginati…
Commuoversi in pausa pranzo per aver letto un bellissimo racconto: fatto! Brava Giulia.
Una giornata no, una giornata contro, ma arriva il tuo racconto , bellissimo , vero, e commovente; e benché sia un pugno nello stomaco , ( ma scritto dolcemente) rende meno no e meno contro la mia giornata. La violenza sulle donne era anche questa, l’oblio certi lager camuffati da ospedali, tutti complici. Sono contenta di averlo letto.Ciao.
Un racconto toccante che si legge d’un fiato e lascia tante sensazioni da rimuginare. Ottima la scelta epistolare! Le lettere non sono datate e questo è un dettaglio che potresti aggiungere, ma il racconto è molto bello anche così. Piaciuto.
una storia di ordinaria follia, di chi la dovrebbe curare
Molto bello e commovente. Mi piace la trasformazione da personaggio apparentemente normale a personaggio con apparenti problemi, se così vogliamo dire: una depressione post partum che oggigiorno si può curare se non addirittura prevenire. Complimenti!
Mi è molto piaciuto. Ha un ottimo climax ed è un racconto potente. Brava!
Chi dice che scrivere non serve a niente? Come messaggi in bottiglia le lettere scritte da una moglie arrivano anni dopo, diventando quelle di una madre. E’ troppo tardi per incontrarsi e rimediare, ma non per ricostruire una storia e ritrovare un filo. Non basta a cancellare una vita di ingiuste sofferenze, ma solo a restituire un po’ di verità. Efficace la progressione di tensione e centrato il linguaggio delle lettere. Una storia dura, forse molto più attuale di quello che sembra. Molto bello.
Toccante, ho apprezzato soprattutto lo stile in cui sono scritte le lettere e la loro evoluzione. Complimenti.
Mi sarebbe piaciuto che ogni lettera avesse la data, ma è solo un mio parere.
Racconto potente, duro e pacato al tempo stesso. Lettere che si sviluppano in un crescendo di sentimenti e disperazione. La lucidità di questi scritti contrasta in modo molto efficace con l’ottusità delle cure che la donna subisce. Secondo me la mancanza delle date é compensata in modo eccellente con i puntuali riferimenti al figlio che il lettore vede crescere, lettera dopo lettera, fino a diventare un uomo. Mi ha molto colpito l’evoluzione del suo rapportarsi con il marito che da “caro, carissimo” arriva al “pregiatissimo” dell’ultima straziante e disperata preghiera. Complimenti, veramente bello, buona l’idea dello sviluppo epistolare.
Presunzione, ignoranza e bigottismo hanno spesso generato sofferenze atroci! Scrivere spesso sembra che non abbia alcun potere verso gli atteggiamenti distruttivi, invece può salvare…
Bellissimo e commovente. Mi piace l’idea delle lettere, in cui dalla speranza si passa alla paura, dalla semplicità rassegnata alla rabbia disperata, fino all’epilogo inevitabile. E, nella tragedia, la consolazione di aver ritrovato la propria mamma, troppo tardi per questa vita ma non per la verità. Sembra una storia di altri tempi, ma racconti come questo ci insegnano che non dobbiamo mai dare per scontata nessuna conquista.