Premio Racconti nella Rete 2021 “La nuova” di Fabrizio Tummolillo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021La nuova disse di chiamarsi Laura. Disse che aveva fatto il corso per assistente perché sognava di lavorare con i bambini autistici ma intanto per guadagnare qualcosa aveva fatto domanda lì. Disse che era emozionata perché sentiva di amare già quel lavoro ma aveva un po’ di paura perché era la sua prima volta in un istituto psichiatrico anche se aveva già fatto volontariato con la parrocchia, con gli scout e cose del genere. Disse questo e tanto altro senza che Santina le chiedesse alcunché. Solo dopo un po’ la nuova sembrò avvertire il bisogno di fare qualche domanda alla collega.
Lavori qui da tanto?
Quarantadue anni. – rispose Santina – È la mia ultima notte. Da domani sono in pensione. Torno in Sardegna.
La nuova la guardò con aria spaesata.
Non me l’avevano detto.
Avrebbero dovuto?
Dall’alto arrivò un grido acuto che si spense in una specie di rantolo.
La nuova sbiancò.
Cos’era?
Emma del terzo piano. Stanotte si balla. Andiamo.
Dopo la crisi di Emma ci fu la crisi di panico della nuova. Santina la fece sdraiare in ambulatorio e tornò da Emma imprecando contro chi le aveva affiancato una nuova alla sua ultima notte. Finito il turno non rispose al suo ciao. Salutò i colleghi del cambio e svuotò l’armadietto. A breve sarebbero arrivati gli impiegati, il direttore sanitario e la direttrice ma non voleva vederli. Tanto l’ultima busta paga gliel’avrebbero spedita.
Uscì e andò all’auto.
Prima di salire diede un’occhiata al bar a lato del parcheggio. Quarantadue anni fa al termine del suo primo turno notturno si fermò lì a bere una cioccolata per riprendersi. Non era mai entrata in un posto come l’istituto. Il lavoro glielo aveva trovato una zia che già abitava da quelle parti. Arrivò in quella città solo un’ora prima di prendere servizio, i vestiti le puzzavano ancora del traghetto. Poi era così agitata che in quel bar si sporcò la camicia nuova con una macchia di cioccolata.
Alzò lo sguardo e la vide.
Dietro la vetrina, al suo stesso tavolino di quarantadue anni prima, ora c’era la nuova.
Beveva un the caldo e stringeva la tazza come una naufraga aggrappata a una boa.
Santina sentì salirle in gola tutta la solitudine di quei quarantadue anni di lavoro notturno, di urla e di paura.
Entrò e sedette al tavolino.
Laura posò la tazza e la guardò.
Santina le prese la mano con una dolcezza che non credeva di avere.
Laura cominciò a piangere silenziosamente.
Santina aspettò che buttasse fuori la tensione della notte poi le parlò.
Spiegò come comportarsi con i pazienti più gravi, come gestire le crisi, le diede suggerimenti e consigli. Restò lì tre ore.
Quando si alzò per andarsene Laura l’abbracciò.
Santina si rese conto di non ricordare chi fosse stato l’ultimo – uomo o donna – a farlo.
Andò all’auto. Si sentiva leggera.
Si girò e fu allora che successe qualcosa di strano.
Quella che la salutava dietro la vetrina non era Laura.
Era lei con quarantadue anni di meno: stesso abito nuovo, stesso viso, perfino la stessa macchia di cioccolata sulla camicia buona.
Ora però la Santina di quarantadue anni prima le sorrideva.
Che cose sceme che vado a pensare…
Dovevano essere le lacrime che le annebbiavano gli occhi a darle quell’impressione, a giocarle quello strano scherzo.
Davvero, non c’era altra spiegazione.
Dovevano essere le lacrime.
Mi piace molto questo racconto. Tratta un tema molto duro con grande delicatezza. Bravo.
Bravo Fabrizio, mi è piaciuto come hai raccontato questo passaggio del testimone lasciando poi dubbi nel finale.
Mi piace, scritto nel modo giusto, realistico, senza retorica, senza inutili fronzoli. Complimenti
Si cambia o non si cambia con il passare del tempo? Il lavoro che facciamo, le ferite che abbiamo dato e ricevuto, le emozioni che ci hanno investito e quelle che abbiamo evitato, ci hanno modificato e indurito per sempre? Per fortuna la tua risposta è no: ci si nasconde, ci si fodera, ci si protegge, ma quello che c’è in fondo è sempre li, pronto a riemergere per riversarsi su chi ne ha bisogno. Molto ben scritto, con una distanza asciutta che è solo apparente.
Mi sono commossa leggendo questo racconto. Complimenti, perché ha trattato un tema delicato con molta competenza espressiva e senza scadere nella retorica.
Bello, incisivo, denso. Quanto è vero che un racconto breve può avere l’effetto di un romanzo. Mi piace come hai reso i sentimenti: l’apparente cinismo che si scioglie nell’empatia di un ricordo che, poi, non è così sbiadito.
In un racconto breve tutta una vita, ed è bello scoprire che nonostante tutto e sotto una scorza dura e necessaria possa rimanere intatta la freschezza del primo giorno. Complimenti!
Bel racconto, che scorre via bene, lineare, senza fronzoli nonostante il tema delicato.
I miei complimenti più sinceri, è davvero un bel racconto, mi ha commossa.
Un racconto molto incisivo, che in poche frasi riesce a trasmettere il senso di una vita intera. Complimenti, ti auguro di arrivare in finale.
racconto dolce, nonostante l’argomento pesante, e commovente