Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “Il sonno di Veronica” di Valentina Tozzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

E’ notte.

Siamo tutti in trepidante attesa, affacciati alla parete interamente in vetro dell’appartamento.

Fuori comincia lo spettacolo, fatto da ragazzi che indossano costumi ai quali sono state fissate tante lampadine. Accendendosi opportunamente, seguendo i giochi e la danza, creano suggestive immagini.

E’ una notte senza luna, e questo mi impedisce di distinguere le figure umane…

Sembra di vedere tante lucciole danzanti: talvolta  si congiungono per comporre un fiore, altre volte scoppiano imitando dei fuochi d’artificio.

Lo spettacolo è reso possibile dalle impalcature, simili ad enormi altalene, calate dal tetto del palazzo, rette da gigantesche carrucole.

Le persone stanno in piedi, a gruppi. La base, larga un metro circa, li costringe a una situazione di precario equilibrio.

Finisce lo spettacolo; i riflettori illuminano la scena.

Dall’appartamento dove mi trovo, faccio scorrere la doppia finestra a vetro per guardare più attentamente ciò che sta accadendo fuori.

Guardo in alto e vedo un piede altalenante; è una ragazza, dai movimenti del suo corpo sembra che stia ridendo…

Il piede!…- AAH! – …cade nel vuoto.

Apro gli occhi, sono nel mio letto.

Prendo l’orologio dal comodino, lo guardo: Le 2:00; esclamo: – Era solo un sogno, è presto per alzarsi, voglio dormire.

I ritmi del cuore alterati, impediscono al corpo di rilassarsi.

Chiudo gli occhi.

Vengo nuovamente proiettata nell’appartamento dal quale ho assistito alla scena precedente.

Apro gli occhi e sospiro: – Sono ancora a letto!

Il cuore mi batte più forte, ho paura a richiudere gli occhi.

Adesso…le palpebre…sono pesanti. Gli occhi pizzicano, devo chiuderli…

Viene una coppia verso di me: la donna, rossa in volto, sostenendosi alla spalla dell’altro dice: – Sai cosa mi ha detto “scusami mamma, ma sai, avevo un po’ bevuto”, e poi… – .

Apro gli occhi. Do uno sguardo panoramico all’arredamento della camera.

Il corpo si fa pesante, rilassato, sono tranquilla, adesso abbasso le palpebre.

Dormo.

Torna il periodo R.E.M.

Una stanza non ben definita; una nebbia, sottile, impedisce di vederne i confini. Guardo il mio corpo…

Ma!…cosa sto facendo?…CAVOLO!…

…sto…PARTORENDO!

Guardo attorno. No! Non sono, in ospedale?

I medici?…Io…io non l’ho mai fatto!

Che devo fare?

La testa del bimbo è fuori, presto anche il resto del corpo non ha difficoltà ad uscire.

Lo prendo dolcemente, ha ancora il cordone ombelicale, lo avvolgo tra le mie braccia. Il contatto con quel corpicino, ancora umido e appiccicoso, ha un effetto piacevole sul mio corpo.

Adesso la mia guancia poggia sulla sua testolina.

Ai piedi ho un catino pieno d’acqua. Con una mano ne sento la temperatura, dopo di che lavo accuratamente il piccolo.

Ho un sobbalzo…E’ BUIO…

Sto partorendo…

…Abbraccio il bambino ancora coperto di liquido placentale, e ciò mi causa un piacevole brivido…ho un attimo di smarrimento…- non so : dove lavarlo?

Vado in cucina, apro il rubinetto dell’acqua, attendo che esca tiepida.

Lo lavo.

Stringo il piccolo tra le braccia: il suo corpicino caldo suscita in me tenerezza…

…chiudo gli occhi.

Apro gli occhi ed esclamo: – Era un sogno!

Sospiro; le palpebre si riabbassano.

Sono nella navata centrale di una cattedrale a croce latina.

Per terra c’è il tappeto rosso che va dal portone all’altare, unico posto illuminato.

Una forza invisibile mi attrae violentemente verso la luce…

Io oppongo resistenza: – No! non voglio!

Cado…

La “forza invisibile”, simile a gravità, continua ad attrarmi verso di sé; cerco di aggrapparmi alle panche senza risultato, l’angoscia cresce:- Scivolo!

Punto i piedi: – E’ inutile!…Aiutoo!

Qualcuno mi afferra la mano, io stringo la presa…

Apro gli occhi: sospiro, prendo l’orologio dal comodino: le 3:41.

Porto le ginocchia al petto, poi con impeto le distendo, facendo finire di colpo le coperte in fondo al letto.

Scendo, faccio le due rampe di scale per giungere in cucina, dove bevo un po’ di latte.

Riprendo a dormire.

E’ una bella giornata: in cielo qualche spruzzo bianco, un manto di colline verdeggianti fanno da sfondo; in primo piano, un piccolo laghetto di origine vulcanica, perfettamente circolare, riflette i raggi del sole.

Un ponticello in pietra passa da una riva all’altra; lo percorro per un piccolo tratto.

Giunge un elicottero tutto nero; posandosi sull’acqua, prende la forma di un gommone. A bordo, dei sub; alcuni si immergono, altri avvolgono delle corde.

Incuriosita, avanzo nella loro direzione e dico: – Che cercate?

UN ragazzo, appena emerso, è attento a quello che stavo dicendo, si toglie l’erogatore e risponde: – Un morto!

In quello stesso istante, il ponte comincia a crollare sotto i miei piedi.

Faccio per tornare indietro, ma la pietra sulla quale ho appena poggiato il piede cade in acqua…precipito…

Una mano mi afferra. E’BUIO.

Apro una gabbia, di quelle solitamente adoperate per allevare conigli; al suo interno trovo un piccolo pulcino giallo. LO prendo tra le mani, provo tenerezza, poi, tenendolo con premura, comincio a percorrere una strada sterrata di montagna.

Sono su un prato, e sto china ad aprire una gabbia: all’interno trovo tre gattini molto piccoli. Allargo la gonna: li prendo ad uno ad uno e ve li depongo, ma nello stesso istante cadono dei sassi, tanto pesanti da bloccarmi.

Non riesco ad alzarmi.

Apro gli occhi e, vedendo la luce soffusa provenire dalle persiane: – Accidenti! Sto ancora sognando!

Chiudi gli occhi, imponendo al mio corpo una respirazione tranquilla per riuscire a riprendere sonno.

Sprofondo.

Davanti a me un prato immenso, indefinito all’orizzonte, sfumato da una densa nebbia.

Mentre lo percorro qualcuno poggia un braccio sulla mia spalla, provocandomi un’intensa sensazione di piacere.

Una voce: – E’ come se tu dovessi mangiare l’ultima fetta di un dolce, prima devi mangiare le altre cinque!-

Sto percorrendo un tunnel di colori, quando, improvvisamente, si mette a ruotare…veloce, sempre più veloce… i colori si confondono, diventano irriconoscibili, è un grigiore spaventoso: – Basta! Fallo smettere! Ho paura!

Si fa buio intorno…

In casa ci sono gatti dappertutto, mi accingo ad uscire, ma giunta fuori: trovo una gabbia bianca dalla quale escono a balzelli tre gattini.

E’ BUIO!

C’è il sole ad illuminare con i suoi crini dorati la collina verdeggiante dalla quale mi lancio nel vuoto con il parapendio.

Dopo pochi istanti: – Perdo il controllooo! Cadoo!

…i fili si intrecciano ed io rotolo tra le piante…sento qualcosa vicino a me…mi volto…un cadavere!

Apro gli occhi, ho il cuore in gola:

         E’ ancora notte!

Metto la testa sotto le coperte, in sottofondo sento solo il respiro…

…chiudo gli occhi…

Sono fuori con alcune amiche; mi tolgo l’accappatoio, portandomi in prossimità del bordo della piscina. Lui è già in acqua.

Le nostre mani si afferrano, dopo di che, con un ampio respiro, consento ai polmoni di ventilarsi e…mi sento mancare…sono sott’acqua.

La sua gamba sinistra presenta una lunga cicatrice.

Esco dalla piscina e, seguendo il gruppo delle ragazze, scendo negli spogliatoi sotterranei, ma non voglio fare la doccia e risalgo.

Ad aspettarmi c’è un gruppo di ragazzi provenienti da Genova: Sono venuti lì per consegnarmi una cartolina che avevo spedito il giorno prima, ma che, intercettata da loro è tornata, cambiata. Infatti, per divertimento, sul retro, dedicato all’indirizzo e al convenevole saluto, hanno pitturato un paesaggio, lasciando unicamente in evidenza il nome del destinatario…

E’ BUIO.

sono fuori, sulla strada, di notte. Qualcuno sul marciapiede afferra il mio braccio destro e comincia a correre, corre, corre, sempre più veloce, portandomi in giro a visitare la città. I piedi quasi non toccano terra.

Continuiamo, fino ad arrivare in prossimità del molo, dove ci arrestiamo.

Che belle le barche di notte! Alcune illuminate, altre con le vele retratte, ma tutte, riflesse nel mare, creano strani giochi con le onde, lievi…

Riparto, il mio compagno va sempre più veloce, riesce ormai a non farmi più toccare terra.

Il vuoto!

Apro gli occhi: – E’ buio!

Chiudo gli occhi.

Una tavola imbandita si offre alla mia vista; i commensali sono già seduti ai loro posti, aspettando solo che sieda io.

Comincia il banchetto, con tranquillità, intercalato ogni tanto da parole di cui non riesco ad udire i suoni, perché: – sono sorda!-

E’ BUIO.

Accingendomi ad uscire, ecco: di fronte a me si erge un colonnato, oltre il quale una discesa collinare dolcemente si sfuma all’orizzonte e si perde nella nebbia.

Sono scalza, e al contatto dei piedi con l’erba fresca rabbrividisco.

Apro gli occhi.

Chiudo gli occhi.

E’ BUIO.

 

 

Dr. – Dolcezza, dolcezza, adesso può svegliarsi!

Un uomo in camice bianco. Si fa sempre più vicino, lo riconosco:- Oh, dottore!

Dr.- E’ riuscita a dormire 12 ore.

V. – Avete registrato?

Dr. – Sì!

V. – Veramente mi è sembrato un attimo.

Dr. – Si alzi e venga, le faccio vedere.

Adesso sono seduta sul letto dell’ambulatorio, e un’infermiera, toglie dalla mia testa gli elettrodi.

Il dottore, in piedi di fronte alla macchina: – Venga le faccio vedere!

Dopo averlo raggiunto, e avendo dato una prima occhiata agli strani grafici, in alcune zone più fitti e in altre meno, assumo un’espressione facciale di incomprensione, modificata all’istante dal dottor Reporter:

Attualmente si è giunti alla definizione di quattro “fasce” di onde mentali: le onde beta, prodotte dal cervello in stato di veglia, denotano un’attività neuronale intensa, nella quale il pensiero è improntato a razionalità e a logica; poi le onde alpha, connesse ad uno stato di pre-sonnolenza e di intensa concentrazione, vengono prodotte ciclicamente anche durante il sonno, il così detto R.E.M.. L’attività neuronale qui è blanda, il pensiero è del tipo intuitivo-creativo. Infine le teta e le delta, tipiche di alcune fasi del sonno, di quello profondo…

V. – Capisco, ma cosa è riuscito a scoprire con me ed Andrea? A proposito, dov’è adesso?

Dr. – Sta riposando.

Il dottor Reporter preme un pulsante rosso, togliendo di colpo corrente alla macchina.

Si avvicina ad una tenda, facendo cenno di raggiungerlo silenziosamente. Lì dietro, c’è Andrea: dorme:

Dr. – Lui (indicando il paziente) è stato privato totalmente del sonno. Dopo solo tre giorni abbiamo riscontrato stati di allucinazione visiva e acustica.

V. – Non sarà stato troppo…

Il dottor Reporter sembra non sentirmi e, dice:- Il corpo di Deborah, invece, avendone sperimentato una privazione parziale, non ha presentato particolari reazioni, tranne una tendenza ad aumentare le ore medie di sonno.

V. – Dov’è adesso?

Dr. – Nella sua stanza.

Veronica fa un passo in direzione della sedia appoggiata al muro; improvvisamente si sente mancare, sbianca in volto, la fronte è umida, la vista le si fa appannata: sviene.

L’infermiera si è precipitata a soccorrerla; grida:- Dottore!

Reporter, senza scomporsi, si avvicina e portando l’ansa di pollice e indice della mano sinistra sotto il mento: – La privazione dei periodi R.E.M. l’ha indebolita, provocandole uno stato depressivo profondo, con turbe della memoria. Poi per 12 ore il suo sonno è stato prevalentemente R.E.M. Bene. L’esperimento è riuscito!

 

E’ notte.

Mi trovo a percorrere le strade della città; sto seduta a cassetta, su una carrozza bianca trainata da due cavalli.

La loro andatura è lenta, elegante e raffinata. Il crepitio di zoccoli è l’unica musica in sottofondo.

Ora la carrozza si porta in prossimità di una fontana, dove le due bestie si abbeverano…

Improvvisamente però, lo zampillo, la vasca si trasformano in un mostro gigantesco di acqua, che si fa sempre più minaccioso.

I cavalli, impazziti, cominciano una corsa frenetica senza badare alle cose che ogni tanto si frappongono al percorso.

 Adesso la carrozza sta percorrendo un bosco, i cavalli nitriscono, scalciano, e…corrono, corrono, corrono furiosamente…

Lo spavento li ha accecati: davanti c’è un ponte, ma per metà è crollato…corrono, corrono, corrono, furiosamente…

Il vuoto…

E’ buio!

Apro gli occhi, ma intorno a me non vedo niente, non riesco a vedere proprio nulla, tutto è buio, vicino e lontano.

Chiudo gli occhi, voglio dormire, cerco di rilassarmi…

M’immergo nel silenzio della notte; il mio respiro si fa calmo, rilassato, profondo. Io dormo, dormo profondamente.

Torna il periodo R.E.M..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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