Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2010 “La violenza della creatività” di Simone Cossu

Categoria: Premio Racconti per Corti 2010

Butta i piedi giù dal letto. Si guarda le ginocchia e respira calmo, si sforza di respirare piano. Sbuffa. Alza lo sguardo verso la parete e osserva le macchie di luce davanti agli occhi appena aperti. Cerca intorno. Geme leggermente. Nessun dolore, nessun fastidio, niente.

La voce dei suoi pensieri: “Niente, niente, niente, niente.”

Si sciacqua il viso in bagno, passando davanti lo studio neppure guarda la sua scrivania. Mette i vestiti del giorno prima lasciati sulla seggiola in legno e scende. Cammina guardando la punta dei piedi, evitando gli ostacoli davanti a se: una macchia liquida, forse acqua, una foglia secca, una cicca di sigaretta. E’ calmo e rilassato. Non dovrebbe.

“Calma, calma, calma, calma.”

Gira ancora per qualche minuto, poi si ferma a far colazione al tavolino di un bar. Osserva volti spudoratamente, ma con lo sguardo perso oltre. Chi si sente guardato lo fissa per un attimo di sottecchi, ha l’impressione che i suoi occhi vadano oltre e pensa ad un equivoco. Nessun equivoco, lui osserva e studia però senza risultato.

“Vuoto, vuoto, vuoto, vuoto.”

Quando gira così è grave. Paga il caffè e il cornetto, sorride al cameriere, come se tutto andasse bene. Va verso il un giornalaio e compra 6 quotidiani. Con il fascio di giornali sotto al braccio si avvia verso il portone di casa. Accelera di colpo il passo e crede in un’idea, ma capisce presto trattarsi di un’idiozia. Banalità.

“Banale, banale, banale, banale.”

Casa di nuovo, tutto è come prima ma ora sente che l’odore è brutto. Si toglie le scarpe, sente il freddo del pavimento e apre la grande finestra verso sud. Guarda fuori, fissa il palazzo di fronte, fissa un particolare di una decorazione. Sbuffa ancora. Gli prude l’addome per il nervoso, per l’inutilità di questi gesti. Si gratta piano con fare controllato. Tutti i movimenti gli sembrano artificiali. Stacca lo sguardo da fuori e aggredisce i giornali. Li sfoglia leggendo solo i titoli. I titoli contengono tutto. I titoli sono lo sforzo dei giornalisti. L’occhio casca su qualche primo paragrafo.

“Distrazione, distrazione, distrazione, distrazione.”

Passano molte ore e gli ultimi dieci minuti si sono consumati guardando l’angolo giallino del quarto giornale senza più vedere i caratteri. Gli occhi si incrociano nella tipografia sempre uguale. Batte colpo secco, ma non forte sul tavolo. Pazienza e concentrazione. Soprattutto la seconda. L’addome duole un pò. Si dirige in cucina e si prepara qualcosa, qualunque cosa calda.

“Caldo, caldo, caldo, caldo.”

Mangiando beve del vino rosso. Un bicchiere, due. Con il terzo pieno si dirige al sofà e sente le membra rilassarsi. Riprende un giornale e legge un’intervista fatta ad un allenatore di calcio. Dice cose schiette, non usa frasi convenzionali, è diretto. Il tema è l’analisi del campionato vinto. L’allenatore non usa mezze misure. Bello. Forse è il vino. Il terzo sparisce. Si alza per versarne un altro mezzo bicchiere. La testa gira un pò, lo sguardo leggermente vacuo. Non ha televisione ed accende la radio ascoltando qualche notizia e della musica classica commentata con voce soave da un ragazzo che sembra giovane. Racconta aneddoti delle opere.

“Rilassante, rilassante, rilassante, rilassante.”

Resta con gli occhi chiusi senza dormire per un bel tratto. Il telefono squilla, si alza senza fretta, è nell’altra stanza. Risponde, sorride, parla un pò e poi chiude. Ha preso un appuntamento. Incontra un amico e con lui passeggia. Parlano poco, lui ascolta molto. Passeggiano piano, svogliatamente. La sera sta calando. Entrano in un pub movimentato. Ne escono molte ore dopo soddisfatti. Si salutano in un abbraccio. Non sono ubriachi, solo un pò storditi.

“Ebbrezza, ebbrezza, ebbrezza, ebbrezza.”

Arriva a casa, si toglie le scarpe e tutti i vestiti. Nudo si lascia cadere sulle lenzuola ancora sfatte. Se le tira addosso in qualche maniera. Dorme in un attimo. La testa gira e il sonno è l’unico ristoratore. Il respiro è pesante e la testa di legno.

“Respiro, respiro, respiro, respiro.”

E’ mattina. La testa duole, gli occhi si aprono con difficoltà. Ancora nulla davanti a loro. Il protocollo in questi casi è sempre lo stesso. Muoversi piano, pisciare, mangiare qualcosa con molto caffè, andare in bagno e lasciare scendere via anche il mal di testa. Deve scorrere. Si siede al tavolo e scarabocchia con la penna. Appoggia la faccia al foglio e guarda di lato. La parete è bianca. Vede qualcosa salire lungo la parete, un insetto. Non li ama gli insetti, ma la sensazione di lieve disgusto è un qualcosa. Ha un pò voglia di piangere senza avere lacrime. Tornano dei ricordi confusi, qualcosa si muove. Senza pensare più inizia a buttare giù il terzo capitolo del suo libro, tutto di getto. E Scrive, scrive, scrive, scrive….

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7 commenti »

  1. Ho letto con la stessa affamata concentrazione della prima volta che mi hai presentato questo soggetto. E più lo leggo più vedo la tua idea. Non solo riconosco, almeno in parte, sentimenti e atteggiamenti fisici e psichici del tormento creativo. Vedo le immagini, e questo, trattandosi di un soggetto per un corto, non è poco. Gli stessi inserti del tipo :calma, calma, calma o niente, niente niente, che, ad un primo approccio mi sono sembrati solo “narrativi”, da racconto, in realtà prendono forza. Consiglio a tutti i lettori di leggerlo più di una volta. Bravo Simone, ma già la mia idea sul tuo modo di scrivere, assolutamente NON hobbistico, la sapevi

  2. Caro Simone, è un piacere ritrovarti qui e leggerti. Mi è piaciuta la lenta ripetitività dei gesti del protagonista che sembra prigioniero in una rete di ansia e attesa perenne di qualcosa- il momento creativo?- che stenta a giungere. L’insetto finale è disturbante ed efficace come immagine,bravo. Preferisco questo a quello delle mucche che mi pare possa essere maggiormente sviluppato come idea,ma è il mio modesto parere.
    Sulle considerazioni che hai fatto concordo in parte. Secondo me la dfficoltà sta non tanto nella brevità ma nel registro stilistico che nel caso dei corti deve già procedere per immagini all’interno della storia che abbiamo in mente. mentre nella narrativa si può indugiare anche sul sentimento interno,sul punto di vista interiore di un protagonista,nella storia per corti bisogna mostrare per immagini ciò che prova il protagonista,credo anche utilizzando un linguaggio più asciutto che ci faccia entrare nella storia come l’occhio esterno, appunto, di una telecamera farebbe. Senza naturalmente perdere il coinvolgimento emotivo.
    un abbraccio a te in bocca al lupo per la tua scrittura.

  3. Ciao Francesca! Condivido appieno la tua precisazione. In effetti io proprio su quella ho trovato più vincoli: ogni emozione doveva essere pensata per la sua fattibile trasposizione in immagine… ogni frase mi fermavo e pensavo: la si può vedere questa sensazione? Chiaramente essendo io un dilettante avrò fatto migliaia di errori di valutazione, ma è stato un gran bell’esercizio!

    un abbraccio

    S

  4. Dimenticavo… La mucca è appositamente una bozza di idea che può diventare progetto video. E’ bozza per lasciare molto spazio di sviluppo. Mandare tutti e due è stato un non sciogliere fino in fondo il dubbio sulla corretta forma con cui comporre il prodotto per questo concorso. 🙂

    Ciao!

  5. Sì, anche per me è stato un bellissimo esercizio. Credo che la scrittura oltre alla passione debba seguire tante fasi di sperimentazione,perciò sono grata al concorso Racconti nella rete che ci offre diverse opportunità di confronto.
    caro Simone,se hai voglia leggimi: COme una gazza” in questa sezione e “Le nozze in volo” nella sez.racconti,avrei piacere di sentire anche il tuo parere.
    un bacione

  6. L’insetto: il nulla, l’insignificante qualcosa che aiuta un’idea ad uscire. Una volta ho scritto una canzone perchè, mentre mi spazzolavo i capelli (c’è stato un tempo in cui li spazzolavo! Incredibile, vero?), vedendo la spazzola mi è venuto in mente qualcosa riguardo al tempo che passa ma che lascia, in noi, immagini. Qui l’insetto è, credo volutamente, vagamente ripugnante, crudo…ma ugualmente chiave che apre la porta all’idea

  7. Bravo. Hai saputo scandire i tempi attraverso un fluire di immagini. leggendo il tuo ‘corto’ ho pensato al blocco dello scrittore. IIl muro bianco ha una sua analogia con il foglio bianco. Da trarne una lezione: chi scrive non deve pensare troppo, ma lasciarsi semplicemente andare.
    (Paola Cavallari: “La tigre”)

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