Premio Racconti per Corti 2010 “30 minuti” di Carlo Fiorentino
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010Il soggetto è ambientato in una lavanderia self-service. Un uomo infila i panni nella lavatrice, primo piano del display che indica il tempo di lavaggio, 30 minuti. L’uomo si siede e sfoglia un giornale:
Rinvenuto corpo umano nel lago di Massaciuccoli.
Un cadavere, probabilmente risalente a molto tempo fa, è stato scoperto ieri nelle acque del lago di Massaciuccoli, durante alcuni lavori di manutenzione. I resti rinvenuti sono miracolosamente ben conservati, probabilmente a causa della torba presente sul fondale. La Polizia Scientifica sta esaminando il corpo e presto fornirà particolari più dettagliati. Il ritrovamento è avvenuto mentre…
Entra una anziana signora, dai dialoghi si comprende che i due si conoscono da tempo, l’uomo, il dottor Paoli, è un medico della Polizia Scientifica, la signora, di nome Pina, chiede notizie sul corpo ritrovato nel lago. Poi ad un tratto la signora dice al medico: – Posso raccontarle io, la storia di quel corpo – il dottor Paoli la osserva con curiosità, – Lei sa com’ è finito lì?- chiede, -Vedo che ha appena iniziato ad asciugare. 30 minuti, è il tempo che mi occorre – risponde lei. L’anziana signora inizia a raccontare la sua storia. Siamo nell’ estate del ’45, poco tempo dopo la liberazione. Pina ha appena ricevuto una lettera con la notizia che suo marito, Antonio, sposato due anni prima e poi partito per il fronte albanese, è vivo e sta tornando a casa. Lei è felice ma allo stesso tempo disperata, perché aspetta un figlio da un altro uomo, un giovane fascista a cui suo padre aveva dato rifugio e che poi è fuggito, sparito senza una parola. Pina continua il racconto: – Ero più o meno al secondo mese di gravidanza quando arrivò la lettera di Antonio. Bagnai quella carta di lacrime amare fino a fondere le parole, che scivolarono dentro un senso di colpa cupo e profondo. Così, quella sera andai al vecchio casolare sul lago, c’era la musica e sapevo che si poteva ballare e stare in compagnia. Avevo voglia di non pensare, rimandare tutto, poi si sarebbe visto. Fu lui ad avvicinarsi. Parlammo, era gentile ed io cercavo una sensazione di leggerezza, di euforia. Non so perché andò così. Raggiungemmo la riva del lago, al buio quasi totale si potevano osservare le stelle. Le devo confessare dottore che non ricordo perché, ma nel momento stesso in cui cercò di baciarmi avvertii uno strano terrore, come la premonizione di un tremendo avvenimento. Gli dissi che non volevo, che doveva fermarsi, ma non mi ascoltava, e nei suoi occhi c’era una strana luce. Cercò ancora di baciarmi, tentai di allontanarlo, ma lui mi strinse a sé con una forza maligna, ostinata. Urlai, tirai calci, poi riuscii a fuggire, ma lui mi raggiunse e caddi, sprofondando nel buio. Lì, sulla terra umida, mentre scalciavo e cercavo di sfuggire alle sue mani avide, trovai una pietra. Così, d’istinto, lo colpii, proprio sulla tempia. Sentii lo schiocco secco dell’osso, la testa ebbe un movimento strano, innaturale e poi, silenzio. Mi alzai, provai a toccarlo, ma non si mosse. Non sentii sgomento, paura o sconcerto per quello che avevo fatto, ma uno strano senso di rabbia e di trionfo. In lontananza, come trasportate dal vento tiepido e leggero della notte estiva, arrivarono le note violente e appassionate del Valzer delle Capinere suonate dalla fisarmonica. Lo trascinai, con grande fatica, vicino all’acqua, poi coprii il corpo con della paglia che trovai lì vicino. A volte ho pensato di averlo ucciso solo in un incubo. Sono passati molti anni da quella sciagurata notte dottore, molti anni. Le assicuro che ogni giorno ho ripensato costantemente a ciò che è avvenuto. Tutti i particolari sono impressi come a fuoco nella mia mente. Ci sono notti in cui non riesco a chiudere gli occhi. Ho paura di riaprirli e trovarmi di nuovo in quella sera così piena di stelle da togliere il respiro e vedere che il suo corpo è ancora lì, a terra, davanti a me e che tutta la vita che ho vissuto è essa stessa un sogno. Ed è sempre più difficile vivere dottore, di anno in anno, di estate in estate -. Il medico non fa commenti, prende il cellulare e compone un numero di telefono. Chiede notizie sul cadavere ritrovato nel lago, poi in silenzio, annuisce.- Adesso dottore, sono pronta per andare in Questura – dice Pina,- voglio finalmente liberarmi di questo peso che ho portato dentro per tanti, troppi anni-. Il medico toglie i panni dalla lavatrice e li ripone con calma nella grande cesta di vimini. – Torni a casa signora Pina – dice calmo, – Il corpo che hanno ritrovato nel lago è quello di una donna -.
Ritorna dal passato un triste e drammatico episodio dell’altra faccia della guerra: quella delle donne che sono rimaste ad aspettare e che spesso hanno subito violenze ed umiliazioni. Il racconto riesce a riportare il clima di quegli anni bui.