Premio Racconti nella Rete 2021 “La Vendetta” di Frederik Mikeli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021Kola aveva deciso. Aveva parlato anche con i suoi genitori. Tutti erano d’accordo. Era l’unica via da seguire. Il problema era solo quando.“Perché devo aspettare ancora? Più ci penso e più diventa difficile.Devo andare subito.Non devo perdere più tempo”,pensava Kola,”non dovranno succedere mai più queste cose.Non deve più scorrere altro sangue.Basta.Deve finire qui.Oggi stesso.Domani sarà troppo tardi”. Uscì e si incamminò verso la casa del suo “nemico”.
La famiglia di Kola era nata in quelle terre montane.Là su gli conoscevano tutti. Erano uomini valorosi.I suoi avi avevano combattuto contro gli unni, i romani, i goti, i bulgari, i serbi, i turchi. D’altra parte la sua famiglia era nota soprattutto per i molti casi di morte a causa di “vendetta”.Avevano ucciso tanti,ma li avevano anche uccisi in tanti.La loro fierezza era unica,ma anche il loro rispetto verso il Kanun non era da meno.I vecchi della famiglia erano famosi per la loro saggezza. Nei secoli avevano partecipato come membri autorevoli dell’ Assemblea dei Saggi. Molte persone gli erano gratti per le loro “buone parole”. Sapevano far riappacificare la gente.
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Ciò che stava per fare Kola era una cosa mai capitata e inaudita.Lo stava facendo lui per la prima volta.Era l’unica cosa che si poteva fare per porre fine ad una lunga e interminabile storia di dolore e lacrime.Lui voleva rompere gli anelli di quella catena sanguinosa,ma voleva essere anche un esempio per gli altri.Era convinto che stava per fare una cosa utile e importante.
Si fermò davanti il fiume che divideva il villaggio in due.Da una parte c’erano quasi cento case, mentre dall’altra ve ne erano duecento.Erano tutte costruite in pietra e con le finestre piccole per non far entrare facilmente le pallottole che potevano essere sparate dall’esterno,ma piccole anche per prendere bene la mira con il fucile e colpire il nemico. Sulla riva destra del fiume tutte le famiglie erano cattoliche romane.Sull’altra riva,quella sinistra,c’era anche qualche famiglia musulmana,”regalo” dei secoli di dominazione turca.Quest’ultimi non erano mai stati un problema.Una volta tutti erano cristiani.Si consideravano tutti albanesi,come in effetti erano.
Kola si tolse gli stivali ed entrò in acqua. Era settembre ed ancora si poteva passare a piedi nel fiume. Durante l’inverno si attraversava con i cavalli o i muli. L’acqua gli arrivava fino alle ginocchia. Continuò a camminare. Dopo cinque minuti aveva già attraversato il fiume. Si rimise gli stivali ed iniziò a correre perché stava per piovere. Era pomeriggio tardi. Lui voleva tornare a casa prima del tramonto, ma come si diceva da quelle parti,”puoi sapere con esattezza quando parti e non quando torni”.
Dopo poco tempo si trovò di fronte alla casa del suo rivale. Si avvicinò alla porta e gridò: “C’è nessuno in casa? Aprite! Sono io. Sono Kola”. Nessuno rispose. Kola se lo aspettava che alla fin fine nessuno avrebbe risposto. Non solo perché era lui, cioè un loro “nemico”,ma anche perché tutti in casa erano da tempo inchiodati dentro e non potevano uscire fuori.Il padrone di casa non poteva uscire nemmeno nel suo cortile, perché era una persona che aveva ucciso, o, per meglio dire, una persona che poteva essere uccisa. Secondo la legge che regnava da quelle parti, ovvero secondo il Kanun, lui era costretto a non uscire di casa. Anche se moriva qualcuno tra i suoi famigliari non poteva accompagnare il morto fino al cimitero. Lui era condannato a rimanere in casa e a non muoversi per nessun motivo.
Kola aspettò un po’ e poi di nuovo gridò:” Aprite la porta! Aprite la porta!”.Nessuna risposta. Nessuno si fece vivo. Era vero che il padrone di casa non poteva uscire, ma le donne si. Non si poteva uccidere una donna. Sarebbe stata una vergogna.Il Kanun parla chiaro,la vendetta era una questione solo e esclusivamente fra uomini.Improvvisamente la porta si aprì e lui si trovò davanti a sé una figura femminile,coi capelli dorati e con le guance rosse,tipiche delle donne montanare.Era la moglie del inchiodato. Lui la conosceva, mentre lei non lo aveva mai visto. Si guardarono l’un l’altro per pochi istanti senza parlare. Kola ruppe il silenzio dicendo:“Tu, Dora, non mi conosci, ma tuo marito sa chi sono. Digli che è venuto Kola. Hai capito?” Lei lo guardò un po’ perplessa e chiuse la porta.Dentro la casa si sentirono delle voci.
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L’arrivo di Kola non solo non era previsto, ma non si capiva nemmeno per quale motivo lui fosse li. La cosa più probabile era che lui stesse li solo per uccidere Lin, il padrone di casa.Ma anche questo non aveva senso, perché l’uccisione veniva fatta inaspettatamente, all’improvviso. Un vero e proprio agguato. Mai era successo che l’uccisore andasse alla porta di casa della sua vittima. Colui che uccideva non si faceva vedere. Anche nel caso che qualcuno volesse parlare con l’omicida poteva venire solo un intermediario o un anziano,ma non uno della casa dell’ucciso. Poi normalmente si andava a casa della famiglia della vittima per chiedere perdono, non nella casa di chi aveva ucciso. Era tutto molto strano, inspiegabile?!
La porta si aprì di nuovo e la stessa donna si presentò di fronte a Kola.“Dora, ascoltami”, disse Kola.”Dì a Lin che ho una cosa molto importante da riferirgli. Non dovete e non dovrà aver paura. Sono venuto solo a parlargli. Capisci?”.La donna senza dire niente chiuse di nuovo la porta. Kola ancora una volta rimase fuori senza avere una risposta.
Nel frattempo si fece vedere il cane di casa. Era un cane grande e con il pelo lungo. Non abbaiò e nemmeno si avvicinò. Si sdraiò in mezzo al cortile fissando lo straniero che stava davanti alla porta. Kola si accese una sigaretta. Le faceva lui stesso con il tabacco che teneva dentro una piccola scatola di latta. Guardò pensieroso verso il cielo. Aveva smesso di piovere.
All’improvviso la porta si riaprì e Kola vide davanti a sé proprio lui, il padrone di casa. Aveva una faccia pallida e gli occhi spalancati. Indossava un maglione color nero.
“Buonasera, Lin”,disse Kola.”Come stai”.
“Come vuoi che stia… Come uno imprigionato da anni nella propria casa”, rispose Lin.
“Lo so che non mi aspettavi, ma io sono venuto lo stesso”, continuò Kola.
“Perché sei venuto?” gli domandò Lin.
“Sono venuto per parlare, solo per parlare”, rispose Kola.
Lin non sapeva cosa dire. Era tutto contro il Kanun. Come poteva accettare di parlare con uno con il quale aveva una questione di sangue. Se lo faceva entrare dentro casa metteva in pericolo la vita di tutti i suoi famigliari.Kola poteva uccidere qualcuno e andare via. D’altra parte non riusciva a capire di che cosa potessero parlare. Il Kanun era chiaro: chi aveva ucciso doveva stare dentro casa e non uscire se non voleva essere ucciso. E non solo lui doveva stare in casa,ma anche tutti i suoi figli maschi, perché tutti potevano essere bersagli della vendetta..
Così pensava Lin,mentre stava davanti al suo rivale di sangue. “Voglio solo parlare. Hai capito?”, ribadì Kola.
“Non posso accettare, no, non posso, non ha senso”, rispose immediatamente lui.
Kola mosse la testa come per dire che non lo aveva capito. Poi tolse il suo capotto e disse a Lin:”Come vedi sono disarmato. Non ho ne fucile, ne una pistola con me. Lo vedi? Ti sto dicendo la verità”. Lin lo guardò fisso negli occhi e poi gli chiuse la porta in faccia.
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Kola lo aveva previsto che non sarebbe stato facile.Lui stava facendo una cosa che nessuno immaginava. Andare a casa dell’esecutore di un tuo famigliare era una cosa che non era mai successa prima e non poteva succedere mai lassù in montagna. Ma lui non voleva tirarsi indietro. Era venuto per una cosa molto importante. Pensò di agire in un altro modo.
Bussò di nuovo alla porta, sperando che si affacciasse sua moglie. E così fu. La porta si aprì e davanti a lui si presentò di nuovo la moglie di Lin. Kola cominciò a parlare.“Senti, devi convincere tuo marito a farmi entrare in casa. Io di qui non mi muovo. Sarà disonorevole per voi non far entrare in casa una persona. Invece di ospitarlo, lo lasciate fuori come se fosse un cane. Questo non è umano ed è contro il Kanun. Io sono venuto per chiudere una storia vecchia, per chiudere con il passato e per aprire una nuova fase nella vita delle nostre famiglie. Io sono qui non per una nuova vendetta, ma per farla finita con questa vicenda. E non solo per questo sono venuto. Ho anche un’altra cosa da dirvi, da chiedervi. Vai a dire a tuo marito ciò che ti ho detto e fatemi entrare.” La donna fece di si con la testa e per la prima volta parlò dicendo: ”Va bene, aspettate un momento, signore”. Poi chiuse la porta.
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Passò un po’ di tempo e nessuno si muoveva.Kola era seduto per terra e stava fumando un’altra sigaretta. Il cane lo guardava scodinzolando. Ricominciò a piovere.Kola si mise il capotto sulla testa. Passò un contadino che gli chiese se aveva da accendere.Lui gli diede il suo fiammifero. Il contadino lo ringraziò e andò per la sua strada.Non aveva nient’altro da fare che aspettare.Era convinto di ciò che faceva e pensava che in ogni caso quella porta si sarebbe aperta.
Dopo non molto riuscì sulla porta la moglie di Lin e lo invitò ad entrare.Kola si tolse gli stivali ed entrò in una stanza grande,quella degli ospiti.Dopo di lui entro anche il padrone di casa.
“Benvenuto!”,disse Lin a Kola stringendogli la mano.
“Ben trovato!”,rispose Kola.
“Prego,siediti qua”,continuò Lin invitando Kola a sedersi al posto riservato agli ospiti.
Poi gli offrì una sigaretta.
“Scusami se ti ho lasciato fuori ad attendere,ma sei un ospite un po’strano”,disse Lin.
“E vero, ero e sono un nemico e non un amico”,disse Kola dopo essersi acceso la sua sigaretta.
“Fra di noi c’è qualcosa di molto grave. Tu hai ucciso un nostro famigliare. Le nostre famiglie sono in un conflitto di sangue che dura da molto tempo”.
“E proprio cosi.Ci siamo uccisi l’un l’altro.No so il perché ma abbiamo fatto tante vittime”,gli rispose Lin.
“E da più di cent’anni che esiste questa storia tragica fra le nostre famiglie. Nemmeno sappiamo chi è stato il primo a cominciare”, replicò Kola.
“E vero, è una storia orribile che ci ha diviso in una maniera brutale”,disse Lin.
Nella stanza entrò il figlio di Lin con due bicchieri e una bottiglia di grappa.
“Porta anche qualcosa da mangiare”, ordinò Lin a suo figlio.
Riempirono i bicchieri e cominciarono a bere il solito raki, la grappa di casa.
“Come stavo dicendo”, continuò Kola,”ci siamo ammazzati e abbiamo versato il sangue dei nostri uomini,ma è venuto il tempo di smettere.Tu,Lin,secondo il Kanun,dopo aver ucciso un mio famigliare,hai chiesto di essere perdonato,ma mio fratello maggiore non ha accettato le tue scuse. Lui,però,sono già due anni che è morto ed io,come capo della famiglia, ho deciso di chiudere questa storia una volta per tutte.. Sei perdonato. Io non ho intenzione di vendicarmi. Io non voglio continuare la via del sangue”.
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Per un po ci fu silenzio.Poi Lin si alzò in piedi. Così fece anche Kola. Tutti e due si abbracciarono. Lin chiamò anche gli altri membri della sua famiglia e diede a loro la buona notizia. Poi prese il suo fucile,uscì fuori e sparò due colpi in aria. Era molto felice.
“Caro amico mio”, cominciò a parlare Lin,”Mi stai restituendo la libertà. Questi anni sono stato intrappolato come in una prigione. Anzi, peggio. Non osavo e non potevo uscire di casa. Grazie”.
“Senti, mio caro compaesano”, disse Kola. “E vero che tu sei libero, ma anche io sono libero”.
Poi bevve un po’ di grappa e continuò a parlare.
“E chi meglio di noi due poteva decidere e porre fine ad una tale tragedia che hanno vissuto da secoli le nostre famiglie. E vero che i Vecchi Saggi, secondo il Kanun, hanno e svolgono un ruolo importante in questi casi,ma alla fine siamo noi che dobbiamo risolvere il problema, altrimenti non si fa niente. Si segue il Kanun, e basta. Ma ti devo dire anche un’altra cosa. Lo sai che cosa mi ha spinto a fare questa decisione?”
Lin fece di no con la testa.
“E stato proprio il Kanun”, disse Kola.”Lo sai cosa dice il Kanun?”
Lin lo guardò con stupore.
“Dice”,continuò Kola,“che l’albanese per ogni male che può ricevere da un altro albanese mai deve uccidere per vendicarsi,mai deve versare il suo sangue,ma si deve sempre rivolgere ai Vecchi Saggi.Capisci.Il Kanun dice esplicitamente che l’albanese non deve uccidere un altro albanese, mentre noi abbiamo fatto una strage”.
Kola si grattò la testa e bevve un po’ di raki.
“I nostri antenati”, disse lui,”non si sono rivolti ai Saggi, ma hanno voluto e si sono fatti giustizia da soli. Il montanaro ha ucciso il suo fratello montanaro, ignorando anche la sua legge principale, il Kanun. Abbiamo fatto scorrere il sangue delle persone dello stessa sangue”.
Lin alzò anche lui il suo bicchiere di raki.
Kola continuò a parlare. “Certamente, quando si è visto che uccidere l’un l’altro stava diventando una pratica banale, nel Kanun si sono aggiunte altre regole per definire come ci si doveva comportare in una situazione nuova. Ma come ho detto poc’anzi il Kanun vieta il versamento di sangue fra gli uomini dello stesso sangue.”
“Hai ragione Kola”, disse Lin.
“Dopo si sono poste altre regole, sempre mettendo in prima posizione la conservazione della vita. Così,per esempio, il Kanun ha difeso la donna e i bambini dalla vendetta e anche imprigionare e inchiodare l’uccisore dentro casa è stato un modo di difendere la vita umana, anche se è veramente molto triste costringere una persona a non muoversi da casa sua”.
Lin accese una sigaretta e continuò a parlare:“Poi nel Kanun è scritto che perdonare è sempre possibile, il che voleva dire porre fine alla catena sanguinosa della vendetta.Veniva anche sanzionato l’uccidere senza volere e l’uccisione di un membro della propria famiglia”.Lin si fermò un po’ come se volesse riprender fiato e continuò il suo discorso sulle leggi del Kanun.
“E interessante”, disse lui,”per esempio, cosa prevedeva il Kanun sugli omicidi dentro casa? Esso diceva che se un uomo uccideva sua moglie, erano i genitori di quest’ ultima a vendicare il sangue della loro figlia. Se succedeva il contrario, invece, cioè che la donna uccideva suo marito, allora erano sempre i genitori della donna che dovevano pagare con il loro sangue per la figlia. Se era il figlio ad uccidere suo padre, nessuno poteva rivendicare il sangue versato, ma il figlio assassino doveva lasciare sia la famiglia che il villaggio e andare altrove, mentre se uccideva sua madre i genitori della madre, cioè i suoi nonni, potevano vendicare il sangue della loro figlia”.
Kola lo interrupe e continuò lui a parlare con voce un po’alta.”Ed alla fine non si devono dimenticare le regole del perdono. Secondo il Kanun le vie di riappacificazione erano due, da una parte si arrivava al perdono tramite i conoscenti della famiglia della persona uccisa o il prete, mentre dall’altra parte tramite i rappresentanti della più nota famiglia che viveva nelle loro montagne”.
“Il bello”, disse Lin,”era e rimane il rito di “bere” il sangue dell’uno e dell’altro uomo, cioè fra l’uccisore e uno della famiglia della vittima, che consisteva nel versare un po’ di sangue di tutti e due in due bicchieri di grappa o semplicemente d’acqua e ognuno di essi beveva il bicchiere dell’altro, diventando così fratelli di sangue per tutta la vita. Il sangue che divideva quando si uccideva e il sangue della fratellanza quando si beveva. Potevano bere il loro sangue anche due persone che non avevano mai avuto una questione di sangue fra di loro, ma semplicemente volevano diventare “fratelli”.Il Kanun era così una bilancia perfetta che fissava il prezzo del sangue”.Continuarono a parlare sul Kanun e sulle regole di questa antica legge tutta la notte.Bevevano e mangiavano come se non fossero mai stati nemici.“Ho sentito ultimamente”, parlò Kola “che in India purificano il loro spirito entrando nelle acque di un fiume,mentre noi l’abbiamo fatto e lo facciamo con il versare del sangue.E veramente terribile.Dobbiamo chiudere con questa follia.E lo dobbiamo fare noi.Prima di tutto chi è “padrone del sangue”come chiamiamo noi la persona che ha subito l’uccisione.Tutto dipende da noi e solo da noi.La vita è una cosa sacra che Dio ci ha dato e solo lui c’è la può togliere. Infine, mio caro Lin, come ho detto anche a tua moglie io avevo anche un’altra cosa da dirti. Volevo chiedere la mano di tua figlia per mio figlio”.
Lin quasi non credeva alle parole che Kola gli stava dicendo. Con voce che esprimeva un palese senso di gioia e felicità disse: “ Non c’è cosa più bella di porre fine ad una cosa così crudele come è la vendetta con una cosa cosi speciale come il matrimonio”. Lin si alzò e abbraccio Kola che ormai era una persona di casa.
Era tempo di tornare a casa. Fuori si intravvedevano i primi raggi del sole. Kola, dopo aver ringraziato tutti per l’ospitalità, fece la croce sulla porta di casa di Lin,secondo quanto dice il Kanun, mentre Lin mise una croce sopra la sua porta, sempre secondo il Kanun, che voleva dire che le due famiglie avevano chiuso con il loro conflitto di sangue e tornavano ad una vita normale.
Ma che racconto intenso. Mi è sembrato che si potesse svolgere a Mostar. La descrizione del fiume, della stessa città divisa in due ma solo per motivi religiosi.
La storia di una vendetta che potenzialmente poteva essere cruenta e che invece ha saputo trasformarsi in modo intelligente e Pacifico. Quando c’è il buon senso, anche le tradizioni possono essere cambiate e migliorate. Un bel messaggio positivo. Piaciuto.
Ecco il vero coraggio! La storia di Kola ci regala una speranza per un futuro migliore.