Premio Racconti nella Rete 2021 “Una bomba di pomodoro” di Francesca Sivori
Categoria: Premio Racconti nella Rete 202117 luglio1944
Un sibilo acuto squarciò l’aria: la sirena si insinuò nelle vie ed entrò nelle case di Bogliasco, il primo paesino della riviera ligure di Levante, alle porte di Genova. Fernando abbandonò di scatto la caffettiera e si precipitò in camera a prendere il borsone.
Lisetta, sua figlia maggiore, balzò giù dal letto fulminea scaraventando a terra il libro che stava leggendo, afferrò la saccoccia a lei affidata che teneva sotto il letto e si catapultò in sala.
Presto, presto, bisognava fare presto, dovevano correre al rifugio. L’allarme era partito: la guerra era arrivata anche in quell’angolo del Golfo Paradiso e stavano per ricevere l’ennesimo bombardamento aereo. Gli anglo-americani cercavano di colpire i ponti ferroviari per bloccare l’ingresso dei treni nella grande città portuale e impedire i rifornimenti di viveri.
«Mamma! Francesco! Dove siete?», Lisetta urlò agitata muovendosi per la casa.
Nessuna risposta. La ragazzina aprì la porta della camera di suo fratello: niente. “Dove si è cacciato, accidenti a lui!”, pensò infastidita.
Tornò in sala: ora papà e mamma erano vicini alla vetrata che dava sul cortile.
Enrica era silenziosa; Lisetta si avvicinò e sentì suo padre dire alla moglie: «Tesoro, vai tu con Lisetta, lo aspetto io Francesco!».
La donna, immobile nel suo sguardo ieratico, pur con un filo di voce, con un tono che non ammette repliche, disse: «No, andate voi due, io non mi muovo da qui».
La grande sensibilità di quest’uomo, che già in passato gli aveva permesso di salvare la donna della sua vita, colei che amava più di ogni altra cosa al mondo, quando il loro figlio maggiore morì a soli 9 anni di difterite, gli suggerì che, nonostante tutto, così si doveva fare.
Fece un gesto di accompagnamento con il braccio verso Lisetta, con lo sguardo le indicò la porta e, in silenzio, a testa bassa tutti e due, uscirono.
Gli occhi grigi fissi verso la scala che congiungeva la strada al cortile della loro casa, Enrichetta fremeva dentro di sé dall’angoscia. ‘Perché’, si ripeteva, ‘perché mi sono lasciata convincere. Dovevo andarci io, non lasciare a Francesco il compito di uscire a fare la spesa’.
Aveva saputo che quel giorno sarebbero arrivati i pomodori, così aveva consegnato la tessera a Francesco e il bambinetto era schizzato via di casa con la sua solita allegria.
La verità era che a quel suo figlio faceva fatica a dire di no. Francesco era nato perché Fernando lo aveva voluto. Enrica era ancora avvolta nel suo dolore di madre per la morte dell’adorato Popetti, ma lui aveva saputo prenderla con dolcezza e infinito amore. Aveva capito che per ridarle la vita doveva donarle un’altra vita dentro di lei.
Ecco perché Francesco era così speciale. Per questo lo colmava di attenzioni, gesti e sguardi affettuosi e lo accontentava in tutto. Proprio come quella mattina.
Il bimbetto era uscito trotterellando con il cestino in mano, contento di quella uscita fuori programma. Non capiva bene cosa fosse la guerra e d’altra parte non gli interessava molto la cosa. A lui bastava trovare un attimo di libertà per correre al mare. Il verduraio era proprio sulla stradina che fiancheggiava la spiaggia: avrebbe fatto una piccola deviazione al moletto. Voleva vedere se c’era ancora quel grosso fòulo nella tana sotto il masso grosso. Lo avrebbe stuzzicato un poco per vedere le sue grandi chele alzarsi per difendersi: era così buffo! “Certo, al granchio il mio bastone sembrerà un grosso palo e io gli apparirò come un gigante!”, pensava ridacchiando tra sé e sé.
Gli piaceva mettersi nei “panni” degli animali. Era un gioco che si divertiva spesso a fare: era bello “pensare” come un polpo, una formica, una lucertola, un merlo o addirittura un ragno!
Più di tutto gli piaceva, però, immedesimarsi in un gabbiano e immaginare di volare… Quante ore trascorreva a guardarli, incantato, mentre si libravano nell’aria!
Dal moletto riusciva a vedere il negozio del verduraio: c’era una fila molto lunga che aspettava. Si concesse quindi un po’ di tempo per giocare con il suo amichetto. Quando alla fine alzò lo sguardo e vide che la coda di persone era sparita, corse lungo la salitina e raggiunse in un baleno il negozio. Poche persone e toccava a lui. Mostrò la tessera e il negoziante gli consegnò la sua “razione” di pomodori. Quindi riprese la via di casa.
Fu proprio quando imboccò la strada principale che l’urlo della sirena squarciò l’aria.
Le gambe sottili e magre erano già abbastanza lunghe: prese a correre e arrivò in poche attimi al centro del paese. C’era ancora un bel pezzo prima di arrivare a casa. E qualcosa lo convinse a non proseguire per la strada principale.
Tirò su per la scalinata che sbucava vicino a un piccolo tunnel utilizzato come rifugio antiaerei: “Se riesco a raggiungere la galleria, lì sarò protetto!”, pensò fra sé. “Troverò di sicuro anche la mamma, papà e Lisetta!”.
Fece i gradini quattro alla volta; non bastò. Era circa a metà quando udì il sibilo di una bomba che stava per cadere. Si acquattò a terra, appoggiandosi al muro che fiancheggiava la gradinata.
L’istinto di bambino gli fece portare il cestino sopra la testa, a mo’ di riparo. Booooooom. La bomba era caduta ed esplosa lì vicino, troppo vicino, proprio al di là del muretto a circa 30 metri da lui, sulla via maestra.
La paura gli gelò il sangue. “Mamma, mamma!”, gridava dentro di lui. Alcuni pezzi di muretto si staccarono e gli caddero addosso.
E poi il silenzio.
Qualche attimo di attesa e quindi, veloce, si rimise in piedi. Il cestino in mano, riprese a correre: bastavano ancora pochi metri e sarebbe arrivato alla galleria.
La raggiunse, si fermò a prendere fiato: ormai era al sicuro.
Un nugolo di persone si era concentrato al centro in attesa della seconda sirena: si avvicinò a loro e vide suo padre e sua sorella: «E la mamma dov’è?», chiese subito allarmato.
«È rimasta a casa, pensava che tu tornassi lì», lo tranquillizzò il padre, «ma tu, da bravo ometto quale sei, sei venuto qui a ripararti, bravo Francesco mio», e se lo strinse forte al petto.
Francesco si acquietò un poco ma, non appena l’ululato del cessato allarme si fece sentire, consegnò il cestino dei pomodori al padre e in un lampo schizzò via. Percorse i cento metri che lo separavano dalla loro abitazione velocissimo, come un fulmine. Scese a due a due i gradini fino al cortile di casa.
Fu un attimo: quando il ciuffetto biondo comparve in cima alla scala il cuore di Enrichetta fece un balzo. “Francesco!”, gridò dentro di sé. Si precipitò dalla porta, corse fuori nel cortile e si fermò a guardare il suo bambino che le correva incontro felice. Anche lei aveva sentito la sirena e aveva temuto il peggio…
«Francesco!», quasi urlò trattenendosi dal pianto. «Sei vivo, figlio mio!», lo abbracciò e quindi cominciò ad accarezzarlo sulla testa. Solo allora scorse del rosso spuntare tra i riccioli biondi. «Dio mio, sei ferito!», arretrò spaventata.
Francesco, che peraltro non sentiva alcun dolore, mise d’istinto un dito tra i capelli, se lo guardò e vide che c’era effettivamente del rosso. Se lo portò alle labbra e il sapore dolciastro che ne scaturì fuori gli stampò un bellissimo sorriso sulle labbra: «Mamma… è pomodoro!».
Brava Francesca! Proprio un bel racconto ben scritto.