Premio Racconti nella Rete 2021 “Preludio, fuga e variazione” di Cinzia Tozzini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021
Fasci di carta pentagrammata frusciarono sonoramente.
Aveva chiuso gli occhi mentre rivedeva gli appunti e l’aveva colto il sonno. Le sue gambe, stese con le caviglie allacciate, non rispondevano più; eppure toccava alzarsi.
Sporgendosi dal divano, si mise a cercare lo smartphone a tentoni: la stanza anche nelle ore di sole restava in penombra e adesso era completamente oscurata. Soltanto, vicino alla finestra, si vedeva una ragnatela agitarsi a tratti.
Finalmente lo trovò: era finito sotto il pianoforte a coda e, nel brusco risveglio, i fogli scivolati per terra l’avevano ricoperto. Qualcosa doveva essersi rotto: non si illuminava. La stanza era così buia che non riusciva a leggere l’ora, per quanto avvicinasse gli occhi e li stringesse, e facesse sì che un raggio di luna incontrasse il display leggermente inclinato.
Si decise ad alzarsi del tutto e a raggiungere l’interruttore. Le sue gambe lo reggevano già bene.
«Bene, bene!», si rallegrò fra sé l’organista, «Sia la luce!»
La luce artificiale, appena giallastra, si distese sulle cose, riducendo le dimensioni sospettate della stanza.
«Le… possibile? Le nove! Stavo per perdere la cena.»
Si chinò per controllare lo stato delle sue calze: appena appena non troppo pulite; ma in serata non c’era niente in programma che comportasse il togliersi le scarpe, quindi perché cambiarsi le calze?
«Le nove, le nove, le nove!»
Si sedette di fronte al pianoforte. Sbirciò in fretta gli spartiti più prossimi, quelli sparsi sul coperchio e quelli caduti ai piedi del panchetto.
«Uhm… le nove!»
Scattò in piedi e cominciò a vestirsi.
Dalla finestra entravano voci confuse. L’organista scosse la testa e raccolse da un angolo un paio di scarpe. Non troppo pulite. Le rimise a posto con fare compito e lezioso. Indossò le sue scarpe da organo, le uniche che manteneva ogni giorno ben lucidate. Prese le chiavi della macchina e scese giù.
Le scale sapevano di gatto.
«Che schifo! Se si aspettano che le pulisca io queste scale hanno una bella fantasia… come se non avessi altro da fare!»
Inciampò nell’ultimo gradino e finì per terra disteso.
L’aria della notte giunse alle sue narici disorientate attraverso il portone, che era stato lasciato appena socchiuso. Era caduto proprio nel punto che il gatto aveva bagnato.
Si tolse la giacca e la gettò nel portaombrelli; uscì e chiuse con cura il portone. Fischiettando si diresse verso la sua auto. Aprì la portiera e si sporse dentro.
«Hum…»
Spostò un cumulo di spartiti e si sedette.
«Saranno le 9.15… praticamente sono già in ritardo. Bah! Aspetteranno.»
Cominciò a rovistare fra le chiavette ammucchiate nel vano del cruscotto e ne inserì infine una. Conteneva una registrazione del suo “Prélude, fugue et variation” di César Franck.
La musica arrivò e prese subito a vibrare nel suo petto, come fa l’aria nelle canne d’organo. Mise in moto.
Il labirinto delle brevi strade del quartiere terminò in una via più lunga, dritta e buia, disegnata fra i campi; ai lati gli alberi sfilavano veloci.
Si immise in autostrada e vide che era quasi sgombra; soltanto, molto indietro, correva un grosso camion. Di fronte a lui l’asfalto era pulito come un nastro nero: una ferita scavata per lui nel dorso della terra.
Guardò nello specchietto: il camion si era avvicinato.
Disse ad alta voce, come altre volte aveva detto: «Che bestione orrendo!», e intanto pensava: «È lì, grosso, sporco, e non si cura di questa musica incredibile che è davanti al suo muso. Che ne saprà, quello che lo guida, di César Franck? Chissà che trasporta.»
Premette il piede sull’acceleratore, per allontanarsi dal camion. Ma anche quest’ultimo si fece più veloce.
«Ah, sì? Vuoi giocare, scarafaggio?»
Congiunse la mente alla Variation che adesso iniziava e quasi chiudendo gli occhi spinse l’acceleratore.
Il camion si avvicinò ancora una volta.
Il volto dell’organista si contrasse. Quel camion stonava nello specchietto, con la sua mole opprimente. Nell’occhio dell’organista non c’era posto che per il nero della notte e per quei profili perfetti che appartengono alle cose quando il buio le avvolge.
Poteva il camion superarlo? No, non poteva. E, nel caso, lui non era disposto a farsi superare. Se lo sarebbe semplicemente lasciato alle spalle, lontano dalla vista, chissà dove. Sarebbe bastato accelerare ancora un po’.
Accelerò ancora un po’.
Il camion era ancora lì.
Credeva di sentire come un alito viziato sulla nuca, mentre lui si fondeva a quell’incredibile Variation.
D’un tratto, una nota parve emergere fra le altre e spronarlo a rifiutare l’invadenza che quel coso imponeva alla sua vista. Si commosse di fronte a quell’invito che la bellezza gli stava offrendo.
Fu un attimo. Altre note lo trascinarono in luoghi più alti.
Adesso, con tutta la sua forza, con tutto il suo peso moltiplicato dal potere della musica avrebbe premuto sull’acceleratore. Come suonando una nota estrema su un organo etereo, che avrebbe messo tutto il resto a tacere.
Ecco, d’improvviso quella nota sognata si staccò dalle altre e fu veramente lì, viva e reale.
L’organista prese tutto quello che di sé poté raccogliere e lo portò sul pedale. Suonò la nota estrema, spostando il piede sulla pedaliera di un organo immaginario.
Il suo piede calò e la sua mente assorta rinvenne all’improvviso. L’auto era tornata a essere quello che era, un’auto in mezzo a un’autostrada. L’organo e il pedale che quella nota con il suo canto di sirena aveva chiesto con così tanta grazia di premere erano svaniti, e il piede dell’organista era premuto sul freno dell’auto.
Fu un urto tremendo. L’auto inchiodata di colpo; il camion contro a velocità folle.
L’auto esplose in una nube di frammenti e il conducente del camion si rinvenne dal colpo di sonno che l’aveva preso per un momento.
Vide che davanti a sé non aveva più nessuno, e credette e a un miraggio dei suoi occhi stanchi, assetati di casa e di vita.
Uno stile molto incalzante, in un crescendo quasi da thriller, per delineare una personalità egotica che incontra il destino.
Complimenti!, proprio un bel racconto.
Molto bello il ritmo, l’andamento parallelo alla musica, coinvolgente e dal finale inaspettato. Complimenti.
Grazie, Mossec, per il gentilissimo commento. Quella che ho cercato di delineare è una personalità egotica, come hai ben colto tu, ma soprattutto sprezzante. Il protagonista di questo racconto pretenderebbe di distaccarsi dagli aspetti materiali della vita, non riconoscendo la loro importanza, ma finisce per esserne annientato.
Grazie, Nicoletta Manetti, per il generoso commento. La ringrazio particolarmente per aver colto l’andamento parallelo alla musica, che effettivamente costituisce la struttura portante della storia. Mi incoraggia molto sapere che l’idea che volevo ‘incarnare’ nel mio racconto si comunica ai lettori.
Costruito veramente bene, seguiamo anche noi il crescendo della musica e ci schiantiamo senza accorgercene sul finale, insieme all’organista…
Grazie, Veronica Santoro, per il commento incoraggiante. Ho riscritto varie volte questa storia, nella ricerca di una versione essenziale e asciutta che potesse coinvolgere i lettori, diventare una loro esperienza mentale e suscitare una visione personale.
Accidenti, che racconto mozzafiato e mozza-vita. Mi piace come lo hai scritto.
Incalzante come la musica che lo accompagna, in pochi tratti essenziali l’organista è descritto in tutto il suo egotismo inconsapevole fino allo schianto finale, brava!
Grazie, Marina Berta, per aver letto il mio racconto e per aver lasciato questo commento gentile. Questa storia è nata da una visione, scaturita da una conversazione avvenuta tanto tempo fa. Scriverla ha rappresentato una sfida, soprattutto stilistica. Grazie ancora!
Grazie, Claudia Dalmastri; con il suo gentilissimo commento mi ha donato questo aggettivo, “essenziali”, che mi rende proprio contenta. Essenziale, volevo essere, ed è stato faticosissimo!
Il ritmo è importante nella musica tanto quanto nella scrittura, e in questo il tuo racconto è… musicale. Avvincente, e bella la caratterizzazione in poche pennellate del protagonista.
la musica con le sue variazioni guida le azioni del protagonista che le ubbidisce fino ad esserne assorbito e uscire dalla vita reale, della quale, del resto non era generalmente molto partecipe in tutti i sensi!
la musica con le sue variazioni guida le azioni del protagonista che le ubbidisce fino ad esserne assorbito e uscire dalla vita reale – della quale, del resto non era generalmente molto partecipe – in tutti i sensi!
Veramente una bella idea quella di usare questo “crescendo” narrativo, come una composizione incalzante.
Certo che questo egocentrico pianista guidava proprio una gran carretta, per non riuscire a guadagnar terreno su un camion in autostrada!
Grazie, Eleonora Angelini, per aver letto e commentato. Le ‘pennellate’ all’inizio erano molte di più. Ho spogliato il ritratto fino a ridurlo all’essenziale. Sono contenta che possa funzionare.
Grazie, Silvana Bartolini, per il gentilissimo commento. Non era partecipe della vita ‘condivisa’, tuttavia chi può dire quanto irreale sia una passione così intensamente vissuta? Il protagonista può suscitare pena ma forse, anche, un lampo di invidia.
Davide Desantis, si sa che gli artisti, specialmente da giovani, si devono spesso accontentare di mezzi di fortuna 😀 Grazie per aver letto il racconto e per aver lasciato questo generoso commento.
Ci sono molti aspetti che colpiscono in questa storia. Innanzitutto il ritmo narrativo così incalzante da riuscire a tenere incollato il lettore col fiato sospeso dall’inizio alla fine. Poi la cura nei dettagli. Le descrizioni sono vivide ed è facile immergersi totalmente nella storia. Poi il protagonista così ben caratterizzato attraverso tutto ciò che ci fai conoscere di lui senza “raccontare”. Insomma questo è un racconto godibile e ben scritto. Davvero molto brava.
Grazie, Monica Menzogni, per aver letto e lasciato questo generoso commento. Sono contenta che le descrizioni siano funzionali dal punto di vista di chi legge.