Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Una cosa alla volta” di Diego Inghilleri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Ho appena terminato una discussione piuttosto vivace con mia moglie in video chiamata mentre è in volo verso Milano: è partita in anticipo e mi ha chiesto la disponibilità dell’auto all’aeroporto. Ho avuto l’ardire di sottolineare che mi coglieva alla sprovvista e in men che non si dica si stava discutendo della mia presenza e della mia disponibilità piuttosto ridotte. A causa del lavoro, ho ribadito, ma con questa affermazione non ho ottenuto che di spalancare il solito vaso di Pandora.

Pertanto, ho chiuso in fretta e furia la comunicazione per evitare l’escalation e organizzarmi in questa giornata nella quale l’orario di fine servizio mi concede un po’ di spazio per rispondere alla nuova esigenza, ed eccomi alla guida.

Andrebbe tutto bene se l’auto davanti a me non continuasse a rallentare senza motivo apparente: mi rende nervoso. Adeguo la mia velocità alla sua e chiedo all’e-manager di bordo di cambiare emittente in quanto un tizio mi sta ammorbando con considerazioni politiche dozzinali: finisco con l’ascoltare un cronista discutere di titoli di borsa in caduta libera. Non va meglio. Spero in un intermezzo musicale mentre lo schermo dell’orologio scatta sulle 18 e 33: la tabella oraria è perfettamente rispettata in base all’arrivo del volo di Sonia. Accetto una chiamata in entrata. (L’automezzo che procede davanti a me deve essere guidato da un incapace che non sa tenere la destra). L’immagine di mio figlio si anima e in videochiamata mi spiega che sta traducendo il carme di Catullo dedicato al passero di Lesbia. Non si capacita di una poesia su di un uccello.

“Mai sentito parlare del Passero solitario?” chiedo, ma lui va oltre rapidamente spiegandomi che non trova la voce verbale che regge una serie di infiniti. Provo a spiegare: “al quarto verso trovi solet che regge ludere, tenere, dare. Sono tutte proposizioni relative” (il testo mi scorre davanti agli occhi), “introdotte da quicum, quem e cui tutti riferiti al vocativo Passer all’inizio.” (Freno d’istinto quando l’incapace si blocca in mezzo alla strada per svoltare a destra). (Gli investitori stranieri stanno fuggendo? Sai che novità!) Invio a mio figlio il link di un sito rapidamente individuato dal motore di ricerca, e lo minaccio che “non si copia; si cerca di capire” e che a sera controllerò se mi ha dato ascolto. (Supero di slancio l’automezzo dell’incapace notando che la trattoria Ciò che ti piace ha chiuso. Ricordo la piacevole serata che ci abbiamo trascorso con gli amici due mesi prima. Invio un messaggio ad Andrea chiedendogli disponibilità per le due settimane successive, così, per replicare un incontro stile vecchi tempi. Individuo nelle vicinanze una nuova enoteca, carina ma dal nome banale, Goccio Di-vino. Chiedo all’e-manager di fissare nome e indirizzo sulla mappa in uso e mi faccio recitare alcune critiche da parte dei clienti. Noto che la voce che le legge non ha ancora quella fluidità espressiva necessaria a distinguere immediatamente la disposizione d’animo dei critici). (Richiedo un cambio di emittente. Finalmente musica, e mi trovo a canticchiare un pezzo rock quasi preistorico di cui non ricordo l’esecutore: Springsteen? No, lui no).

Il controller dell’aeroporto conferma l’orario d’atterraggio del volo di Sonia di lì a 10 minuti. Richiama mio figlio che mi chiede se il primum digitum citato nel carme sia il pollice. Gli spiego che è meglio tradurre con la punta del dito, colpito dal fatto che stia provando a tradurre da sé. (Nel frattempo, la critica più bizzarra portata all’enoteca è che non c’è birra. Ma va??). Interrompo la chiamata perché dal Centro che ho appena lasciato mi chiamano per assicurarsi che l’approvvigionamento di delorazepam corrisponda a quanto richiesto: ricordo al mio interlocutore che si tratta del nome del principio attivo e che potrebbe essere stato consegnato con un nome di brend. L’interlocutore mi ringrazia per avere risposto anche se non sono più in servizio. (Mia moglie mi ha inviato due foto di un fumetto che mi ha acquistato in lingua originale, i tomi che mi mancano di Le Château des étoiles. Alex Alice disegna e colora in maniera mirabile). (Dove avrò messo i pigmenti comprati anni fa a Roussillon?).

Arrivo al parcheggio dell’aeroporto. Considero che le due immagini inviatemi da Sonia, e le seguenti, siano una richiesta di armistizio. Ho voglia di stringerla forte, mi è mancata anche se non sono certo mancati i contatti mediali e al di là delle discussioni. L’e-manager di bordo si collega a quello dell’area parcheggio che fornisce l’itinerario per la piazzola libera più vicina al terminal di arrivo, indicazione che ho inserito al volo recuperando il codice del volo da un vecchio messaggio. (Mi destreggio tra automezzi e pedoni impazziti, il tutto reso più complesso da bagagli che spuntano da ogni parte.) (Andrea mi avvisa che la prossima settimana è libero). Tre minuti al luogo della sosta.

Improvvisamente mi avvedo (freno, riparto, freno, spunto con una prima marcia sobbalzante, eccheccavolo!) di non avere neppure organizzato una cena degna di questo nome, una cena a casa, visto che Sonia in questi giorni sarà passata da un ristorante all’altro senza sosta.

Avvio la comunicazione domotica mentre evito un cane sfuggito alla sua padroncina: la frenata improvvisa, gestita dal rilevatore di ostacoli prima che da me, mi dà una sensazione di vertigine. (Rolling Stone? Ma neanche). (I pigmenti potrei averli messi in soffitta: ricordo i contenitori di vetro dal contenuto colorato sistemati in una scatola di legno). (Spiego ad Andrea che non appena Sonia sarà a casa organizzeremo per i prossimi giorni: “senti tu gli altri?”). Potrei cucinare gnocchetti con i fiori di zucca che le piacciono tanto e biscotti caserecci che ci vuole un attimo a preparare insieme al gelato alla vaniglia (ne sarà avanzato?): mentre sto ancora assaporando il connubio gelato-biscotti il programma domotico mi avvisa che gli ingredienti ci sono tutti sicché confermo lo scongelamento dei fiori di zucca. (Cambia il pezzo riprodotto ma continuo a chiedermi chi cantasse il precedente. Forse Bono Vox?). Mio figlio mi ricontatta per chiedermi perché nel testo del carme la parola karum abbia la ‘kappa’ e non la ‘c’. Non ne ho la più pallida idea, ma ne approfitto: “per caso hai visto in soffitta una scatola di legno che contiene boccette di vetro di polveri colorate?” (Comunico la formula di conversione gocce/compresse per il delorazepam: “26 gocce corrispondono a 1 mg”. “Strani valori”, commenta l’infermiere del Centro, perplesso).(E se non fosse un cantante uomo? Che sia Marianne Faithfull, con la sua voce roca? Ora mi sfugge il motivo di qualche minuto fa, ma potrebbe essere So sad, e allora sarebbe lei. Avvio ricerca nel web). (La ragazzina non riesce a domare il bassotto che ha lo stesso piglio di un doberman). (Rispondo a una paziente che mi conferma la sua presenza all’appuntamento di giovedì: di conseguenza l’agenda digitale sblocca e conferma un appuntamento rimasto in sospeso per la settimana successiva). (Parte So sad: la riconosco, e quindi era proprio la Faithfull).

Finalmente parcheggio l’auto (si attiva un breve filmato di mio figlio che mostra la scatola di legno che contiene i pigmenti. La voce in sottofondo dice “li ha spostati sicuramente la mamma”), ma non ho ancora inviato a Sonia la posizione dell’auto in modo che possa recuperarla per rientrare in autonomia. E’ l’ultima operazione che completo prima di arrestare ogni attività all’approssimarsi di un poliziotto – non si sa mai che controlli il mio traffico di informazioni mentre sono alla guida – facendo scomparire il mio ologramma dall’auto, mentre nel mio studiolo a casa mi sfilo il visore dal capo e i sensori dalle mani scostando in un solo movimento la poltroncina dal terminale.

Quando alzo gli occhi all’orologio (Sonia sarà a casa in 45 minuti) mi raggiunge il blink! del forno a microonde che ha completato lo scongelamento dei fiori di zucca ormai pronti per essere cucinati. (Memoria, memoria! “Ricetta sugo ai fiori di zucca”, chiedo all’e-manager domotico che sta aprendo finestre in serie sullo schermo del frigorifero sovrapponendosi al filmato dell’acquario che mi rilassa tanto).

Mentre tolgo il contenitore dal forno a microonde, mi ripeto che devo preparare una buona cena, non posso fallire in questo atto di riconciliazione. “Chiamata in entrata”, mormora il programma domotico.

“E se cenassimo a casa?” dice la voce a di Sonia. E’ sicuramente un buon segno. “Linguine con i gamberetti?”.

Non oso contraddirla e mentre lei mi parla di sorbetto ai lamponi il frigorifero mi avvisa che non ci sono né gamberetti né lamponi, ma che è pronta la richiesta al distributore locale. Attende conferma.

“Riproduci So sad. Marian Faithfull”, richiedo. Mi domando come fosse la vita prima delle reti, quando si viveva una faccenda per volta dando tempo al tempo. Riuscirei a prendere le distanze da questo ritmo? Mi affascina l’idea, benché inconsapevolmente abbia già confermato la richiesta.

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2 commenti »

  1. Bene, per oggi l’ora è finita. Ci rivediamo alla prossima seduta!

  2. … e pensa se il protagonista avesse già chiuso il suo percorso. Grazie della lettura e del commento.

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