Premio Racconti per Corti 2020 “La palla da bowling” di Pietro Garuccio
Categoria: Premio Racconti per Corti 2020“Igor.”
Chi mi chiama così? Chi può essere? Perché mi chiama così? Cosa vuole da me? Come conosce questo nome? Cosa vuole da Igor? Igor non esiste più!
Perché adesso? Proprio adesso che sto con un fiore in mano?
Ci sono ore che durano un attimo e ci sono attimi che durano ore.
In quest’attimo la mia testa è bombardata da cento domande e cento paure.
Mi volto? Faccio finta di niente? Nego di essere, di essere stato Igor? Scappo?
Perché dovrei scappare? Igor non esiste più! Igor ha pagato. Igor ha strapagato.
Non posso non voltarmi. Mi preparo la risposta? Ma se non so la domanda! Ma se non so chi c’è dietro le mie spalle! Uno sbirro? Un avvocato? Un giudice? Un secondino? Un compagno?
Forse un compagno, ma questa voce non la conosco. E allora chi può essere?
La mente confusa, il fiore tenuto a malapena fermo. Mi volto.
Un giovane. Alto e robusto. Possente. Mai visto. O forse sì. Ritorno a respirare. Aspetto che inizi lui.
“Perché sei qui? Che ci fai sulla tomba di mio padre? Sei venuto a quietare la tua coscienza?”
“Sono venuto a chiedere perdono!”
“A lui? A me devi chiedere perdono. A mia madre. A mio fratello. Ci hai fatto crescere soli: senza padre, senza marito, senza sorrisi, senza feste! Io sono cresciuto con la rabbia dentro. Giorni e giorni di rabbia. Giorni e giorni in palestra a picchiare duro il sacco, a immaginare di averti davanti per sfogare tutta la mia sete di giustizia, tutta la mia sete di vendetta.”
La sua voce dura e ferma, la sua determinazione, i suoi pugni chiusi, il livore nei suoi occhi, il silenzio intorno. Non ho paura. Fallo! Mi viene voglia di dirgli di picchiarmi, di ammazzarmi di botte, di chiudere la partita una volta per sempre.
“Tu senza padre, io senza figli, senza famiglia, senza gioventù, senza pace! Tutti i giorni, tutte le notti. Ero giovane, avevo più o meno la tua età, avevo la tua voglia di giustizia, ma di giustizia sociale. Erano altri tempi. Anni bui. Anni di piombo. Ma come hai fatto a riconoscermi?”
“Controllo i tuoi spostamenti da quando sei uscito dal carcere. Perché hai sparato? Perché l’hai ammazzato? Era a mani nude.”
“Ero pieno di energie, volevo cambiare tutto, volevo spaccare il mondo. In un direttivo decidemmo di fare un esproprio proletario al supermercato. I capi decisero che dovevo esserci anch’io. Non potevo tirarmi indietro. Mi dissero che mi sarei chiamato Igor e mi dettero una pistola. Era la prima volta. Tremavo dentro.
Durante la rapina stava andando tutto liscio, fino a quando uscì tuo padre dall’ufficio. Era alto e grosso, come te. E senza paura. Ci gridò contro. Il capo mi disse “spara”, rimasi immobile. “Spara, ti ho detto”. E sparai. Un colpo solo, una sola maledetta pallottola.”
“E come una sola maledetta boccia da bowling hai buttato giù tutti i birilli, tutte le nostre vite! Noi figli, bene o male, stiamo vivendo la nostra vita, mia madre, invece, non si è più rialzata.”
“Ho il cuore spezzato! La posso incontrare?”
“Mi ha incaricato di cercarti… Ti sta aspettando da tempo… Per perdonarti!”
Bellissimo racconto Pietro. Intenso, diretto, senza fronzoli… che fa riflettere sul senso e la forza del perdono. Complimenti.
IIl racconto rievoca forse un recente fatto di cronaca nera e riapre il dibattito tra chi esige dure condanne e chi intravede nel breve periodo pentimenti e riabilitazioni. Un tema ricorrente e una conclusione non facile, presa come è da richieste opposte anche da parte dei protagonisti diretti. Il vero tema qui è la trasposizione in Corto, dove il dibattito si riaccende coinvolgendo lo spettatore. A me ricorda il capitolo finale de “Lo straniero” di Albert Camus, uno splendido romanzo breve, il corto propone non un monologo ma un dialogo che si svolge presso la tomba dove il figlio dell’assassinato rivede l’assassino e riconoscendone il dolore e l’incoscienza lo perdona.
Trattandosi di “un corto” ho visualizzato l’incontro, che mi ha commosso. Reso con uno stile asciutto, essenziale, che fa riflettere su un tema delicato di cui, purtroppo, a distanza di anni, ancora si pagano le conseguenze.