Premio Racconti nella Rete 2020 “La lunga mattinata del duce” di Pietro Garuccio
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020(romanzato su fatti realmente accaduti)
“Eccellenza, vi rammento che alle ore 12 avete l’appuntamento con sua altezza reale.”
“Osvaldo, vi rammento che non ho il dono dell’ubiquità. Ma non ditelo in giro!”
Nonostante l’agenda zeppa d’impegni, il duce si concesse all’ironia davanti al suo segretario.
“Avete indagato sulle finalità recondite di questo incontro?”
“Pare che la principessa voglia riferirvi la sua versione sulle presunte tendenze perverse del marito e sulla supposta frequentazione dello stesso con un giovane duca, noto pederasta passivo, eccellenza!”
“Il mio auspicio è che siano solo illazioni, Osvaldo. Sarebbe una disgrazia per la casa reale e per la nazione! Adesso lasciatemi da solo, devo scrivere una missiva di estrema importanza.”
Il segretario batté i tacchi e richiuse con accortezza, dietro le sue spalle, la possente porta dello studio, in modo da evitare che il rumore rimbombasse, amplificato dai tetti alti e dal volume della stanza, solo parzialmente arredata.
Appena dieci minuti e il duce dovette spostare lo sguardo dal piano della scrivania alla porta. Voci concitate presagivano un’imminente interruzione della sua concentrazione.
Toc toc e rientrò il solerte segretario.
“Eccellenza, la vostra amica inglese chiede con insistenza di conferire con voi.”
Il duce, sebbene indispettito, acconsentì a che entrasse.
L’ospite attese l’uscita del segretario e richiuse lei stessa la porta.
“Ti posso concedere solo cinque minuti. A che devo la tua visita?”
La donna dapprima lamentò di essere stata trascurata – il duce, in risposta, accampò le solite scusanti da uomini – poi poggiò sulla scrivania un’istanza, che qualche solerte funzionario aveva bollato come respinta, chiedendo l’autorevole visto al duce.
Lui lo concesse quasi a occhi chiusi, nella speranza di accorciare i tempi della visita, ma lei si volle immediatamente sdebitare.
Più il duce fremeva per l’avvicinarsi dell’impegno al Quirinale, e cercava di accelerare la conclusione, più l’ospite prolungava sapientemente il rapporto.
Il duce dette l’ennesima prova della sua virilità, ma, al termine, dovette richiedere un robusto zabaione.
Alle 11,50 il duce trovò il solerte autista con il motore della macchina acceso, alzò svogliatamente la mano aperta per accomiatare il codazzo di collaboratori che l’avevano accompagnato giù per le scale, esonerò l’autista, salì sul posto di guida e si recò da solo all’appuntamento.
Un cameriere in livrea lo accompagnò all’appartamento privato della principessa, per poi rinculare senza mai voltare le spalle all’ospite di riguardo. Due dame di compagnia accolsero il duce con reverenza e ammirazione. Nei pochi minuti di attesa civettarono spudoratamente, ammiccando al punto che il duce, gonfio e tronfio, promise che a breve si sarebbe “occupato” di loro.
“Insieme?” Per tutta risposta fecero le due, a metà tra richiesta e conferma.
Il duce portò le mani ai fianchi, tirò ancor di più in dentro la pancia, riempì i polmoni d’aria, drizzò il collo, portò il mento in avanti e confermò:
“Insieme!”
Sua altezza reale si fece trovare in piedi vicino al pianoforte a coda, un calice vuoto nella mano sinistra, il balcone spalancato sul giardino, con la luce primaverile che entrava attraverso le pregiate tende. Sul tavolino davanti al divano una bottiglia di champagne dentro il cestello con il ghiaccio e un secondo calice.
Il duce rimase spiazzato. Un incontro immaginato come istituzionale stava prendendo la fisionomia di un incontro galante. Osservò meglio la principessa e ammirò l’ovale del suo volto completato dai capelli raccolti e fermati con un piccolo diadema. Il collo scoperto sembrava più sottile e roseo di come l’aveva conosciuto. Un lungo abito di seta color cipria, annodato dietro il collo, finiva morbido alle caviglie.
Il duce si avvicinò e baciò la mano della principessa. Questa ritrasse la mano per sciogliere il nodo dietro la nuca; il vestito scivolò giù come un sipario, mettendo in mostra tutta la nudità regale.
Ventitré anni: questa era la differenza tra i due. Il duce se li sentì tutti quanti improvvisamente addosso. Come se non bastassero l’imbarazzo e lo stupore per la piega presa dall’incontro, sentì che tra le gambe accusava lo sforzo e lo stress dell’incontro con l’inglesina.
Per guadagnare tempo stappò la bottiglia e riempì i calici, mandando giù tutto di un fiato lo champagne, come fosse vodka.
La principessa invece lo sorseggiava, sempre in piedi al lato del pianoforte, senza imbarazzo alcuno a mostrare il suo fresco seno e la bionda peluria pubica, solo parzialmente coperta dalle gambe ravvicinate.
Il duce immaginò le conseguenze di essere scoperto e temette che potesse trattarsi di un tranello ordito dai suoi avversari interni. Immaginò pure le due dame dietro la porta intente a origliare e capì che era meglio approfittare dell’inopinata defaillance per suonare un’ingloriosa ritirata.
Si accomiatò accampando impegni di governo improcrastinabili e, con un altro baciamano, salutò la principessa visibilmente delusa.
Trovò le due dame proprio dove le immaginava: lontano dalla porta e in direzione dell’uscita.
Appena fu a tiro delle loro voci, le signore con un sorrisino gli dissero:
“Cilecca, eccellenza?”
La lunga mattinata del duce era iniziata prima che il gallo cantasse e si era svolta secondo i convulsi ritmi di sempre, dagli esercizi ginnici alle udienze, alle riunioni, ma era stata complicata dalla visita indesiderata e prolungata dell’inglesina e dalla sconvolgente profferta di sua altezza reale, con l’imbarazzante epilogo scaturito. Colpa anche dei primi caldi e dello champagne tracannato a stomaco vuoto, si sentiva spossato e frastornato.
Ma il duce è il duce! Riprese il controllo di sé e le saluto con:
“Magari un’altra volta!”
Sbatté i tacchi, fece il saluto romano e si avviò con passo spedito verso l’uscita.
Solo a tarda sera, ripensando alla lunga complicata mattinata, si rese conto che cilecca era un’unica parola.
Inappuntabile sotto ogni punto di vista. Un piccolo capolavoro, bravo!