Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “La miniera d’argilla” di Marco Riccomini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Pane, burro e marmellata di marroni. Asca e Juri avevano fatto merenda in cucina e la nonna gli aveva dato una mela renetta a ciascuno, nel caso avessero avuto ancora fame. I due avevano ben altro da fare e, con un’occhiata furbina, erano già fuori nel campo per andare a lavorare alla miniera d’argilla. L’avevano trovata per puro caso, quando cercavano con la zappa dei vermi per darli da mangiare alle galline spelacchiate del fattore. Avevano fatto un discreto lavoro con la pala arrugginita trovata dietro al fienile: un buco di due metri circa di diametro e un cumulo di argilla fresca fresca che avevano ricoperto di foglie e rami per nasconderlo agli occhi indiscreti.

I ragazzi venivano ogni settimana nella casa di campagna dei genitori e l’ultima volta avevano piazzato un cartello di cartone con la scritta: “MINIERA D’ARGILLA – ALLA LARGA!”. Quella terra era compatta e dura quando era asciutta ma se era bagnata da una pioggia, sembrava fosse di plastica fluida pronta da modellare. Era una vera fortuna, per i due piccoli minatori, aver trovato quel giacimento d’argilla. Erano così fortunati che già pensavano a come far fruttare quella scoperta, se fosse stato possibile vendere quella terra preziosa o magari costruire una fornace per cuocerla. Asca e Juri avevano letto in un grande libro che l’argilla è usata per tante cose e che in natura se ne può trovare in abbondanza. Ma loro avevano un vantaggio: la terra su cui avevano trovato l’argilla era dei genitori e quindi, potevano farsi prestare quel pezzo per cominciare la loro attività.

I pensieri e le fantasie ruotavano velocissimi nelle menti dei due e mentre scavavano e accumulavano la magica terra, sognavano la loro fabbrica con una grande fornace per costruire mille cose. Vasi, ciotole, mattonelle, orci e piatti che poi sarebbero stati dipinti con decorazioni di mille colori e disegni. Era caldo, molto caldo e dovevano fare in fretta però, perché tra non molto sarebbe ricominciata la scuola e soprattutto sarebbe sopraggiunto l’autunno piovoso e l’inverno freddo.

“Sarà meglio coprire la miniera con una tettoia?”, disse Juri ad Asca.

“Perché no, così potremo scavare anche se piove”, rispose Asca.

Ma come? Asca pensò di smontare il vecchio capanno abbandonato dove il fattore teneva le galline e che stava in piedi per miracolo. Juri andò a prendere chiodi, martello, sega e corda e una carriola che sarebbe servita per trasportare i pali di legno e le lamiere. Asca, che era più robusto, aveva già tolto alcuni pali del vecchio ovile e la tettoia, fatta di lastre di lamiera, cadde a terra come fogli di carta da una scrivania. I due piccoli operai si misero subito al lavoro e piantarono quattro pali in terra e poi ne legarono altri per montare la lamiera, fissandola con chiodi e corde. In poco tempo erano riusciti a fare una copertura, alla meglio, della loro cara miniera ed erano fieri di quello che avevano fatto anche se un po’ stanchi e affamati.

Si ricordarono della mela che gli aveva dato la nonna e che avevano messo nel paniere di vimini dove c’erano anche delle more, raccolte durante il tragitto poco prima. Mentre mangiavano la mela a morsi, i due si guardarono negli occhi, come se stessero pensando alla stessa cosa: non avevano recintato la miniera!

“Adesso dobbiamo chiudere la proprietà – disse Juri – e anche alla svelta perché sta facendo buio”. Asca, che aveva pensato la stessa cosa, disse trafelato: “Prendiamo delle canne nell’orto e mettiamole tutte intorno … presto!” In un battibaleno i due avevano raccolto le canne per fare la recinzione e bastò infilarle a croce, nella terra morbida, che il lavoro fu bell’e pronto.

“Juriii … Ascaaa”. Erano le voci dei genitori che li chiamavano per la cena. Tornarono a casa di corsa con gli attrezzi che sballottavano dentro la carretta che faceva un gran chiasso sul sentiero ciottoloso e in discesa.

“Svelti, di corsa a lavarsi – disse la mamma – e poi a tavola che è pronto da mangiare”.

A tavola c’erano tutti: i nonni, babbo, mamma e il fratello più grande che discuteva con papà della motocicletta e sul carburatore che aveva smontato e pulito con la benzina. Ad un tratto, mentre tutti erano in silenzio, il babbo chiese a Juri e Asca che cosa avessero fatto tutto il pomeriggio. I due si guardarono nuovamente negli occhi e decisero di svelare il grande segreto della miniera d’argilla. Raccontarono la loro impresa per filo e per segno, compreso tutte le fantasticherie della fornace e, ogni tanto, guardavano il fratello grande che ridacchiava divertito.

Fuori cominciava a tuonare e i lampi bianchi facevano abbassare le luci appese al lampadario del soffitto, con la paura che di lì a poco sarebbe saltata la corrente elettrica. Dopo aver finito il racconto, ricco di particolari, il babbo chiese loro dove fosse questa grande miniera d’argilla, per poterla vedere. A questo punto però i due ragazzi si chiusero nel silenzio più misterioso, dicendo: “E’ un segreto e non lo possiamo dire a nessuno.” Nonostante che il nonno si fosse offerto per dare una mano agli scavi e il fratello si fosse proposto come guardia notturna della proprietà, i due non dissero più una parola e andarono dritti a letto.

Quella fu una notte d’inferno, con pioggia e vento che spostava i coppi e le tegole del tetto. Infreddoliti e impauriti, Asca e Juri, presero finalmente sonno e si svegliarono la mattina quando la nonna aprì le tapparelle della finestra da dove entrarono i raggi di un sole pulito e purificato dalla burrasca notturna. Il primo pensiero fu per la miniera d’argilla e, dopo aver fatto in fretta colazione, si misero gli stivali di gomma e scapparono di corsa al posto segreto che solo loro conoscevano. Chissà cos’era successo? La miniera ci sarà ancora? Erano questi i pensieri che balenavano nella mente dei due ragazzi, prima di arrivare alla miniera. Arrivati pressappoco sul posto, non riuscivano ad orientarsi e a ritrovare il luogo dello scavo, tanto che dovettero salire su un grande olivo per osservare la zona dall’alto. “Eccola là! – gridò forte Asca – vedo le lamiere per terra”. Con un balzo furono a terra e arrivarono alla miniera d’argilla che c’era ancora, anche se il vento forte e la pioggia avevano fatto cadere la tettoia e sparso le canne tutte intorno. Nella buca che avevano scavato, c’era adesso una grande pozzanghera d’acqua piovana e il cumulo d’argilla aveva preso un’altra forma, levigato e ammorbidito dalla grande quantità d’acqua caduta durante la notte.

Asca e Juri si guardarono disperati e tristi mentre dietro di loro apparve il nonno con il cannocchiale appeso al collo. “Non piangete ragazzi – disse con voce ferma il vecchio – il vostro lavoro è finito e ne ricomincia un altro. Ci sono ancora milioni di miniere d’argilla nel mondo che vi aspettano”. I due però non volevano darsi per vinti e Juri prese la pala e cominciò a scavare al lato della buca riempita d’acqua. La terra argillosa, con la pioggia, era diventata collosa e pesante, ma con uno sforzo riuscì a sollevare la zolla. Da quel pugno di terra uscì un grosso verme rosso scuro, Asca guardò negli occhi Juri e rimisero al suo posto la zolla di terra con il verme che c’era dentro.

Tutti e due pensarono di tornare un giorno per catturarlo e andare a pesca nel laghetto dei fichi verdini… .

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2 commenti »

  1. Complimenti! Un racconto davvero ben scritto! Scorrevole e dal finale inaspettato

  2. Grazie 1000 Giulia. Inaspettato e molto gradito il tuo commento! Hai qualche tuo racconto che io possa leggere? attendo risposta. Marco Riccomini

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