Premio Racconti nella Rete 2010 “Il Professore” di Giovanni Beani
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010PRIMA PARTE
La scena si svolge all’interno di un locale. Luci soffuse e una musica dolce di sottofondo. Poche persone. Un uomo, vestito di scuro, sta seduto a un tavolo proprio di fronte a una grande vetrata che da sulla piazza principale della città. Osserva i palazzi e le persone, turisti e non, che ancora si muovono come tante piccole formiche indaffarate. L’uomo, con sguardo cupo e pensieroso, ha in bocca un sigaro toscano spento, e con le mani accarezza un bicchiere di liquore posto sul tavolo davanti a lui. Si avvicina al tavolo un secondo uomo, vestito in modo molto elegante, con giacca e cravatta, un copricapo sulla testa e un lungo cappotto.
“Buonasera Gianni” dice il nuovo arrivato.
“Ciao Professore!” risponde l’uomo senza alzarsi “Siedi. Bevi qualcosa?”.
L’uomo, che è stato chiamato Professore, dice: “Beh, veramente non dovrei, ma… sì, un po’ di buon Rum ben invecchiato.”.
Gianni fa un cenno con la mano e un cameriere si avvicina subito. Mentre dice qualcosa al cameriere, il Professore si siede al tavolo alla sua destra dando le spalle alla vetrata.
Il cameriere scrive l’ordinazione sul suo taccuino e se ne va. Gianni si rivolge al Professore con un sorriso appena accennato: “Allora Professore sei davvero deciso?”.
“Sì, stavolta va fatto! Non ce la faccio più!”.
“Sei tu al comando. Come lo eri ai tempi del liceo, ricordi?”.
“Bei tempi quelli. Allora eravamo giovani, ma non troppo e adulti quanto basta. Ma sono tempi ormai lontani.”.
“Già, però stavolta avrei preferito che tu avessi cercato qualcun altro.”.
Il Professore con aria pensierosa scuote il capo facendo cenno di no: “Non posso! Solo tu puoi farlo. Solo di te posso avere la massima fiducia. E qui, e lo sai meglio di me, la fiducia è essenziale.”.
“Sì, capisco benissimo, ma…” Gianni smette di parlare. Si è accorto, con la coda dell’occhio che il cameriere si sta avvicinando al tavolo, “Signore ecco il suo Rum”, il cameriere poggia il Rum sul tavolo e se ne va di nuovo.
Gianni riprende il discorso: “Senti un po’ e per quando sarebbe?”.
Il Professore, con un velo di tristezza che gli passa sullo sguardo, risponde: “Settimana prossima. Ho pensato che il momento migliore sia poco prima dell’uscita del turno serale. Giù, nel parcheggio.”.
“E dimmi un po’ Professore ci sono telecamere di sorveglianza nel parcheggio?”.
“Non preoccuparti. Ho già controllato. Sono mesi che sono installate, ma hanno sempre dei guasti e quindi, in pratica, non vengono utilizzate. Insomma nessun problema, sono lì solo come deterrente.”
“Comunque sarebbe meglio farlo senza quegli occhi elettronici che spiano. Sai per una maggiore sicurezza.”.
“Sì certo, va bene. Parcheggerò l’auto nella zona di centro, lontano dagli ingressi agli ascensori, lì non ci sono telecamere installate.”.
Il Professore in silenzio estrae dalla tasca del cappotto una busta bianca, sigillata e la porge a Gianni.
Quest’ultimo guarda la busta con un’aria quasi di sorpresa: “Professore mica ho detto che accetto l’incarico!”
“Invece sai bene di averlo già accettato!” e lascia la busta nelle mani di Gianni aggiungendo: “Spero solo che non ci sia sofferenza.”.
“Nessuna Professore. Se lo farò io, questo, te lo posso garantire!”.
“Alla tua salute allora” dice il Professore sollevando il bicchiere per un brindisi.
SECONDA PARTE
La scena si apre in un grande parcheggio sotterraneo. Diverse auto sono in sosta, ma non c’è anima viva nella zona. Le ombre create dalle luci del parcheggio rendono il luogo quasi tetro.
Il Professore, entra in scena da una porta metallica indossando il suo lungo cappotto e tenendo nella mano destra una valigetta in pelle. Si avvicina a un auto parcheggiata di grossa cilindrata, guardandosi attorno nervosamente. Mette la mano sinistra nella tasca dei pantaloni ed estrae un mazzo di chiavi con il quale inizia ad armeggiare cercandone una in particolare, sempre guardandosi intorno.
Come apparso dal nulla compare in scena, alle spalle del Professore, Gianni, anche lui vestito elegantemente, giacca e cravatta scura, un lungo cappotto aperto sul davanti e un cappello nero in testa.
Immediatamente si rivolge al Professore con lo stesso saluto: “Ciao Professore!”.
Il Professore si volta di scatto e, dopo un attimo, dice: “Buonasera.” in tono calmo. Poi prosegue: “Come vedi avevo ragione. L’ultima volta che ci siamo incontrati già sapevo che avresti accettato la mia proposta, non fosse altro per la vecchia amicizia che ci lega.”.
Gianni, senza dire una parola, fruga con la mano destra nella tasca interna della giacca e ne estrae una busta bianca. La guarda un attimo e poi si rivolge al Professore dicendo: “Vedi Professore in verità non avrei mai accettato. Sai anche anche i tipi come me hanno un cuore, e non serve solamente per pompare sangue al corpo.”.
“Certo, questo lo so, e so anche, da molto tempo, che mestiere hai scelto, per questo ho contattato te. E poi sei sempre stato un grande amico sin da quando eravamo ragazzi. Un favore a un amico non si rifiuta mai, no?!”.
“Già e proprio per questo non è una cosa così facile.”, risponde Gianni, “Sognavamo entrambi un mondo diverso e poi è finita che io, con le mie mani, uccido per mestiere e tu, con le tue, guarisci la gente. Tu sei arrivato a essere uno stimato e conosciuto chirurgo e io un noto assassino ricercato, ma sconosciuto.”.
Il Professore con aria triste, quasi parlando a se stesso: “E pensare che quando eravamo giovani tu difendevi sempre tutti e io pensavo solo a fumarmi dell’erba con le ragazze! Comunque adesso sei qui, e puoi risolvere il mio… problema.”.
“Come ti stavo dicendo, Professore, non avrei accettato. Ma la lettera che hai messo nella busta con i soldi… beh è stata quella che mi ha fatto decidere. É per quella se ora sono qui.”. Apre il foglio che tiene in mano, lo guarda di nuovo e aggiunge: “Questo referto, con le tue note scritte a penna sopra, sono chiare anche per un ignorante in materia come me. Hai una grave malattia. Tu sai che non ci sono rimedi e non vuoi assolutamente trasformarti in un corpo senza mente e senza anima. É così vero?”.
Il Professore abbassa la testa e annuisce dicendo: “Fallo… per piacere!”.
Gianni, il killer guarda in alto: “Però Professore abbiamo un problema! Ricordi che ti avevo detto? Lontano dalle telecamere di sorveglianza.”.
Il Professore solleva lo sguardo in alto: “Accidenti! Hai ragione. Scusami pensavo a ben altro mentre parcheggiavo stamani. Però potremmo andare verso il centro del parcheggio. Lì non ci sono telecamere.”.
“Eh beh sì, ma ormai mi avranno registrato. Sai la polizia non è intelligentissima, ma due più due sa farlo e la mia faccia è rimasta sempre sconosciuta. Mi sa che ormai devi rinunciare Professore.”.
Il Professore si fa agitato: “Oh no, no, questo non puoi farmelo. Mica è semplice stare qui davanti alla propria morte. Ora che ci siamo dobbiamo farlo. Non posso pensare al mio futuro da vegetale. Sei l’unico che può aiutarmi, fallo in nome della nostra amicizia.”.
“Professore, sono un professionista. Ho fatto in modo che le telecamere non funzionino e non registrino cosa sta accadendo qui. Speravo, forse, tu tornassi indietro nel tuo intento, ma vedo che sei deciso e disperato.” Dicendo queste parole mette la mano sinistra all’interno della giacca ed estrae una pistola con silenziatore puntandola dritta verso la faccia del Professore: “Ciao… Professore!”.
Buio.
A tratti si respira più l’aria di un racconto, ma questo non toglie granché ad una buona originalità dell’invenzione. In principio il nome “Professore” e quella disonesta atmosfera respirata mi aveva riportato al celebre film di Manfrediana memoria, poi la novità.
Copio ed incollo per tornare a ribadire, bella gara.
“La scatola di cartone” la puoi aprire qui di seguito se hai qualche minuto prezioso a disposizione:
http://www.raccontinellarete.it/?p=4010