Premio Racconti nella Rete 2020 “Una storia fra tante” di Valeria Vecchie
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Nella penombra della stanza lo sguardo del ragazzo è illuminato da un bagliore. Sussurrando si rivolge al compagno:
- Quando viene il momento buono, Mario?
- Domattina, prime luci dell’alba!
- E se ci prendono? Saremo fucilati!
- La libertà ha un prezzo. Ma se riusciamo ad entrare nel bosco siamo salvi, Tonin, non avere paura! Ora prova a dormire qualche ora.
Il campo di prigionia è avvolto nel silenzio. L’altopiano è illuminato dalla luna ed il vento si insinua fra le fronde disegnando danze di ombre sul terreno. Sullo sfondo, il crinale appenninico si estende in un nitido abbraccio notturno.
- Mario, ho paura!
- Dormi!
Mario trascorre quelle ore ad occhi aperti e ripercorre nella mente il suo piano, lo seziona in parti, lo razionalizza con la freddezza dell’urgenza. Eludere la sorveglianza, passare il reticolato, in quel tratto già in parte sfondato, passare il breve tratto di terreno dopo il reticolato ed entrare nel bosco. E poi correre, correre per recuperare la vita, poterla raccontare, un domani, nelle sere invernali a figli e nipoti. In un attimo gli passa fugace un lampo di futuro, il suo futuro con Rosina, di cui vede gli occhi neri lucenti ed il sorriso di fragola. E’ questo, dice fra sé, il momento per realizzarlo, questo benedetto futuro, oppure meglio svanire del tutto. E Tonin… lui può essere di intralcio, è vero, pensa Mario, ma è giovanissimo e debole e da solo non ha iniziative, e poi è figlio di Teresa, la vicina e bisogna riportarlo a casa. Già, a casa, se ce la faremo. Mario arrotola del tabacco, il suo nervosismo è celato in movimenti pacati. Lo sguardo vaga sulla finestra in alto. Il buio volge ad un azzurro plumbeo. Tonin dorme, e si muove a scatti, agitato. Manca poco.
- Tonin sveglia
- Eh? Non vengo
- Tonin non fare il bambino! Ti ripeto quello che dobbiamo fare: il tempo è contato ma ci stiamo. Ho calcolato …mentre la sentinella è di spalle..10 secondi per te e un po’ meno per me. Tu parti per primo e conti e non ti devi fermare mai, capito?
- Mario, giurami che rivedo mia madre
- …te lo giuro Tonin! Te lo giuro.
Mentre pensa con un groppo alla gola: lo spero per te, Tonin, e lo spero per me e l’ho giurato perchè questo è l’unico modo per darti coraggio e farti salvare la pelle, ma non lo so davvero se rivedrai tua madre, lo spero tanto, Dio mi perdoni, e ci aiuti!
Mario fa il segno della croce.
- Partiamo, forza.
Si alzano dal loro giaciglio e vanno verso l’area dell’infermeria, all’angolo del campo, zona semivuota e meno sorvegliata. Entrano nel piccolo gabinetto. Un’ asse di legno adocchiata il giorno prima da Mario, appoggiata al muro, può fare da scala, anche se non arriva sino in cima al finestrino. Provvede Mario a spingere Tonin in un disperato e folle equilibrio
- Vai, lega stretta questa cordella, poi passa il finestrino, salta giù e rimani nell’ombra appoggiato al muro. Non ti muovere, non fiatare, da lì la sentinella non ti vede, poi arrivo io, capito?
Ce la fa Tonin, magro com’è, a passare, a scendere all’aperto e Mario segue a ruota grazie a quella esile fune recuperata in quei giorni e conservata come oro, cui si aggrappa per salire. Sono fuori entrambi, ora, immobili contro il muro che fa angolo e crea un piccolo vano di salvezza. Nel silenzio risuonano i battiti dei loro cuori ed i respiri, pesanti come il piombo.
- Fra un po’ sentiamo i passi della sentinella, poi si conta fino a 4 e tu parti capito?
Tonin risponde con un cenno della testa, bianco come il bagliore della luna che ormai svanisce.
- Eccola! 1..2..3..4 vai Tonin sei un serpente
E Tonin parte, striscia, con un coraggio inaspettato da Mario, esegue gli ordini dell’amico, del fratello più grande che lo riporta a sua madre.
- 1..2…Sono un serpente, sono un serpente e non mi vede nessuno. 3…4.. striscio sotto la rete 5…6 si ce la faccio…7.. ecco il pezzo di terra…8 sono un serpente…9..10 il bosco, eccolo!
Tonin si rialza, con il cuore in gola, i battiti martellanti sulle tempie e fermo, ascolta per pochi secondi il silenzio. Sono vivo, realizza, sono vivo e quindi inizia a correre verso destra come ha detto Mario, l’amico, il fratello maggiore che sa della vita. – Corro, sono una lepre, e non ho paura, e vado da mia madre, vado a casa, vado a casa, fra poco arriva Mario, più avanti lo aspetto….
E mentre corre, inciampando nelle radici più grosse, lo sente, lo sparo, ed allora si blocca ed il ghiaccio lo invade e gli congela il cuore, le gambe tremano, il cervello risuona di un nome:
- Mario, nooooo, Marioooo ti prego Dio mio, nooooo, Mario…
Di seguito, fermo, ad occhi sbarrati, è invaso da una vertigine calda e viola di paura e via….ritorna a correre, non sente battere il cuore, no, il cuore non batte più, il cervello è spento, lui stesso forse è morto, solo le gambe vanno veloci come zampe di lepre braccata.
E corre fino a che non è esausto, fino a che non si regge più in piedi. Si sente soltanto il fruscio delle foglie sotto i suoi piedi. Le ultime forze vengono meno. Allora, mentre scende barcollante per un pendio, inciampa in un dislivello nel terreno, una sorta di buca, una rientranza fra le foglie accanto ad una breve parete di roccia. Si accascia lì dentro e il suo corpo si adatta allo spazio come quello di un bambino nel ventre materno. Resta immobile, per un tempo lunghissimo, in un torpore fra il sonno e la semi-incoscienza. Non sente le voci di uomini che, in lontananza, battono il bosco cercando un prigioniero scappato dal campo, mentre l’altro è morto ed il corpo è esposto in bella vista come esempio per tutti. Non sente neppure le voci sempre più rade di quegli uomini che, dopo un certo tempo, si allontanano, mentre nel bosco di faggi cala un quieto silenzio di luna e scendono ombre che accompagnano alla sera. Il bosco, fitto ed ombroso, è riparo, è mantello che copre, è padre che protegge, e la piccola tana è la madre che avvolge un ragazzo troppo giovane per morire per mano di altri uomini. Dopo un tempo interminabile Tonin si sveglia dal torpore e porge l’orecchio. Sente il ruscello. Esce cauto dalla tana. Fra i faggi si intravede la prima luna. Sente un po’ freddo, ma la stagione è ancora buona. Riprende il cammino e trova un’uscita dal bosco. Si ritrova. Mario aveva detto bene, di andare a destra. Il monte C., maestoso fra le altre vette più dolci, si staglia ad ovest. Dopo un primo tratto di strada Tonin incontra un bivio, con una croce di legno. Il suo paese è dall’altra parte. Non si può sbagliare. Nel cammino si ferma di fronte ad un’icona per una preghiera, ma quella preghiera, mista alle sue lacrime, è ben poco per la tempesta che ha nel cuore. Ma ora non si può indugiare. Bisogna andare. Ci saranno altre fughe, forse, in questa guerra, ma Tonino ora è più forte e sente di farcela. – Grazie Mario, fratello mio per sempre! – Grazie bosco che mi hai dato riparo!!
Nel paese appenninico di P., nelle domeniche mattina di ogni stagione, fino a qualche tempo fa si poteva incontrare un signore molto anziano, Tonino B, che, da solo, o in compagnia, sostava presso il monumento della piazza, rendendo omaggio ai tanti giovani ragazzi del territorio, morti a causa della guerra, insensato dramma degli esseri umani. Nell’elenco dei nomi figura quello di un suo compaesano, un certo Mario C.
La guerra, la crudele guerra, che qualcuno decide di fare, e poi qualcun altro va a combattere e morire. Bello questo racconto, é toccante. In poche righe ci parla della guerra, dell’amicizia, e di tante vite spezzate, per cosa, non si sa.
Ottimo lavoro!
Interessante e ben congegnato. Mi è piaciuto!
Grazie a Fabribonati e a Leonardo Schiavone!