Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2010 “La sfida dell’imperatore” (sezione racconti per bambini) di Mimmo Iannelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

L’imperatore guardò la scacchiera e poi il vecchio:

– E’ una sfida,- disse, e il vecchio sorrise inchinando appena la testa.

L’imperatore evitava il suo sguardo:

– La posta è terribile,- continuò. Poi alzò gli occhi fissandolo:

-La tua vita, – disse,- contro il tuo desiderio più ardito.

Il vecchio non rispose e rimase impassibile con gli occhi socchiusi.

– Rispondi, vecchio,- disse l’imperatore guardando impaziente la scacchiera, – rispondi se accetti la sfida e poni le tue condizioni.

– Sei crudele, mio signore,- rispose alla fine il vecchio,- la vita di un vecchio è poca cosa, ma i suoi desideri sono ancora meno del nulla.- Poi si inchinò di nuovo piegando appena la testa e l’imperatore capì che accettava la sfida.

– Il tuo desiderio,- chiese l’imperatore e il vecchio con un guizzo degli occhi scandì la sua risposta:

– Riso, mio signore, quanto ne può produrre la tua scacchiera.

L’imperatore lo guardò senza capire.

– Riso, mio signore,- ripeté il vecchio;- un chicco per la prima casella, due per la seconda, quattro per la terza e così via,- spiegò,- tanti chicchi quanti la tua scacchiera ne può produrre in questo modo, casella per casella, dalla prima all’ultima, raddoppiando il numero dei chicchi ad ogni passo.

L’imperatore sorrise:

– Non mi chiedi oro,- disse,- né altre ricchezze. La tua saggezza mi umilia, ma rispetto la tua richiesta. Allora sarà come vuoi: la tua vita contro il mio riso.- E indicò la scacchiera per dare il via alla sfida.

 

La partita fu rapida, all’inizio. Sia l’imperatore che il vecchio mossero le prime pedine senza badare l’uno al gioco dell’altro. Conoscevano entrambi perfettamente le possibilità e le trappole delle aperture e procedevano rapidamente a disporre i pezzi nelle posizioni dalle quali sarebbe poi iniziata la partita vera e propria. Quando uno dei due avrebbe fatto una mossa imprevista, non contemplata dalla rete delle combinazioni già note, allora entrambi sarebbero divenuti più cauti e avrebbero preso a valutare la situazione ad ogni passo, calcolando e ricalcolando, combattendo contro il tempo e cercando di indovinare l’uno i pensieri e le intenzioni dell’altro.

 

E infatti l’imperatore, quando il silenzio della stanza sembrava dovesse ormai durare per sempre, mosse il cavallo a sorpresa dando il segnale del suo attacco:

– La scacchiera è il campo di battaglia,- pensava,- ed io sono un guerriero sempre vittorioso. Sono stato capace di estendere i confini del mio impero combattendo sui campi di regioni lontane e conquistandone i regni. Non è stato diverso, allora, calcolare le possibili mosse del nemico e prevederle in anticipo, scompaginando piani di attacco e di difesa.

Il vecchio sorrise alla mossa dell’imperatore e ne indovinò i pensieri. Lo immaginò nella sala del comando dove, di fronte alla carta dell’impero, esercitava ogni giorno il proprio dominio, dettando i suoi ordini dopo aver valutato ogni segno di cambiamento.

Su quella carta, disposta lungo le pareti della stanza, ogni giorno, i funzionari del palazzo riportavano le informazioni che i messi imperiali, sempre in viaggio, recavano incessantemente da ogni punto dell’impero. Simboli differenti documentavano punto per punto le nascite, le morti e le migrazioni interne; la produzione di beni e il movimento delle merci; la posizione degli eserciti, gli attacchi ai confini, le guerre e i necessari successivi trattati di pace; le nuove città che nascevano dal nulla e quelle che nel nulla tornavano perchè distrutte dal nemico o cancellate da una catastrofe improvvisa. In questo modo l’imperatore possedeva la vita dei suoi sudditi e poteva anche troncarla per un suo capriccio terribile …

Poi il vecchio si riscosse e rispose alla mossa di attacco ponendosi in difesa.

 

Il vecchio aveva visto nascere l’imperatore e gli era stato a lungo accanto. Lo aveva seguito e istruito. Aveva assistito ai suoi primi passi, intervenendo per liberarlo dalle pesanti pantofole ricamate che la nutrice si ostinava a mettergli, e poi aveva finto di non vedere quando, ragazzino, aveva preso ad uscire di nascosto dal palazzo, per unirsi alle bande che scorrazzavano per le periferie della città e si addentravano nei boschi a caccia di conigli o di ranocchi. Quando alla fine della giornata il futuro padrone dell’impero tornava pieno di graffi e con le gambe infangate, il suo sguardo spavaldo incontrava il sorriso tranquillo del vecchio.

Poi il giovane principe adolescente si era allontanato per seguire altri insegnamenti e aveva viaggiato oltre quei boschi, conosciuto paesi e città straniere, per ritornare adulto, pieno di sogni e di progetti, pronto a prendere nelle sue mani le redini dell’impero.

Al ritorno il vecchio lo aveva ascoltato raccontare e descrivere, avvolto nell’entusiasmo di chi non vede che se stesso, e spesso aveva commentato e contraddetto il giovane, con la logica paziente del ragionamento. Aveva finito così per destarne l’insofferenza ed era stato messo da parte, lasciato ad invecchiare, mentre il principe, ormai imperatore, costruiva la sua potenza tra guerre e conquiste oltre i vecchi confini dell’impero.

Negli ultimi tempi la compagnia del vecchio era stata cercata di nuovo e coltivata con un rancore arrogante che tradiva una specie di desiderio di vendetta. Fino ad arrivare alla sfida, proprio in quel gioco che l’imperatore aveva imparato sotto la guida del vecchio.

 

 

 

Il cavallo dell’imperatore seminava scompiglio sulla scacchiera e costringeva il vecchio a rivedere continuamente il proprio gioco. Ampi spazi e corridoi di caselle erano sotto il controllo dell’attaccante e sembrava che ogni pezzo del vecchio fosse destinato ad essere catturato. L’imperatore muoveva rapidamente come se ormai eseguisse gli ultimi passi impazienti verso la vittoria, ma il vecchio rispondeva lentamente prendendosi tutto il tempo dedicato ad ogni mossa.

Passò ancora tempo e attraversarono la notte attaccando e contrattaccando. Poi avvenne l’incredibile e le pedine dell’imperatore che controllavano la maggior parte della scacchiera si rivelarono inutili di fronte alla trappola che il vecchio aveva preparato.

– E’ finita mio signore. – mormorò il vecchio eseguendo la mossa decisiva – La vita del mio re è salva.

L’imperatore, sorpreso dalla sconfitta rovesciò la scacchiera e balzò in piedi:

– Hai vinto vecchio!- disse voltandogli la schiena, – E’ la tua vita che è salva … Avrai il tuo sacco di riso! Vattene!

Il vecchio rimaneva seduto e l’imperatore andò alla finestra:

– Cosa aspetti ancora? – disse – lasciami solo!

– So che sei irato mio signore, – disse il vecchio, – il tuo impeto ti acceca e non ti fa vedere che la posta era ben più alta di un sacco di riso. Il tuo debito ammonta a più di trenta miliardi di miliardi di chicchi e quindi non ad un solo sacco, ma a tanti sacchi quanti riuscirebbero a coprire la superficie del tuo impero per dieci volte. Tanti sacchi da sfamare i tuoi sudditi per più di cento anni …

L’imperatore non si voltò e rimase in silenzio trattenendo il respiro. Il vecchio continuò:

– Ora sei sorpreso mio signore e pensi che io ti voglia ingannare. Sei tu invece che hai ingannato te stesso. Sei troppo abituato a pensare alle cose pratiche e alle tue azioni militari che hai trascurato la potenza della mente umana. Vedi, il tuo impero non va oltre le dimensioni della tua carta geografica, ma con poche parole si può invece concepire una quantità impossibile da realizzare. Ci sono numeri che la tua carta non può contenere ma la mente può descrivere facilmente; se non si è capaci di accettare questa semplice verità si rischia di ingannare se stessi illudendosi di possedere tutte le mosse del gioco e tutto il riso che può produrre una scacchiera.

 

Nel silenzio che seguì l’imperatore cercò una via di scampo alla propria umiliazione senza riuscire a trovarla. Si fece invece strada il desiderio di comprendere le ragioni del vecchio. Rimase alla finestra continuando a mostrargli le spalle ma si mise in ascolto quando questi riprese il suo discorso:

– Posso dirti tutto questo perché anche io sono stato giovane e cieco di fronte alle cose della mente. Anche io un tempo ho creduto che il mondo fosse tutto negli imperi che coprono la superficie della terra, ma poi ho cominciato a fare attenzione ai miei pensieri e alle loro conseguenze e ho scoperto cose meravigliose accanto ad altre terribili. Col pensiero ho percorso distanze incredibili, raggiungendo altre stelle e altri universi, e ho anche inversamente concepito l’infinitamente piccolo penetrando nell’intimo della materia. Ho decifrato eventi incomprensibili e concepito fenomeni sconosciuti, la mia mente si è trovata davanti a verità insospettate e insospettatamente semplici. Il mistero che è al centro di tutto questo consiste nel fatto che ciò che la mente pensa, anche se non si può toccare con mano o vedere con gli occhi, esiste tuttavia e ci permette di capire la natura e la vita. Così, possedendo entrambe nel bene e nel male, siamo in grado di compiere imprese fantastiche o provocare catastrofi spaventose.

Vedi, mio signore, avrei potuto dirti queste cose molto tempo fa, ma tu non avresti capito e avrei corso il rischio che la tua leggerezza provocasse conseguenze irrimediabili.

 

Quando il vecchio tacque cominciava la luce del giorno. L’imperatore continuò a voltargli le spalle restando alla finestra a guardare dall’alto: oltre la cinta del palazzo le case dei suoi sudditi e i campi coltivati si estendevano fino alla linea dell’orizzonte. Si accorse per la prima volta che la regolarità di quelle case e di quei campi disegnavano una immensa scacchiera. Immaginò il suo impero oltre quella linea: ancora campi e case, case e campi e poi gli accampamenti dei soldati e i palazzi e i giardini delle città. In ogni tessera i suoi sudditi, ciascuno con i propri sogni e desideri segreti, e pensò con angoscia che non avrebbe potuto conoscerli e possederli tutti, proprio come non avrebbe potuto dare al vecchio tutti i chicchi che avrebbe dovuto. Ebbe per la prima volta il desiderio di rendere tutti felici e nello stesso tempo il dolore di non poterlo fare.

Alla fine si voltò e si accorse che il vecchio era andato via.

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