Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2020 “Il tribunale delle mollette” di Gemma Ferrari

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

L’ ultima cosa che ricordava Giuseppina era che stava stendendo le lenzuola del letto di suo figlio Giacomo. Era una bella giornata di sole di un sabato mattina, e nonostante fosse a casa dal lavoro per il weekend decise di alzarsi presto per potersi portare avanti con il bucato, era quasi inverno e le giornate di sole erano molto rare; quando Giacomo si alzò per andare a scuola lei si mise subito al lavoro. Un buon profumo di orchidee selvagge si muoveva nell’aria ad ogni movimento delle lenzuola e lei era particolarmente fiera di avere fatto scorta di quell’ammorbidente meritevole di questo. Sforzandosi un altro poco si ricordò anche che stava salutando la vicina del piano di sotto, anch’essa sul balcone intenta a stendere. Tutto il loro palazzo aveva balconi sul cortile interno dotati di fili esterni per stendere.

Ecco!! La vicina era davvero il suo ultimo ricordo. Poi ci fu un periodo interminabile di buio, e alla fine si ritrovò in una stanza fredda e nebulosa seduta ad un tavolo. Non sapeva come fosse arrivata lì, sapeva solo che aveva paura e anche molto freddo, che indossava una strana divisa , era un mix tra un pigiama e una tuta metalmeccanica. Iniziò a chiamare aiuto, facendolo usci del vapore dalla sua bocca tanto c’era freddo. Nessuno rispose, allora continuò ad urlare sempre di più. Un forte silenzio era l’ unica cosa intorno a lei; Giuseppina fece per alzarsi nell’intento di perlustrare la stanza ma, con grande orrore e stupore, si accorse di essere bloccata alla sedia, eppure non c’era nemmeno una catena a tenerla ferma; era come se la tenesse bloccata una specie di forza di gravità. A quel punto la paura aumentò e si mise a piangere.

“Sono lacrime di pentimento quelle? Brava, ci saranno utili”

Giuseppina tolse il volto dalle mani zuppe di lacrime e lanciò un piccolo urlo di spavento. Davanti a lei si ritrovò una cosa che assomigliava incredibilmente ad una molletta per stendere i panni, solo che, era in versione gigantesca. Era alta almeno un paio di metri ed era larga come una quercia centenaria. Era di colore rosa pallido e aveva occhi enormi azzurri. Giuseppina dalla bassezza della sua statura si sentì intimorita da quella visione. Iniziò a pensare di trovarsi dentro a un brutto sogno.

La molletta gigantesca guardò Giuseppina e la vide molto confusa, così iniziò a spiegarle alcune cose.

“ Vede Giuseppina, lei non sta sognando come probabilmente starà pensando, lei si trova nel tribunale delle mollette ed è qui con la pesante accusa di pluriomicidio. Io sono il suo avvocato, mi chiamo Tobias, farò del mio meglio per non farla condannare a morte. Certo lei è la mia prima cliente, ma mi sento in grado di potercela fare!!”

Giuseppina era sempre più allibita. Anche se Tobias diceva che non stava sognando doveva per forza essere un sogno, anzi un incubo! Fece di tutto per svegliarsi. Chiamò a gran voce il nome del marito, tutte le volte che la sentiva urlare nel sonno accorreva abitualmente a svegliarla e rassicurarla, ma nulla . Si diede un pugno in faccia da sola, niente si fece solo male; vide una caraffa d’ acqua, se la rovesciò in testa, il risultato fu solo che Tobias le porse dei vestiti asciutti per andarsi a cambiare.

“Come mai Tobias hai dei vestiti per me?”

“Voi umani vi comportate tutti allo stesso modo. Negli anni in cui ho fatto praticantato ho sempre visto il mio capo avere dei vestiti di scorta con se per occasioni simili“.

“voi umani” pensò e ripensò Giuseppina mentre andava a cambiarsi. Fu liberata dalla catena invisibile giusto il tempo di asciugarsi ,cambiarsi e fu tentata di fuggire da una porta luminosa, ma Tobias comparve dinnanzi a lei e la guardò con profondo fare di disappunto

“Non toccare mai le porte o le finestre senza che qualcuno ti dia il permesso, sono porte con scarica elettrica incorporata, moriresti. E io non ho nessuna intenzione di farti morire, voglio rimandarti a casa dalla tua famiglia e dal tuo gatto sana e salva”.

Tobias era talmente serio che Giuseppina iniziò a credergli. Iniziò sul serio a pensare che non fosse un sogno, cominciò ad avere fiducia in quella strana molletta. Certo, aveva ancora molta paura e non capiva bene la situazione, ma il suo grande desiderio di tornare a casa le suggeriva di stare calma, tenere aperti gli occhi e tutto sarebbe andato bene. O almeno ci sperava.

All’improvviso la stanza si riempì. Giuseppina si sentiva osservata, la stanza era piena di mollette gigantesche, alcune colorate altre di legno. Con orrore si accorse che alcune erano integre ma altre no! A una mancava un pezzo di punta, a un’ altra mancava un pezzo di molla ed era costretta a muoversi in modo grottesco; alcune avevano bende su un occhio. Giuseppina tremò di paura e le sembrò che il brusio aumentò, sentì frasi tipo “eccola quella assassina!” “gliela faremo pagare!” guardò Tobias in cerca di conforto, lui la guardò e cercando di rassicurarla le disse “ lo so, che non sei così colpevole come puoi sembrare! Riuscirò a dimostrare che non c’ era intenzione nell’uccidere!” Lei urlò disperata: “ma io non ho ucciso proprio nessuno!!!!”

“SILENZIO IN AULA” tuonò una molletta vestita con una divisa fatta da lenzuola e una mutanda come copricapo.

Giuseppina guardò di fronte a lei si sfregò gli occhi per cercare di capire se stesse avendo una visione o se le stranezze per quella strana giornata non fossero ancora finite, se lo stava ancora chiedendo quando entrò in aula una molletta ancora più alta delle altre con indosso solo un asciugamano bianco di spugna in testa, guardò Tobias per fargli delle domande e lo vide terrorizzato.

“Tobias che succede? Qualcosa non va?”

“Vedi quell’asciugamano?”

“Si certo! Volevo giusto chiederti”

“È un segnale terribile! Nefasto oserei dire. Lui è il giudice supremo, si chiama Carlo e indossa la parrucca perché è fissato con la rivoluzione francese, a lui piace usare la ghigliottina per le sue sentenze di morte!”

Giuseppina si sentì mancare l’ aria. Un attacco di panico era molto vicino.

Tobias cercò di recuperare la calma e l’ottimismo che lo contraddistinguevano; certo era il suo primo processo, ma aveva passato tantissimi anni a fare da assistente, tante arringhe vincenti le aveva scritte lui, e poi lui credeva davvero nell’innocenza della sua cliente. Ce la poteva fare, l’avrebbe salvata, ne era convinto.

Il giudice guardò tutti i presenti e si soffermò su Giuseppina facendola tremare di paura. “E cosi sarebbe lei la presunta assassina! Come si dichiara signora? Innocente o colpevole?”

“La mia assistita è più o meno innocente vostro onore!”

Tobias venne guardato con stupore e terrore da Giuseppina, da perplessità ed ira dal giudice Carlo

“ Lasciate che mi spieghi meglio” proseguì, “ La signora Giuseppina è rea di aver messo fine a diverse vite vostro onore, tuttavia lo ha fatto senza intenzione, senza cattiveria “

Ed ecco che intervenne la controparte, Giuseppina non la vide fin quando non iniziò a parlare, era una molletta di quelle forti, robuste, una di quelle che si sceglie per stendere le lenzuola in una giornata di vento. Mentre parlava non poteva fare a meno di ammirarla anche se diceva solo cose a suo discapito e parole disdicevoli tipo “ maligna, assassina, a morte”, ecco alla parola morte smise di guardarla con ammirazione, guardò Tobias e vide con allarmismo che non solo stava guardando il nemico con più profonda ammirazione di quanto stesse facendo lei poco prima, ma stava annuendo a tutte le cose terribili che stava dicendo l’ altra molletta!

“Tobias, Tobias! Che stai facendo? Ti posso ricordare che quello è il nemico?”

Tobias si destò e cercò di darsi un contegno. “Oh si cara, ma lui non è un semplice nemico! Lui è Achille! Il migliore tra tutti, vorrei tanto essere bravo, affascinante, intelligente, loquace come lui!”

“Senti Tobias caro, non mi interessa chi sia questo Achille! So solo che io ho te come mio difensore e hai promesso di fare di tutto per mandarmi a casa sana e salva! Quindi vedi di concentrarti, asciugati la bava e trova il modo di tirarmi fuori di qui!! Voglio tornare da mio figlio, assicurarmi che studi, voglio tornare dal mio gatto e si, per quanto mi faccia arrabbiare anche da mio marito! Quindi bello mio trasformati nel mio Paride e fammi tornare a casa! Ci siamo capiti??”

Giuseppina aveva parlato con cosi tanta foga che era tutta rossa in volto, sentiva il battito del cuore battere in modo assurdo fin dentro le orecchie.

Tobias la guardò. E la capì. Aveva ragione, doveva far di tutto per riportarla a casa, sarebbe stato davvero il suo Paride! Cercò la calma dentro di sè, tutto sommato pensò che se fosse riuscito a vincere un caso cosi difficile alla sua prima vera causa ,beh la sua fama sarebbe aumentata in maniera smisurata. Riguardò il suo adorato Achille, ripensò a ciò che aveva detto a proposito della sua cliente, chiuse un attimo i suoi occhioni e fu pronto per fare la sua parte.

“Vostro Onore!! Si è vero ed innegabile che la mia cliente ha ucciso diverse mollette. Alcune, le più anziane, precipitando dal suo balcone si sono distrutte al contatto con il suolo; altre stordite ma sopravvissute, sono state distrutte dalla macchina del marito mentre passava in cortile; e parecchie sono sopravvissute ma sono state catturate da un anziano e portate in un garage buio, purtroppo di loro non si hanno più notizie.”

Tobias con enfasi fece un sospiro profondo, fece una pausa, poi riprese il suo discorso con più calore e più colore di prima.

“Tuttavia Vostro onore, posso dirvi e testimoniarvi che in questa donna c è tutto tranne che malignità! Quello di farsi scappare dalle mani le nostre care, è successo per davvero nessuno lo può negare; e dalle indagini è saltato fuori che molte di noi sono state perse nei cassetti della biancheria e lasciate li sole al buio per giorni, e una volta ritrovate sono state abbandonate sul primo mobile che c’era sul percorso dell’ imputata. È tutto drammaticamente vero. Ma vostro onore ci sono dei grossi ma.

Ad esempio un giorno come tanti, mentre stava stendendo le suonò il telefono di casa, all’inizio pensò di non rispondere credendo fosse il solito call center inopportuno, ma quando scattò la segreteria suo figlio maggiore, Dario, iniziò a lasciare un messaggio che sembrava una richiesta d’aiuto, quindi la mia cliente appoggiò sulla scrivania dell’altro figlio la molletta azzurra che aveva in mano e si precipitò a rispondere. Purtroppo la molletta finì tra le zampe del gatto di casa, quel gattaccio ha l’ abitudine di giocare con tutto quello che gli capita a tiro, Azzurrina da allora è dispersa.”

Il giudice Carlo intervenne. “Questo figlio Dario che cosa voleva di tanto urgente?”

Tobias fu molto contento di questa domanda del giudice perché voleva dire che si stava interessando alla storia, quindi c’ erano buone possibilità di risparmiare la pena di morte alla sua cliente.

“Ecco Vostro onore, Dario quella sera era in difficoltà perchè ,deve sapere giudice, qualche settimana prima la moglie e’ scappata di casa abbandonando lui e il loro figlio di soli 3 anni e quella sera il bambino non riusciva a smettere di piangere, Dario era disperato! Non riusciva a capire perchè il bimbo piangesse e non sapeva come farlo smettere; quindi in un momento di disperazione ha chiamato la sua di mamma in cerca di conforto e consigli. Certo non poteva sapere che la mia cliente stava stendendo proprio le tutine del piccolo e per farlo avesse scelto proprio le nostre care Azzurrine.”

“E’ davvero una cosa terribile ciò che è successo a questo Dario, ma soprattutto ancor di più per questo povero fanciullo. Sono inorridito. Dica Tobias, come ha risolto la sua cliente questo pianto disperato?”

“Si è buttata addosso il primo cappotto che ha trovato, poco importa se era il cappotto di lusso con cui era uscita a cena il sabato precedente con il marito e sotto indossava una tuta da casa con le toppe, non ha nemmeno indossato le scarpe, è uscita direttamente in ciabatte, ha preso le chiavi della macchina e via è corsa dal suo nipotino”

“E poi?”

“Eh niente sig Giudice, la mia assistita non ha potuto far altro che constatare tutta la tristezza del piccolo Michelino e avvolgerlo in un abbraccio pieno d’ amore. Gli ha donato cosi tanto affetto che il piccolo poco dopo si è calmato, è rimasta con lui e il suo papà il tempo necessario per preparargli la cena, una ciambella per colazione, poi è tornata a casa con molta tristezza nel cuore perché avrebbe voluto fare molto di più per loro rispetto a quello che già fa, ma purtroppo per il momento non può, solo il tempo aiuterà i suoi cari a stare meglio. Sig giudice, vorrebbe davvero tenere lontana questa nonna dal piccolo Michelino? “

Nell’ aula c’ era un silenzio carico di emozione. Un giurato si asciugò le lacrime.

A Giuseppina venne in mente quell’ episodio di qualche anno prima e le si strinse il cuore solo a ripensarci.

“Obiezione!!!!! Obiezione vostro onore!!! Si rende conto che quest’ avvocato sta cercando di manipolarla? Di condizionarla!?!” sbraitò Achille scomponendosi in un modo sconosciuto a lui e a tutti quelli che lo conoscevano. Queste sue parole crearono molto scompiglio in aula, In un istante agli occhi di tutti, compresi quelli di Tobias, non era più l’ affascinante, sicuro di sè Achille; ma piuttosto era diventato l’ antipatico Achille.

Il giudice cambiò colore dalla rabbia “come osa accusarmi di essere manipolabile da qualcuno? Si vergogni! Alla prossima affermazione simile ci saranno delle conseguenze terribili per lei!”

“Mi scuso vostro onore, non volevo offenderla! Me ne dispiaccio davvero”

“Va bene, per stavolta è perdonato. Può andare avanti”.

Achille si aggiustò la cravatta, ritrovò la sua forte calma e con fare risoluto si rivolse al giudice

“ Vostro onore, non metto in dubbio che l’imputata abbia dei problemi familiari da risolvere, ma quella volta che lasciò una molletta gialla attaccata ad un calzino e la lasciò chiusa in un cassetto per un paio di mesi? Mi pare essere davvero un brutto episodio che non può avere scusanti”

Giuseppina, nonostante tutti i suoi problemi da risolvere era una donna molto meticolosa e ordinata, a quanto pare le mollette erano la sua eccezione, e quando un mese di settembre aprì il cassetto dei calzini invernali per controllare che ce ne fossero abbastanza per affrontare l’ autunno e l’ inverno imminenti ,sia per il marito che per il figlio; vedendo la molletta Giallina rimase stupita di trovarla ancora attaccata ad un calzino, ma non diede importanza alla cosa , semplicemente ripose la molletta nel ripostiglio insieme alle altre. Ora eccola in quella che a lei sembrava essere una situazione assurda con qualcuno, o qualcosa, che a quanto pare di importanza all’episodio ne dava eccome.

Tobias guardò tra le sue scartoffie e tirò fuori una foto di una donna con lo sguardo davvero triste e l’ appese in una lavagnetta che sistemò tra il giudice e i giurati presenti.

“Avvocato, chi è quella signora? Non mi sembra somigli all’imputata quindi non può essere sua parente”

Tobias guardò la sua cliente e le fece un piccolo sorriso, poi si rivolse al giudice

“oh no no, non è una sua parente. Si chiama Lidia, ed è più di una sorella per Giuseppina. Sono amiche fin dal primo giorno di scuola della prima elementare. Si conobbero durante la ricreazione, quando un bimbo prepotente aveva rubato la merenda a Lidia e lei scoppiò a piangere, al che Giuseppina incuriosita le chiese cosa stesse accadendo; Lidia in preda ai singhiozzi le raccontò del furto e Giuseppina le diede il suo fazzolettino ricamato per asciugarsi le lacrime ,e inoltre divise la merenda con lei. Togliendosi le briciole dal grembiulino disse a Lidia “ da domani faremo sempre merenda insieme! Cosi se qualche prepotente si avvicinerà dovrà vedersela con tutte e due.” E fu cosi vostro onore! Fino all’ ultimo giorno della quinta superiore le due bimbe, poi diventate ragazze, fecero sempre merenda insieme. Era nata una grande amicizia quel giorno, ogni volta che c’ era una gioia o un dolore si condivideva insieme.”

Un urlato “obiezione Vostro onore, cosa centra tutto ciò con il sequestro di Giallina?” interruppe Tobias dal suo monologo e Giuseppina dai suoi ricordi, così commoventi da costringerla ad asciugarsi gli occhi; gesto che non passò inosservato dal giudice anche se non disse nulla in merito.

Rivolgendosi a Tobias il giudice Carlo rispose “ Avvocato cerchi di non essere cosi prolisso! Continui pure, obiezione respinta”

Tobias radunò i pensieri e riprese il suo racconto “cercherò vostro onore! E comunque mio caro Achille centra eccome. Quel giorno che Giallina è stata sequestrata, la mia cliente era molto sovra pensiero perché aspettava una chiamata proprio da Lidia, e quando senti il telefono squillare si precipitò a rispondere.“

Il giudice fece una faccia perplessa e chiese “e cosa doveva dirle questa Lidia di tanto urgente e importante, avvocato?”

Tobias noto’ che il giudice era spazientito e quindi decise di usare un tono melodrammatico per raccontare cio` che stava per spiegare, sperando che facendo cosi (così facendo) lo avrebbe riportato a favore della sa cliente. Bevve un lungo sorso d’ acqua e riprese da dove aveva lasciato.

“vede sig. Giudice, qualche tempo prima Lidia aveva iniziato a non sentirsi troppo bene; si sentiva svenire,spesso le veniva sangue dal naso e allarmata si rivolse al dottore che le prescrisse diversi esami. Una volta arrivati i referti degli esami il dottore la mandò con urgenza da uno specialista , e quel giorno che Giuseppina aspettava la sua telefonata era proprio il giorno in cui Lidia aveva appuntamento.”

Tobias si guardò intorno per vedere se aveva l’ attenzione della giuria oltre che del giudice, e gli parve fossero tutti presi e attenti al discorso, proseguì.

“Purtroppo il medico non diede affatto buone notizie a Lidia, le rimanevano si e no 3 mesi di vita. Avrebbe potuto fare delle cure paliative che magari ,le avrebbero dato qualche settimana in più, ma a che prezzo? Al telefono con Giuseppina, Lidia non riuscì a trattenere copiose lacrime e singhiozzi. La mia cliente a quel punto si vestì di fretta e furia e corse dalla sua amica. Piansero insieme. Versarono fiumi di lacrime. Lidia non aveva poi così paura della morte. Non era per se stessa che si disperava. No vostro Onore. Era per suo figlio Marco e per suo marito Alberto. Marco stava entrando in un’ età difficile come può solo sa essere quella dell’adolescenza, e Alberto si impegnava ad essere un bravo papà, ma purtroppo aveva un carattere che lui stesso a volte per sdrammatizzare definiva “da orso”. Quel pomeriggio mentre il figlio era ad allenamento con la squadra di pallavolo e il marito al lavoro come geometra in un cantiere, Lidia fece promettere diverse cose a Giuseppina. Le fece promettere di impicciarsi come avrebbe fatto lei nelle amicizie di suo figlio, non voleva che Marco cadesse in brutte conoscenze, dopo qualche anno dalla sua scomparsa avrebbe dovuto trovare una nuova compagna di vita per il suo Alberto, una volta che Marco fosse stato grande e fosse uscito di casa, Lidia aveva il terrore che il suo amore di e da sempre si fosse ritrovato a passare la vecchiaia da solo, aveva tutto il diritto di essere ancora felice. Infine la richiesta più semplice da realizzare ma la più importante, chiese di non far passare mai e poi mai per nessun motivo il Natale da soli ai suoi due amori che insieme facevano il suo cuore. Giuseppina cercando di fermare le lacrime promise tutto quello che le veniva chiesto. Vostro Onore, è quasi Dicembre ormai, e Giuseppina ogni anno inizia a pensare quale menu architettare per Natale proprio in questo periodo.”

Nella stanza era caduto un profondo silenzio. L’intera giuria era commossa. Achille era pietrificato e il Giudice fece una cosa che non ebbe mai fatto in vita sua, si soffiò il naso perché commosso. Una volta ripresosi guardò in giro, ritrovò il suo contegno e rivolgendosi ad Achille chiese

“Avvocato, ha intenzione di proseguire?”

“No vostro onore”

Tobias non ci voleva credere. Mancava ancora l’ ufficialità ma era certo che il giudice si sarebbe espresso a suo favore. Non riusciva a trattenere la gioia ma doveva farcela perché l’ umore di quella molletta era talmente instabile che tutto poteva cambiare. Lo sapeva bene.

Dopo un lungo momento di pausa, dove il giudice si consultò con la giuria, sentenziò:

“ E’ evidente che l’ imputata abbia una vita a dir poco caotica. Si evince che e’ una persona da un cuore d’ oro, che e’ generosa, sensibile, sempre pronta ad aiutare gli altri. Tuttavia non possiamo certo dimenticare, o peggio ignorare, che e’ stata artefice di diversi omicidi e maltrattamenti nei confronti delle nostre care. Quest’oggi si chiude la mia carriera, oggi è stato il mio ultimo processo, nessuno sapeva quando sarebbe stato, nemmeno io. Dentro di me sapevo solo che sarebbe successo quel giorno che la mia sentenza fosse stata diversa da una sentenza di morte, e sinceramente nemmeno io credevo che tale giorno sarebbe mai arrivato. Io giudice di questa corte, dichiaro l’ imputata colpevole di tutti i capi d’ accusa, e la condanno a salvare tutte le mollette possibili, se incontrerà una molletta persa, caduta, dovrà raccoglierla e prendersene cura. Non dovrà mai più rinchiudere mollette in luoghi inappropriati, e qualora dovesse caderle una molletta dal balcone dovrà immediatamente andare a recuperarla e chiederle scusa. Dovrà impedire al suo gatto malvagio di prendere delle mollette e giocarci per poi nasconderle chissà dove. Se l’ imputata violerà anche solo una di queste condizioni la pena si trasformerà successivamente in una sentenza di morte senza possibilità di appello. Questo è quanto.” Il giudice battè molto rumorosamente il martello e scomparì in una nuvola di mille colori. Non c’era più traccia di lui.

Tobias saltava dalla gioia. Non riusciva a trattenersi, sembrava un adolescente impazzito, ritrovò un briciolo di contegno solo quando si accorse che Achille si stava dirigendo verso la sua postazione.

“ E cosi da oggi avrò un degno avversario in aula. I miei più sinceri complimenti.”

Tobias arrossì, il suo più grande amore segreto si stava complimentando con lui. E aveva vinto la sua prima causa, gli sembrava un bel sogno, se non fosse stato per Giuseppina che continuava a parlare quasi urlando per farsi sentire avrebbe creduto di sognare per un altro po’.

“Tobias, Tobias! Allora posso tornare a casa? Come faccio a tornare a casa?? Aiutami Tobias!!”

Vide ancora paura negli occhi della donna.

“Certo mia cara che puoi tornare a casa! Apri la porta, scendi la scala, gira a destra e sarai arrivata. E mi raccomando ricordati tutto quello che ti ha detto il giudice, rispetta alla lettera la sentenza e tutto andrà per il meglio.”

I due si abbracciarono.

“Grazie di tutto Tobias, spero che la tua carriera e le cose con Achille vadano bene”

Tobias arrossi nuovamente.

“Vai ora, i tuoi cari sono tutti preoccupati per te”

Giuseppina si precipitoò fuori dalla stanza e corse giù per la scala.

Bip Bip. Bip. “Ho caldo, e cos’ è questo bip continuo? Che abbia lasciato la porta del frigo aperta?”

Giuseppina si decise ad aprire gli occhi per potersi alzare, per andare a vedere da dove arrivasse quel bip e quando effettivamente li aprì si ritrovò in un letto di ospedale con mille tubicini attaccati al corpo, il bip arrivava da un monitor di fianco al suo letto , sotto al monitor ritrovò seduto il marito Davide che le stringeva la mano e mentre piangeva singhiozzando ripeteva “Oh mio Dio grazie! Grazie!! Sei tornata da me! Grazie Dio grazie!”

Giuseppina cercò di dire qualcosa al suo Davide ma era ancora tropo debole. E cosi era stata in coma per qualche giorno, a lei le sembravano passate poche ore ma evidentemente non era così. Il marito uscì dalla stanza per andare a chiamare l’ infermiere e lei ripensò allo strano sogno fatto, al giudice cattivo che alla fine era stato severo ma comprensivo, a quelle strane mollette giganti.. sorrise. Vide rientrare il marito con l’ infermiere, il quale le spiegò che era una donna molto fortunata, che le sarebbe potuto andare molto peggio e che se gli esami fossero andati bene entro qualche giorno sarebbe tornata a casa. Davide disse che era l’uomo più felice del mondo e congedandosi da loro per andare a telefonare a tutti per comunicare le belle notizie disse “Ci vediamo tra poco amore mio, ti lascio in mano di Tobias”

Giuseppina sbiancò. Non poteva essere una coincidenza.

L’ infermiere vide che Giuseppina aveva capito “ mia cara non ti preoccupare, sono qui per rassicurarti e ricordarti la sentenza del giudice, non vorrei davvero che tu pensassi che era stato solo un brutto sogno e venissi meno a qualche condizione per poi trovarti in guai ben peggiori dove io non potrei fare nulla per aiutarti”

“Grazie Tobias, grazie di cuore per tutto.”

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6 commenti »

  1. Che racconto originale! Hai descritto tutto con molta cura e mi è piaciuto molto il finale. Brava!

  2. Un racconto stranissimo, originale e sul finale non si esce dal sogno, come invece spesso accade.

  3. Grazie 🙂

  4. Che bella immaginazione… te la invidio. 🙂

  5. Storia davvero originale. Bello il finale sospeso tra sogno e realtà. Brava! 🙂

  6. Carinissimo davvero! Mi è piaciuto molto, brava!!!

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