Premio Racconti nella Rete 2020 “Ninna nanna del mare nero” di Daniela Schettini
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020Se solo i tuoi denti smettessero di battere così forte…non dipende da te e non puoi fermarli anche se vorresti tanto. Fanno un rumore assordante, non vuoi che Amina si svegli e ti fa ancora male la gengiva dove ti hanno colpito. . Ma Amina se la dorme della grossa, quindi forse il rumore è tutto nella tua testa.
In realtà non sai nemmeno perchè batti i denti, non hai paura e non hai freddo, non fai che pensare all’ultimo piatto di banane fritte. Ma non è fame, non hai l’acquolina in bocca.
Pensi solo che l’ultima volta che le hai mangiate la casa era in piedi. Poi è venuta giù.
L’ultima volta che le hai mangiate hai litigato con Amina, perché aveva esagerato come sempre. Prendeva la porzione più grande ma non ha mai mosso un dito per aiutare la mamma. Ora preghi solo che non si svegli
Quando la casa è crollata per la violenza delle piogge voi eravate a scuola.
Sotto il peso del debito e delle macerie c’erano i vostri genitori.
La casa non c’era più, ma il debito andava onorato lo stesso. I creditori di tuo padre ti chiedevano soldi, sempre più insistentemente, e quando sono cominciate le minacce ti sei rivolto a tuo zio Abasi.
- Momadi non riuscirai mai a ripagare il debito, sei troppo piccolo, e io non posso aiutarti. Devi lasciare il villaggio. Anzi, devi lasciare la Nigeria, e devi portare Amina con te. Qui potrebbero farle del male. Parlerò di te ad un nostro cugino, vedrò quello che si può fare.
Amina si agita, tu speri che non si svegli e che non le scappi la pipì, sarebbe un bel guaio. Se vi spostate qualcuno occuperà il vostro posto, Amina comincerà a lagnarsi innervosendo tutti e tu dovrai inbventarti qualche storia o canzoncina per calmarla.
Per fortuna Amina non si sveglia, e tu cerchi di concentrarti sui sussurri concitati degli altri, sull’acqua, sull’odore di gasolio, sulle piccole luminescenze dei cellulari.
Il cugino Babu e sua moglie Faiza, convinti dalle insistenze di Abasi, accettarono di portarvi con loro in Libia.
Non sapevi cosa aspettarti da un viaggio del genere, tu e Amina non avevate mai lasciato il villaggio, e non avevate mai visto il mare.
A Benin City vi hanno fatto salire su un pulmino, senza acqua né cibo, pigiati in trenta in uno spazio previsto a malapena per 15 vite.
Tu lasciavi che fosse Faiza a tranquillizzare Amina, ma tutti i suoi sforzi venivano annullati ogni volta che il pulmino si fermava per una sosta. Perchè allora iniziavano gli urli dei trafficanti, le botte, le ore in capanne buie e soffocanti, fino a quando non si ripartiva e tutto ricominciava.
Quando è iniziato il deserto, ad Agadez, la situazione è molto peggiorata, e anche questo non potevi immaginarlo.
Non riuscivi ad assorbire la sofferenza e l’orrore che ogni volta superavano il limite che il tuo istinto di sopravvivenza aveva fissato il giorno prima.
In un certo momento del viaggio, ma non sapresti dire quando, Faiza perse l’anima, e la voce, e lo sguardo.
Amina si allontanò da lei, e tornò da te per cercare protezione e conforto in modo simbiotico e animalesco.
Arrivati in Libia non immaginavi più nulla, non pensavi a nulla e avevi completamente dimenticato il motivo per cui avevate abbandonato il villaggio. Amina si era fatta silenziosa e assente.
Di sicuro niente poteva motivare un tale calvario, nessun debito, nessun creditore e nessun nubifragio.
Babu, senza Faiza, fece di tutto per proteggervi, diceva a tutti che eravate i suoi figli e vi teneva nascosti giorno e notte.
In attesa di prendere il mare. La vista del mare vi aveva terrorizzato : difficile paragonarlo al deserto, nel deserto non avevi colto l’inesorabilità di quella grigia distesa di abissi mortali.
Era davvero impossibile vederlo come una via di salvezza. Ma Babu vi aveva istruito con ansia e insistenza: dovevate imbarcarvi a tutti i costi.
E ora sei qui, con Amina. Senza Babu.
Ti scuoti dai tuoi pensieri, sta succedendo qualcosa. L’acqua ti ha coperto le gambe e Amina è immersa fino alla pancia. Apre faticosamente gli occhi e appena si accorge del hgelo che la sta attanagliando caccia un urlo. E’ come un segnale di libera uscita per il terrore. Tutti si mettono a urlare e cercano di alzarsi, il barcone beccheggia e poi si inclina su un lato. Tu sei sul lato opposto e con prontezza afferri Amina con un braccio e con l’altro ti aggrappi al bordo.
Non sai quanto potrai resistere, o perché dovresti resistere, in mezzo al Mediterraneo in piena notte. Ma non molli, non molli. E invece hai mollato, perché sei sott’acqua sempre attaccato ad Amina, cerchi di muovere le gambe e tenere la testa di tutti e due fuori per respirare, ma una forza invisibile sembra afferrare i tuoi vestiti per spingerti di nuovo sott’acqua. I tuoi polmoni, la tua gola e le tue orecchie bruciano e rombano, stai per soffocare.
Amina urla e urla, ma tu non la senti più. All’improvviso uno strattone, una fitta acuta ti colpisce la spalla e il braccio con cui tieni Amina, lasci la presa e senti altre due fitte sotto le ascelle.
Realizzi che sei fuori dall’acqua e che lo è anche Amina perchè la senti di nuovo urlare, , hai le gambe inerti e molli e cadi in un abbraccio, si un abbraccio che sa di plastica e di mare ma caldo e rassicurante.
Qualcuno ti culla e sussurra una litania, e anche se non capisci le parole sai benissimo cosa ti sta cantando.
E’ una ninna nanna, si, una ninna nanna, e tu finalmente puoi chiudere gli occhi.